I fedeli di lungo corso certamente ricorderanno che prima del Concilio Vaticano II il sacerdote ed i fedeli si mettevano in ginocchio alla fine di ogni Messa per recitare una preghiera alla Madonna ed una a San Michele Arcangelo. La seconda era stata introdotta da papa Leone XIII in seguito ad una visione orribile che gli mostrò il diavolo intento a prendere possesso della Chiesa e veniva recitata nella seguente maniera: “San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia; contro le malvagità e le insidie del diavolo sii nostro aiuto. Ti preghiamo supplici: che il Signore lo comandi! E tu, principe delle milizie celesti, con la potenza che ti viene da Dio, ricaccia nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni, che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime”.
A spiegare l’origine di questa preghiera nel libro ‘Un esorcista racconta‘ è don Gabriele Amorth attraverso le parole di padre Domenico Pechenino ne ‘La settimana del Clero’:
“Non ricordo l’anno preciso. Un mattino il grande Pontefice Leone XIII aveva celebrato la S. Messa e stava assistendone a un’altra, di ringraziamento, come al solito. Ad un tratto lo si vide drizzare energicamente il capo, poi fissare intensamente qualche cosa, al di sopra del capo del celebrante. Guardava fisso, senza batter palpebra, ma con un senso di terrore e di meraviglia, cambiando colore e lineamenti. Qualcosa di strano, di grande avveniva in lui.
Finalmente, come rivenendo in sé, dando un leggero ma energico tocco di mano, si alza. Lo si vede avviarsi verso il suo studio privato. I familiari lo seguono con premura e ansiosi. Gli dicono sommessamente: Santo Padre, non si sente bene? Ha bisogno di qualcosa? Risponde: Niente, niente. Dopo una mezz’ora fa chiamare il Segretario della Congregazione dei Riti e, porgendogli un foglio, gli ingiunge di farlo stampare e di farlo pervenire a tutti gli Ordinari del mondo. Che cosa conteneva? La preghiera che recitiamo al termine della Messa insieme al popolo, con la supplica a Maria e l’infocata invocazione al Principe delle milizie celesti, implorando Dio che ricacci Satana nell’inferno”.
La storia della visione di Leone XIII è nota, ma nel libro serve a don Amorth per approfondire l’ultima frase della preghiera ideata dal pontefice come protezione dal maligno. Citando proprio quella frase l’esorcista infatti dice: “Ha una spiegazione storica, a noi più volte riferita dal suo segretario particolare, mons. Rinaldo Angeli. Leone ebbe veramente la visione degli spiriti infernali che si addensavano sulla città eterna (Roma); e da quella esperienza venne la preghiera che volle far recitare in tutta la Chiesa”.
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