È in atto una terribile recrudescenza delle persecuzioni anticristiane. Il bilancio degli ultimi tre mesi è impressionante.
In Nigeria, il 15 gennaio scorso don John Gbakaan, sacerdote della Diocesi di Minna, è stato rapito e, il giorno seguente, è stato ucciso. Alla fine del 2020, è stato sequestrato e, poco dopo, rilasciato il vescovo di Owerri, monsignor Moses Chikwe.
Tra novembre e dicembre, erano stati rapiti padre Valentine Ezeagu, sacerdote della Congregazione dei Figli di Maria Madre della Misericordia (rilasciato 36 ore dopo), e don Matthew Dajo, dell’Arcidiocesi di Abuja (liberato dopo dieci giorni).
Interpellato da Aiuto alla Chiesa che soffre, l’arcivescovo di Abuja, monsignor Ignatius Ayau Kaigama, ha espresso tutta la sua preoccupazione. L’attuale emergenza, secondo il presule, è “un morbo che si sta diffondendo senza che venga fatto alcuno sforzo significativo per arginarlo”. Sono tantissime le “vittime silenziose” di questa nuova ondata di violenza. Nel mirino dei terroristi e dei malviventi comuni, non ci sono solo sacerdoti e religiosi.
Rammaricato per le migliaia di persone uccise in diverse parti del Paese senza alcuna reazione significativa, monsignor Kaigama ritiene sconcertante che le forze di polizia non siano in grado di identificare questi soggetti, e ciò avvalora l’opinione che non sono molti gli sforzi compiuti finora per garantire la pubblica sicurezza.
Secondo l’arcivescovo di Abuja, alcuni dei sequestri “sono a scopo economico, perpetrati da criminali alla ricerca di denaro facile, tengono le persone in ostaggio e chiedono riscatti di milioni di naira; altri legati al fondamentalismo religioso mirante all’espansione territoriale al fine di dominare coloro che considerano infedeli e i cristiani sono il numero uno sulla loro lista, ma attaccano e uccidono anche i musulmani che non approvano il loro modus operandi”.
“I criminali, i banditi, che dir si voglia – prosegue Kaigama – sono consapevoli che l’attacco a un prete o a una suora cattolica fa notizia e pensano così di spingere il governo a prenderli sul serio. È una strategia tipicamente terroristica attaccare dove le ripercussioni sono più forti”.
Di fronte al dilagare incontrollabile dei rapimenti, la linea dell’episcopato nigeriano è unanime ed è quella della fermezza. Nel malaugurato caso di un nuovo sequestro, le diocesi non saranno disposte a pagare riscatti. Lo scopo è evitare di alimentare questo macabro mercato di potenziali rapiti.
“C’è urgente bisogno che il governo nigeriano affronti la situazione addestrando gli agenti di sicurezza ad agire in modo più efficace – ha spiegato in conclusione monsignor Kaigama –. Ci si aspetterebbe che, con tutto il denaro gestito dai politici, il governo investisse di più nell’acquisto di strumenti validi a perseguire i criminali. Gli agenti guadagnano molto poco e devono affrontare malviventi che hanno armi più sofisticate e spesso sono loro le prime vittime”.
L’anno scorso, aveva suscitato particolare scalpore il rapimento di Leah Sharibu, 17enne studentessa cristiana di Danchi, nello stato del Bormo. La ragazza era stata sequestrata assieme ad altre 109 persone, il 19 febbraio 2018, durante un blitz armato di Boko Haram. Lo scorso luglio, era circolata la voce che Leah fosse rimasta incinta dopo le violenze carnali subite dai suoi sequestratori e che si fosse convertita all’Islam.
“Sappiamo che Leah ha deciso di restare dov’è a causa del convincimento della propria fede cristiana – dichiarò a suo tempo Don Para-Mallam, sacerdote nigeriano consultato da Aiuto alla Chiesa che Soffre –. Se Leah avesse voluto diventare una musulmana per ottenere la propria libertà avrebbe semplicemente rifiutato Cristo e sarebbe stata rilasciata il 21 marzo 2018, ma Leah ha rifiutato”.
Dopo alcuni anni di relativa calma, all’inizio del 2020, la sicurezza tra i cristiani nigeriani è tornata a livelli da allarme rosso. Se in precedenza, l’area incandescente era nel Nord-Est del Paese, adesso è l’intera Nigeria ad essere coinvolta.
Alla base della sostanziale impunità nei confronti dei terroristi (tra i quali hanno conquistato l’egemonia i pastori di etnia Fulani), vi sarebbe uno squilibrio di rappresentanza delle comunità religiose nello scacchiere politico. Il 95% dei componenti del governo sarebbero infatti musulmani, in un paese dove circa la metà della popolazione è cristiana. Un’anomalia che, come si è visto, produce gravi ripercussioni sulla libertà religiosa.
Luca Marcolivio
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