Era l’anno 325, quando si riunì il primo Concilio della storia della chiesa, a Nicea, una città dell’odierna Turchia, indetto dall’Imperatore Romano Costantino I. Il Papa dell’epoca era Silvestro I, oggi Santo.
Si discusse sulla controversia provocata dal monaco e teologo Ario, che riteneva la natura di Cristo inferiore a quella del Padre. Venne ribadita la consustanzialità, ossia la stessa sostanza, la stessa natura del Figlio e del Padre. Si decise, inoltre, come stabilire la data della Santa Pasqua (la prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera); si conferì al Vescovo di Alessandria (comunità sorta in seguito alla predicazione dell’evangelista Marco) maggiore autorità, ma soprattutto si decise che affermazioni dovesse contenere il Credo, la preghiera che ripercorre le “certezze” della nostra fede cristiana e che recitiamo la domenica a Messa e nelle ricorrenze, per riaffermare la nostra devozione al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
A distanza di circa 2000 anni, nella chiesa di San Rocco a Torino, durante la Santa Messa della nascita del Bambin Gesù, il parroco, don Fredo Olivero, con la complicità consensuale dei fedeli, ha intonato il canto “Dolce sentire”, per sostituire il Credo, risultato di faticose e sacrificate conquiste, frutto di martiri e persecuzioni contro i primi cristiani.
La dottrina teologica è stata soppiantata anche in altri punti della Messa di quella notte: la Comunione è stata data dai Ministri Straordinari soltanto e fatta intingere nel calice da ogni fedele; il Padre Nostro si è ispirato alle musiche di Simon e Garfunkel.
E non si parla di un giovane e sprovveduto, quanto maldestramente innovativo, parroco, ma di un sacerdote con 50 anni cammino, oltretutto molto impegnato nel sociale.
Don Fredo ha detto: “Sapete perché non dico il Credo? Perché non ci credo!”. “Se qualcuno lo capisce … ma io dopo tanti anni ho capito che era una cosa che non capivo e che non potevo accettare. Cantiamo qualche cos’altro che dica le cose essenziali della fede”.
E don Fredo, promette di “rivisitare” al più resto anche il concetto della transustanziazione (l’istante peculiare in cui vengono elevati l’ostia e il calice, che diverranno Corpo e Sangue del Signore Gesù).
Inoltre, è in buona compagnia, poiché a Genova, un altro prete, don Paolo Farinella, quest’anno ha annullato la celebrazione del Natale, del 1 gennaio (Maria Madre di Dio) e del 6 gennaio, l’Epifania. Don Farinella dice che lo ha fatto perché il Natale è ormai: “una favoletta da presepe con ninne-nanne e zampogne, esclusivo supporto di un’economia capitalista e consumista, trasformando l’intero Cristianesimo in religione civile”, come se rinunciare alla propria spiritualità, anziché spiegarne il significato, fosse una soluzione possibile da adottare.
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