Dopo Mihajlović e Pelé, un altro fuoriclasse è venuto a mancare. Uno sportivo modello, dentro e fuori dal campo, un campione di vita e anche di fede.
Da tempo era malato e poco prima di Natale la situazione era precipitata. Molti indizi lasciavano pensare che ormai non ci fosse nulla da fare. Poi, nella mattinata di oggi, la triste conferma: all’età di 58 anni, Gianluca Vialli ci ha lasciato.
L’ultima drammatica partita
Da più di cinque anni, Vialli lottava contro un tumore al pancreas molto aggressivo. Un paio di anni fa, il peggio sembrava ormai alle spalle. L’ex attaccante della Sampdoria, della Juventus, del Chelsea e della nazionale italiana parlò apertamente della sua malattia e della paura che aveva dovuto affrontare.
Poco dopo, l’ultima grande soddisfazione della sua vita sportiva: il trionfo agli Europei dell’Italia, della quale Vialli era capodelegazione. Commosse milioni di persone, l’abbraccio tra Vialli e il ct Roberto Mancini, in quello stesso stadio, Wembley, dove 29 anni prima i “gemelli del gol” blucerchiati erano usciti sconfitti nella finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona.
Non molto tempo dopo, il terribile male aveva iniziato a recidivare e lo scorso 14 dicembre, Vialli era stato costretto a lasciare il suo incarico come capodelegazione azzurro, nell’obiettivo di “utilizzare tutte le energie psico-fisiche per aiutare il mio corpo a superare questa fase della malattia”.
L’ex calciatore era volato a Londra per tentare le ultime disperate cure; tuttavia, la concomitante notizia della madre e del fratello giunti al suo capezzale aveva lasciato pensare al peggio.
Vialli lascia la moglie Cathryn White-Cooper, modella di origini sudafricane, conosciuta a Londra quando militava nel Chelsea, e le due figlie Sofia e Olivia. La coppia si era sposata quasi in segreto nel 2003 e, per vent’anni ha vissuto nella più totale discrezione, lontana dai riflettori e dal gossip.
L’uomo, lo sportivo, il credente
Che uomo era Gianluca Vialli fuori dal campo? Il suo stile era garbato ma anche schietto e diretto. La malattia lo portò a riflettere molto sul senso della vita.
“Se […] muori all’improvviso di notte, tante cose rimangono incompiute – dichiarò non molto tempo fa –. Oggi so che ho il dovere di comportarmi in un certo modo nei confronti delle persone, di mia moglie, delle mie figlie perché non so quanto vivrò”.
Parlando del cancro che lo aveva colpito, Vialli affermò: “La malattia non è esclusivamente sofferenza. Ci sono dei momenti bellissimi. La malattia ti può insegnare molto di come sei fatto, ti può spingere anche più in là rispetto al modo anche superficiale in cui viviamo la nostra vita. La considero anche un’opportunità.
Non ti dico che arrivo fino a essere grato nei confronti del cancro, però non la considero una battaglia”. Il più grande insegnamento che aveva tratto era stato: “Fai le cose che ti piacciono e di cui sei appassionato, per il resto non c’è tempo. Siamo qui per cercare di capire il senso della vita e io ti dico: ho paura di morire”.
L’importanza della Messa e il suo ringraziamento ai sacerdoti
Vialli ammise di non essere molto praticante, anche per ragioni di “pigrizia”, tuttavia, riconosceva nella messa “il momento centrale della vita di un cristiano”. “Non ho la presunzione di insegnare qualcosa in materia di fede. Spero di essere ricordato come un giocatore serio, corretto e onesto”, disse Vialli, aggiungendo però: “Confido che mi sono stati veramente di grande aiuto tanti sacerdoti, e se non sbaglio tutti molto giovani, capaci di adattare la Parola di Dio alla nostra vita quotidiana. È importante affrontare i problemi di oggi alla luce del Vangelo, dall’insegnamento di Cristo”.
“La preghiera la vivo molto intensamente. Prego ogni giorno”, affermava Vialli. “Sarà banale dirlo ma non prego per vincere una partita o per segnare un gol”, perché, spiegava, “nella vita ci sono cose molto più serie di una partita di calcio. La mia preghiera riguarda certo il mio lavoro, ma chiedo al Signore di aiutarmi a stare bene fisicamente, di non infortunarmi. Prego anche che non ci siano violenze, disordini”.
Una carriera straordinaria
Sul piano sportivo, i meriti di Gianluca Vialli sono ineccepibili. Nato a Cremona il 9 luglio 1964, Vialli debuttò nella Cremonese, per poi passare nel 1984 alla Sampdoria, club in cui la sua carriera spiccherà il volo.
Durante gli anni in maglia blucerchiata, la coppia d’attacco Vialli-Mancini contribuì a far uscire la Sampdoria dal suo anonimato calcistico. In quegli otto anni (1984-1992), Vialli ha conquistato tre Coppe Italia, uno scudetto (1991, il primo e unico del club blucerchiato), una Coppa delle Coppe e una Supercoppa italiana. A ciò va aggiunto il menzionato prestigioso secondo posto in Coppa dei Campioni.
In quattro anni con la Juventus (1992-1996), Vialli ha conquistato un altro scudetto, una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana, una Coppa Uefa e una Coppa dei Campioni.
La carriera calcistica di Vialli si conclude nel Chelsea (1996-1999), con cui ha conquistato una Coppa d’Inghilterra, una Coppa di Lega, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Uefa. Per un paio d’anni, il secondo dei quali nell’inconsueto doppio ruolo di calciatore-allenatore, ha anche allenato il club londinese.
Relativamente più breve e meno fortunata la militanza di Vialli nella nazionale italiana (1985-1992), dove comunque ha totalizzato 59 presenze e 16 reti. I traguardi più prestigiosi di Vialli in azzurro sono stati i terzi posti agli Europei del 1988 e al Mondiale del 1990.
Dopo la breve parentesi da allenatore, negli ultimi vent’anni, Vialli è stato per lo più consulente e commentatore sportivo, dedicandosi al sociale (in particolare alla lotta contro le malattie neurogenerative) e pubblicando anche dei libri.