Può l’uomo perdonare Dio? È la domanda che don Massimiliano Scalici ha posto nel suo libro.
“Dio, ti perdono. La misericordia capovolta” è un libro scritto a quattro mani, da don Massimiliano e Loretta. Il sacerdote spiega perché è l’uomo a perdonare Dio.
La misericordia, il perdono, la vita, l’amore sono i doni più grandi che Dio può fare ad ognuno di noi. Non sempre, però, ci accorgiamo e ci rendiamo conto della presenza di Dio accanto a noi. Questo è ciò che è capitato alla protagonista del libro “Dio, ti perdono. La misericordia capovolta”, scritto a quattro mani da don Massimiliano Scalici e Loretta, una donna che ha vissuto un momento particolare della sua vita, dove davvero sembrava che Dio si fosse, di lei, dimenticato.
Dio non dimentica mai nessuno di noi. Certe volte sembra proprio che sia così, ma lui è sempre accanto a noi. Durante la presentazione del volume presso la parrocchia “Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe” a Casoria, nella Diocesi di Napoli, don Massimiliano ci ha raccontato il suo testo.
Partiamo da titolo: perché “la misericordia capovolta”? Come può, ognuno di noi, perdonare Dio? Di solito, siamo noi a chiedere perdono a lui.
” “La misericordia capovolta” è un po’ il sottotitolo. Il titolo, invece, deriva da un’espressione di questa persona che io ho accompagnato in questo cammino, che è arrivata, a un certo punto dei suoi sfoghi verso Dio, con l’espressione: “eh vabbè, ti perdono”. Da qui il titolo principale.
C’è un passo biblico del Vangelo di Giovanni, dove Gesù è rimproverato per la sua assenza: l’episodio della morte di Lazzaro. Gli avevano detto: “Guarda che il tuo amico Lazzaro è ammalato. Perché non vai?”. Gesù ha temporeggiato. Poi, quando gli annunciano che Lazzaro era morto, Marta, la sorella di Lazzaro, lo rimprovera: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”.
Ecco, da un lato c’è un rimprovero a Gesù Cristo, ma dall’altra parte c’è Marta che continua dicendo: “Comunque so che qualsiasi cosa tu chiederai a Dio, lui te la concederà”, quasi come a dirgli: “sei venuto troppo tardi, ma hai sempre tempo per rifarti”. Un po’ questa è la misericordia capovolta.
Dio anche ci invita a riconciliarci con lui, a riallacciarci con lui. Questa è una cosa bella: ci sono dei nodi che devono essere sciolti e ci sono quelli che devono essere riannodati. E se vogliamo, questa misericordia nei confronti di Dio è un riannodare con lui, un convergere verso una sua logica. Una logica che passa per il mistero della croce che, per noi, non è assolutamente invitante”.
“Il titolo è autobiografico perché, come dice anche colui che ne ha curato la prefazione, l’Arcivescovo di Palermo, “in questo libro due persone si sono raccontate”. La proposta che feci a Loretta, nel momento in cui ero arrivato che non sapevo più cosa dirle, che argomenti metterle davanti (perché anche io ero un po’ stupito di questo Dio così silente, che non ascoltasse), fu quella di mettere per iscritto tutto.
La scrittura autobiografica aiuta a stare meglio. Nel momento in cui uno scrive parte della sua vita che, in quel momento, è già passata, già sta dando una lettura diversa rispetto a quella che ha vissuto in quel momento. Il diario spirituale serviva anche a lei, a rivedere le scelte, le paure che aveva vissuto”.
Nei suoi commenti alla Parola di Dio di ogni settimana, ha scelto come titolo “Valorizzare il tempo”. Cos’è per lei il tempo? C’è differenza fra il nostro tempo quotidiano e quello della Parola di Dio?
“Quando parlo di “Valorizzare il tempo”, mi riferisco al tempo, quello che si spreca tante volte andando dietro a cose inutili. “Valorizzare il tempo” significa scegliere per la nostra vita, per le nostre giornate, di dedicare una parte del tempo alla Parola di Dio. Questo non è un tempo sprecato.
