Da circa un anno, il Paese centroamericano è con il fiato sospeso per le sorti di uno dei suoi vescovi. Incarcerato per le sue aperte critiche al regime sandinista, il presule ha ricevuto un’improvvisa e inaspettata consolazione.
È ufficiale: monsignor Rolando José Álvarez Lagos è uno dei candidati al Premio Sacharov 2023, con cui il Parlamento Europeo insignisce persone e organizzazioni che difendono i diritti umani e le libertà.
Le candidature sono state presentate mercoledì scorso durante una riunione delle commissioni per gli affari esteri e lo sviluppo e della sottocommissione per i diritti umani. A presentare le candidature sono i gruppi partitici o almeno 40 eurodeputati.
Oltre a monsignor Álvarez, è stata avanzata la nomina dell’attivista nicaraguense Vilma Núñez de Escorcia: entrambi i candidati sono stati scelti da 43 europarlamentari.
Un premio per la libertà
“Núñez lotta da decenni per i diritti umani dei nicaraguensi. Nonostante la persecuzione, rimane nel suo Paese. Álvarez, vescovo di Matagalpa, è stato uno dei critici più veementi del regime del presidente Daniel Ortega. Nel febbraio 2023, dopo aver rifiutato di lasciare il Paese, è stato condannato a 26 anni di carcere e gli è stata sospesa la cittadinanza”, spiega una nota del Parlamento europeo dello scorso 20 settembre.
Altri candidati sono, tra gli altri, il magnate Elon Musk, gli attivisti afghani per l’istruzione Marzia Amiri, Parasto Hakim e Matiullah Wesa, l’ex difensore civico georgiano Nino Lomjaria. Dal 1988, il Premio Sacharov per la libertà di coscienza viene assegnato ogni anno a individui o gruppi che lottano in difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali. il prestigioso premio prende il nome dal fisico e dissidente politico sovietico Andrei Sakharov e prevede un montepremi di 50.000 euro.
Il 12 ottobre le commissioni Affari esteri e Sviluppo si riuniranno congiuntamente per selezionare i tre finalisti. In seguito, il 19 ottobre, il presidente del Parlamento e i leader dei gruppi politici determineranno il vincitore. La cerimonia di premiazione avrà luogo a Strasburgo il 13 dicembre.
Vescovo “eversivo”
Quella di monsignor Rolando Álvarez è probabilmente la più significativa delle candidature al Premio Sacharov, in quanto riconosce la statura morale di un uomo che sta pagando tuttora per la libertà della Chiesa.
Il vescovo di Matagalpa è stato messo agli arresti domiciliari il 4 agosto 2022, con l’accusa di “destabilizzare lo stato del Nicaragua e aggredire le autorità costituzionali”. Lo scorso febbraio, poi, Álvarez è stato condannato a 26 anni e 4 mesi di carcere per “cospirazione contro la sovranità nazionale e diffusione di notizie false”.
Lo scorso luglio, il presule ha rifiutato la proposta di commutare la pena in un esilio dal Nicaragua, venendo così condannato alla detenzione, in un condizioni carcerarie terribili, tra temperature altissime e scarsissima igiene. In quell’occasione, monsignor Álvarez era stato rilasciato ma, immediatamente dopo, di nuovo incarcerato, proprio per non aver accettato alcuna soluzione di compromesso.
I “Giuda” del regime
Per quale motivo, dunque, il regime di Daniel Ortega (al potere dal 2006, dopo aver già governato nel 1985-1990) vuole sbarazzarsi del vescovo di Matagalpa? Álvarez non è certo l’unica vittima della dittatura anticlericale che, negli ultimi cinque anni, ha visto oltre 500 attacchi alle chiese (90 soltanto nel 2023), con quasi 80 tra sacerdoti e suore esiliati.
Del clero dissidente, non molto tempo fa, Ortega ha detto: “Sono i Giuda e sono i Caini, sono quelli che alla fine hanno celebrato il martirio di Cristo. Sono loro che alla fine hanno dato il bacio di Giuda”.
Il presunto tradimento che il dittatore rinfaccia alla Chiesa nicaraguense sta nel fatto che, alla fine degli anni ’70, ai tempi della guerriglia che portò al potere il primo governo sandinista, l’episcopato nicaraguense appoggiò il cambiamento.
Il pontificato di San Giovanni Paolo II, convintamente anticomunista, segnò un’inversione a U, anche nel sentimento popolare: in particolare dalla visita pastorale di Wojtyla (1983), la maggior parte della base ecclesiale ha assunto una consapevolezza particolare e ha iniziato a muoversi con la massima libertà. Un dato non scontato, specie in un continente come l’America Latina, dove il clero è stato frequentemente asservito alla politica, comprese le dittature di ogni colore. E quando i regimi non incontrano il consenso – neanche implicito – della Chiesa, normalmente, si ritrovano indeboliti.