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Don Fabio Rosini: l’arte di guarire, un cammino di felicità per tutti

E’ uscito ad aprile l’ultimo libro di don Fabio Rosini “L’arte di guarire. L’emorroissa e il sentiero della vita sana” – Edizioni San Paolo.

Un vero e proprio cammino di guarigione personale (e perciò universale) della vita interiore e affettiva. Non è un libro facile questo di don Fabio Rosini. È quasi un corpo a corpo con i nostri mali, di cui Rosini, musicista, sacerdote dal 1991, responsabile della pastorale vocazionale della diocesi di Roma e autore di seguitissimi corsi prematrimoniali, traccia una diagnosi molto rigorosa aperta dalla frase di Isacco di Ninive: “La maggior parte degli uomini che sono malati sostengono di essere sani”.

“Leggendo queste pagine si entra in contatto diretto, fisico quasi, con l’autore. C’è l’autore che, come una tigre, è acquattato tra le pagine di questo libro, pronto a balzare e afferrarti. Tu lo tieni in mano (il libro) e lui ti tiene, ti afferra e non ti molla più fino all’ultima pagina”. Dalla prefazione di Andrea Monda.

Don Fabio Rosini: introduzione al suo nuovo libro

La guida è una donna malata di duemila anni fa, l’emorroissa, che si incontra nel capitolo quinto del Vangelo di Marco, e della quale si analizza il processo di guarigione paradigmatico e simbolico. Un viaggio suddiviso in tre tappe – diagnosi, guarigione e vita sana duratura – in cui si procede sulla base di domande utili, da farsi al cospetto di Chi ci vuole bene, per lasciare che Lui doni pian piano le risposte.

Il segreto della diagnosi è identificare i sintomi degli atteggiamenti tortuosi che produciamo nella nostra esistenza, per gettare luce sulle falsità che portiamo nel cuore. E a quel punto inizia l’avventura vera e propria: parte da un suono che arriva al nostro orecchio, la voce di qualcuno che parli di Gesù, e che faccia sgorgare in noi il desiderio di “toccarlo” per stabilire un contatto con Lui.

Così facendo si sperimenta la potenza che esce da Lui, ossia la sua Vita che ci può rigenerare. Una volta guariti si è in grado di chiamare per nome “tutta la verità”, perché si è alla Sua presenza. Il punto di arrivo del viaggio è capitalizzare la saggia arte di guarire, che è un assetto sano di vita: ossia, stare dentro un processo costante di cura di sé e camminare nella pace, facendo umilmente i conti con le nostre fragilità.

L’intervista a cura di Antonio Sanfrancesco

Cos’è l’arte di guarire? «Uno stato, un assetto, non un’ occasione passeggera. Se io prego ogni giorno il Signore di salvarmi e di liberarmi dal male cosa significa? Che sono risolto o da risolvere?».

Di che cosa siamo malati?
«Di incompletezza. Quella dell’ uomo è una felice malattia, come dice il Preconio: “O felice colpa che meritasti un così grande Salvatore”. La vera malattia è rifiutare la malattia, la piccolezza, la creaturalità. Più noi combattiamo contro il fatto di essere fragili e più lo diventiamo. Quando accettiamo di avere un Salvatore e di avere fiducia nel Padre celeste diventiamo forti in Dio. La nostra forza non è nostra ma di un Altro. Ecco perché l’ arte della relazione è fondamentale. Noi tendiamo a costruire gabbie di autoaffermazione che diventano le nostre torture, se c’ è un tiranno che ci rende infelice è il nostro ego che ci trafigge con le sue pretese».

Insomma, quando possiamo dirci sani?
«La vera salute è la consapevolezza della malattia. Siamo prometeici, vogliamo strappare il fuoco a Dio e non capiamo che se glielo chiediamo Lui ce lo regala. Spesso neanche lo sappiamo perché siamo stati informati male su di Lui».

I sacerdoti hanno una grande responsabilità

Colpa anche di voi preti.
«Infatti, bisognerebbe controllare se il nostro modo di parlare di Gesù muove la gente a toccarlo o la fa fuggire a gambe levate».

Perché la guarigione della donna emorroissa, che tocca il lembo del mantello di Gesù, è così simbolica?
«Nella storia dell’arte questo episodio è raffigurato spesso a cominciare dalle catacombe dei Santi Marcellino e Pietro di Roma. Il Catechismo della Chiesa Cattolica lo pone in copertina nella sezione dedicata ai Sacramenti».

Eppure nel Vangelo viene dedicato poco spazio a questo episodio.
«La considerazione finale di Gesù è molto strana e anche piuttosto rara: “Figlia, va’ in pace e sii guarita dal tuo male”. È come se Gesù negasse il miracolo che ha appena compiuto. In realtà, la guarigione totale c’ è ma quello che non ci può essere è l’ oblio del male. Chi ha preso una brutta malattia sa che le ricadute sono più devastanti della malattia stessa. Gesù dice di stare attenti alle ricadute. Se ricaschiamo nel Covid-19, ad esempio, è un disastro».

Don Fabio Rosini: l’equilibrio psicologico non è l’assenza di problemi

La guarigione è un lungo processo?
«Sì, il vero tema della vita spirituale è la custodia del cuore e della vita interiore. L’ equilibrio psicologico non è l’ assenza di problemi ma uno stato di consapevolezza dei propri problemi, riconoscersi stolti, ingannati. Per andare avanti bisogna fare i conti con la propria povertà. È una spiritualità umile, per nulla trionfalistica».

A differenza di altri personaggi dei vangeli, l’emorroissa non parla, non chiede a Gesù di essere guarita. Perché?
«Gli altri gridano, come il cieco. Lei pensa. Si costruisce piano piano e poi parla perché Gesù la costringe a farlo e vuole che chiami per nome il suo male, passando dal pensiero alla parola. Avendo a che fare con tanti giovani fragili e deboli ai quali cerco di insegnare come vivere la propria sessualità e intimità, questa genitalità sanguinante della donna è un paradigma preziosissimo perché qui c’ è tutta la vergogna, l’ incapacità di chiedere. Ma per Gesù il sangue è prezioso. Oggi invece, pensiamo ai film horror o a certi videogiochi, nell’immaginario collettivo il sangue dell’ uomo non conta nulla».

Don Fabio Rosini: siamo infelici perché crediamo alla cattiva notizia su noi stessi

Perché?
«Quello che ci frena tutti è il disprezzo di sé, la cattiva notizia su noi stessi alla quale abbiamo creduto e che ci fa essere infelici e incapaci di godere delle bellezza della vita. Bisogna dire all’ uomo quello che ha detto su di lui la Croce di Cristo: che per amare l’ uomo vale la pena di morire. A livello esistenziale c’è un atto di apertura alla propria bellezza che è sempre un work in progress, non finisce mai».

Che insegnamento possiamo trarre da questa terribile malattia collettiva che è la pandemia?
«Ci siamo ritrovati dentro logiche inaspettate ed è l’ occasione per fare verità su noi stessi e sulle nostre relazioni con gli altri, chiederci che cosa conta veramente, qual è la priorità. Nella storia le epidemie sono state sempre un momento di crescita per l’ umanità».

È ottimista per il dopo?
«Né ottimista, né pessimista. La libertà personale è un enigma. Una cosa è certa: rispetto ad altre occasione, stavolta siamo stati toccati personalmente più del solito ma potremmo non sfruttare, o sfruttare male, anche questa lezione».

Fonte: https://m.famigliacristiana.it

Simona Amabene 

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