Da un lato c’è chi condanna i social e il loro lato distruttivo sui giovani. Dall’altro, invece, chi li vede come una vera e propria sfida educativa da affrontare.
Don Alberto Ravagnani, sacerdote attivissimo su Youtube, approva la scelta del non dare i cellulari ai bambini, ma non condanna l’uso della rete.
C’è chi li definisce “il male assoluto del nostro secolo” e, con l’arrivo della pandemia, la situazione sia ulteriormente peggiorata. Ma basta dare uno sguardo o un’osservazione diversa per comprendere che, forse, non sono così malvagi come li si vuol far sembrare, ma è il loro eccessivo e sbagliato uso a renderli tali.
“I social network non sono il male. Sui social può capitare il male perché dietro ci sono anche persone che fanno il male”. A parlare è Don Alberto Ravagnani che ha fatto della rete il suo principale strumento di evangelizzazione ed ha avvicinato moltissimi ragazzi e giovani alla Parola di Dio.
Tanti i suoi follower su Youtube, su Facebook e tanti sono coloro che lo seguono, in particolare per il modo “allegro e gioioso” con il quale affronta ogni tipo di argomento, da quello sociale a quello spirituale.
Attraverso anche l’uso del linguaggio dei giovani e dei mezzi che loro preferiscono usare, Don Alberto si fa loro vicino, come un amico, li ascolta e risponde con semplicità alle loro domande. In fondo, è un ragazzo anche lui: ha 27 anni.
Dopo l’ultimo caso tragico della piccola di Palermo, morta per seguire un gioco sul social Tiktok, don Alberto ha deciso di parlarne con il suo pubblico: “Un adulto ha gli strumenti per utilizzarlo con consapevolezza, ma i bambini vengono inevitabilmente condizionati. I più piccoli non dovrebbero essere lasciati soli […]
A mio avviso i bambini non possono avere accesso libero a uno smartphone, perché il web è pieno di contenuti non adatti a loro. I genitori, dal canto loro, dovrebbero conoscere i social per comprenderne possibilità e pericoli”.
Per Don Alberto, i genitori “devono conoscere ciò che fanno i loro figli, chi sono i loro amici, di cosa si interessano. È una questione educativa” – rimarca. “È vero: in questo momento di distanza, i social ci permettono di esser vicini. La presenza fisica, però è insostituibile. Vedersi, incontrarsi e stare insieme è fondamentale per i più piccoli.
Ma un bambino non ha bisogno di creare relazioni sui social network, mentre per gli adolescenti, se c’è un utilizzo ragionato e supportato da buone intenzioni, Internet può avere risvolti positivi”.
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Se attraverso i social si mantengono i contatti, attraverso il web passano anche iniziative importanti e, in questo periodo di restrizioni e di allontanamento, passa anche la Parola di Dio: “Il web è una risorsa, ma come tale, deve essere usato al meglio. Dobbiamo saperli usare […] TikTok è liquido, lascia poco spazio ai contenuti, ma permette di arrivare a molti. Possiamo essere lievito anche lì. Non credo proprio che il Vangelo abbia paura dei social network” – conclude il sacerdote.
Ciò che ci manca, in questo momento, è proprio la socialità e lo stare insieme. Ma, specie, per i più piccoli, tutto ciò non può e non deve essere totalmente sostituito dal web e dal suo uso spropositato.
ROSALIA GIGLIANO
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