Cosa è? Un segno nel nostro corpo capace di tenere insieme le nostre cellule e ha la forma di una croce luminosa che rimanda al Salvatore degli uomini.
L’ordine della creazione riflette la gloria del suo Creatore. E non smette di mostrarci la verità di Dio attraverso la realtà delle cose.
L’hanno battezzata la «firma di Dio», ma anche la «colla di Dio». È la laminina: una glicoproteina adesiva e molto voluminosa. È la componente più abbondante delle lamine basali, una rete di proteine presenti in gran parte delle cellule e degli organi.
Insieme ad altre componenti della lamina basale svolge un ruolo chiave nel corso dello sviluppo embrionale. È la laminina che, congiuntamente ad altre componenti, funge da “collante” così da permettere alle cellule di aderire in una struttura sferica.
La laminina è dunque fondamentale per la tenuta della struttura delle cellule che compongono il corpo umano. La cosa che difficilmente passa inosservata è la particolare struttura tridimensionale che assume al microscopio. Che è, senza ombra di dubbio, a forma di croce latina.
I due libri che ci parlano dello stesso Dio
D’altronde il Salmo 19 non dice forse che «i cieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento»? I cristiani – ma anche ebrei e musulmani – hanno sempre considerato come profondamente intrecciati il libro della scrittura (liber scripturae) e il libro della naturae (liber naturae).
Dio ha disseminato nella realtà delle cose i segni della sua presenza. La sua mano creatrice ha lasciato letteralmente il segno ovunque. Così che ai padri veniva naturale vedere il segno della croce un po’ dappertutto: dalle ali degli uccelli librati in volo alle ancore e alle vele delle imbarcazioni.
Perché dunque noi non potremmo scorgere i segni di un amore creatore tra le pieghe di quel mondo in miniatura che è l’infinitamente piccolo della biologia? Una possibilità che si fa quasi dovere in un tempo poi in cui si parla di una «rivolta contro l’ordine biologico», dove tornano prepotentemente di moda antiche eresie come quella gnostica, col suo disprezzo per la materia di cui è intessuto inestricabilmente l’uomo.
Fa dunque pensare che nelle fibre più intime del nostro essere brilli una croce luminosa che, oltre alla forma eloquente, assolve anche una funzione aggregatrice. La croce è il luogo sul quale Cristo ha riconciliato la terra e il cielo, il tempo e l’eternità. Lui, il Grande Sacrificato, è anche il Grande Aggregatore.
Quando la scienza riporta al Creatore
È significativo che sia la scienza a guidarci a braccetto in questo viaggio alla scoperta delle tracce lasciate dal Creatore nella sua creazione. A dimostrazione che quando la scienza non si eleva a religione è un osservatorio privilegiato per risalire dalla «realtà delle cose» alla «verità delle cose».
Come ha detto San Giovanni Paolo II: «La scienza, in se stessa, è buona giacché è conoscenza del mondo che è buono: la Genesi dice che Dio l’ha creato e guardato con soddisfazione: “Dio vide che quanto aveva creato era buono” (Gen 1,31). Io son molto affezionato al primo capitolo della Genesi. Il peccato originale non ha davvero alterato completamente quella bontà iniziale; e la conoscenza umana è un modo di partecipare al sapere del Creatore: essa costituisce, dunque, un primo gradino nella somiglianza dell’uomo con Dio, un atto di rispetto verso lui, giacché tutto ciò che scopriamo rende omaggio alla verità iniziale» (Discorso ai membri della European Physical Society, 30 marzo 1979).
Non si poteva dir meglio qual è la missione della scienza e della conoscenza umana: riportare a quel «bacio di Dio sul nulla» (M. F. Sciacca) che fu la creazione del mondo da parte del Dio creatore. Per farcelo amare attraverso le cose da Lui chiamate all’esistenza.