Il titolo viene dal fatto che ho iniziato questa rubrica l’anno scorso, il 1 gennaio. Il 1 gennaio, solennità di Maria Madre di Dio, la tematica che sviluppano le tre letture è proprio quella del tempo. Dio entra nel tempo, si rivela nel nostro tempo.
Per questo, mi sono proposto: come posso valorizzare al meglio il mio tempo? Perciò ho pensato di consacrare un po’ del mio di tempo alla Parola di Dio. E mi sento di dire di “star dando” un bel po’ di tempo alla Parola di Dio. Pagine che sono sempre lì, online: in qualunque momento, chiunque può andare a consultarle e chissà, un giorno, quella meditazione potrà cambiare la vita di qualcuno. La Parola di Dio è un dono a lungo termine, non ha scadenza”.
C’è uno dei suoi video che mi ha particolarmente colpito, a partire dal titolo: “Un Dio di periferia”. Davvero, secondo lei, il mondo sta correndo senza una meta? Davvero l’uomo sta mettendo, nella sua vita, Dio sempre più ai margini?
“Il titolo, sicuramente, non è casuale: si tratta di una declinazione introdotta da Papa Francesco. Un Dio vicino agli ultimi, “un Dio di periferia”, un Dio che lo si incontra nei luoghi marginali della vita.
Per capire questa espressione della “periferia”, bisogna leggere la “Evangelii Gaudium”, il primo documento di Papa Francesco. In questo documento, il Pontefice ha voluto spiegare che cosa significhi l’espressione “periferie esistenziali”. Vuole spiegare un concetto teologico di un Dio che esce da se stesso per andare verso l’uomo. Questo “esodo di Dio”, spiega fino a che punto Dio arriva all’estremità, fino all’uomo più lontano nel posto più lontano.
Dio diventa quasi un “non – Dio” per arrivare fino a noi: non dimentichiamo che è stato condannato alla croce. E chiunque vede un uomo in croce, di certo, non pensa che quello è Dio.
Io credo che le periferie estreme non sono tanto le cosiddette favelas, ma le carceri. Le carceri sono proprio un’appendice delle città, un luogo dove non c’è integrazione con la città. Sono un luogo davvero chiuso in tutti i sensi, dove non si ha nessun contatto con la città. È lì che questa “periferia” si va a coagulare”.
Tornando al suo libro. Loretta ha un dialogo aperto e quotidiano con Dio. Ma, nonostante tutto, si sente sempre insoddisfatta. Arriva anche lei, a un certo punto, a dire: “Dio, sei la periferia della mia vita”?
“E’ tentata di definire Dio come la periferia della sua vita. È tentata, ma non ha il coraggio di farlo. Loretta, alla fine, è una incazzata – innamorata: quando tu ami una persona, ci tieni a lei e, proprio perché ci tieni, ti arrabbi di più con lei. Dove non c’è la rabbia, dove non c’è un alterco, c’è l’indifferenza.
Loretta, in questa relazione conflittuale con Dio, è, sì arrabbiata, ma anche innamorata perché, come Pietro dice a Gesù: “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”. La figura di Loretta è bella: sì, è vero, potrebbe risultare anche un po’ pesante perché sta sempre lì a lamentarsi, ma non è una lamentela ossessiva. E’ solo perché non vede cambiamenti. Però sta sempre lì, è fedele a Dio: lo interpella, lo accusa, ma sta sempre lì”.
Secondo lei, come mai questo Decanato della Diocesi di Napoli, ha scelto il suo volume per la catechesi della Quaresima?
“Molto semplice. Don Jonas Gianneo (il parroco della chiesa di Casoria, dove Don Scalici ha presentato il suo libro, ndr) è un mio amico, lo conosco dai tempi del seminario. Ho con lui una bella amicizia.
Quando ha visto che io avevo pubblicato questo libro, mi ha chiesto di venirlo a presentare nella sua parrocchia e all’intero Decanato. E’ anche un modo per consigliare questo testo, specie in Quaresima: è un testo, sì di sofferenza, ma è una sofferenza che ci può accompagnare verso la luce della Pasqua, verso un cammino di liberazione”.
ROSALIA GIGLIANO
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