Aveva scelto di non allontanarsi dal quartiere che gli era stato affidato, anche se più volte era stato “avvertito” di non immischiarsi in certe faccende. Ma lui, da uomo di Dio, non si è lasciato intimidire e, per questo, lo hanno freddato.
Sacerdote di Brancaccio, ucciso in odio alla fede e, oggi, Beato. In occasione della sua ricorrenza liturgica, ripercorriamo insieme il suo buon operato.
Il parroco che salvava i i giovani e i bambini
Si chiamava Giuseppe Puglisi, ma da tutti era conosciuto come Don Pino. Era sacerdote in uno dei quartieri più difficili della città di Palermo, ma soprattutto per questo, aveva deciso di non abbandonare quel posto, fino a donare la sua vita.
La mano assassina dei suoi killer aveva scelto una data canonica per “toglierlo di mezzo”, quella del suo compleanno, il 15 settembre. Senza rendersi conto, però, che se Don Pino moriva lì, per terra, fra le strade di Brancaccio davanti casa sua, migliaia sarebbero state le persone che, nel corso degli anni, ed ancora oggi, avrebbero continuato ad operare in suo nome e in suo ricordo.
Don Pino Puglisi guarda in faccia i suoi uccisori, col sorriso
Don Pino è morto così, il 15 settembre alle ore 20.40 davanti alla porta di casa. Dopo esser sceso dalla sua auto, qualcuno lo aveva chiamato e, per questo, si era voltato. Il sorriso sempre stampato in volto consapevole che la sua ora era venuta. Un sorriso, un criptico “me lo aspettavo” e, poi, un colpo di pistola alla nuca.
Ucciso “in odio alla fede” e riconosciuto dalla Chiesa come martire. Ma cosa aveva suscitato il sacerdote, tanto da indurre qualcuno ad ucciderlo? Don Pino aveva incentrato la sua attività pastorale al recupero dei giovani e dei bambini, per sottrarli alla manovalanza della mafia. Un progetto educativo, uno scopo di salvezza per le future generazioni che, a molti, non è piaciuto.
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Educare i giovani e i bambini per toglierli alla mafia
Egli non tentava di riportare sulla giusta via coloro che erano già entrati nel vortice della mafia, ma cercava di non farvi entrare i più piccoli, i giovani, che vivevano per strada e che consideravano i mafiosi come degli idoli, persone meritevoli di rispetto e, soprattutto, da imitare.
Don Pino, attraverso attività e giochi, faceva capire loro che si può” ottenere rispetto dagli altri anche senza essere criminali”, ma essendo semplicemente se stessi, con le proprie idee e i propri valori. Si rivolgeva direttamente a loro, ai mafiosi, durante le sue omelie, svoltesi anche sul sagrato della chiesa.
Uno che parlava troppo era Don Pino per i mafiosi, uno che toglieva loro manovalanza per portarli sulla retta via. Tante le minacce, anche di morte, che il sacerdote aveva ricevuto ma delle quali non aveva mai fatto parola con nessuno. Nel 1993, era riuscito anche ad inaugurare il centro “Padre Nostro” per la promozione umana e la evangelizzazione.
La sua uccisione non spegne la sua voce
Ma a don Pino erano rimasti solo pochi mesi di vita. Così la mafia aveva deciso. E quel 15 settembre del 1993, un colpo di pistola l’ha ucciso sì, ma non ha fatto smettere la sua voce di urlare.
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Sono passati più di 20 anni, ma don Pino non è stato dimenticato anzi. Ha continuato a fare e ad operare del bene anche dal cielo. Il 28 giugno 2012 papa Benedetto XVI ha concesso la promulgazione del decreto di beatificazione per il martirio “in odium fidei”. Don Pino Puglisi è stato, poi, beatificato il 25 maggio 2013 sotto il pontificato di Papa Francesco.
Oggi la sua memoria liturgica
Anche se nato e morto il 15 settembre e il giorno della sua beatificazione è stato maggio, la Chiesa ha scelto che la sua memoria liturgica cadesse oggi, 21 ottobre, giorno del suo Battesimo.
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