Un fedele chiede consiglio ad un sacerdote sulla Confessione, se può essere “effettuata” in una maniera diversa da quella in chiesa.
Ci sono delle condizioni precise da rispettare per ricevere un sacramento. Può un Sacramento adattarsi alle esigenze, del mondo esterno?
Una domanda molto particolare quella che è stata rivolta ad un sacerdote da parte di un fedele.
“Ho un quesito che mi assilla da un po’ di tempo, suggerito dalla condizione del covid19. E’ possibile fare la confessione tramite computer scrivendo la propria confessione e l’atto di dolore al confessore, anziché verbalmente. Io mi reco abitualmente in chiesa tutte le domeniche” – è la richiesta del fedele.
A questo, Padre Angelo risponde con dovizia di particolari: “Tutti i sacramenti richiedono la presenza personale. Anche il sacramento del matrimonio che in alcuni casi potrebbe essere fatto per procura in assenza forzata di uno degli sposi, richiede comunque la presenza di colui al quale è stata affidata la delega”.
Ci sono anche delle condizioni da rispettare per ricevere un sacramento: “Tra le condizioni della validità dell’assoluzione sacramentale vi è anche questa: che sia “in praesentem directa”, data cioè ad un penitente presente. Il Sacramento infatti risulta dalla composizione di diversi elementi o segni. Se ne manca qualcuno, viene meno anche la celebrazione sacramentale. Ebbene, le parole “Io ti assolvo” suppongono che il penitente sia presente. Presente non significa con la voce, ma con la persona.
Già Clemente VIII (20.6.1602) condannò come falsa, temeraria e scandalosa la proposizione che sosteneva “la liceità di confessare sacramentalmente i peccati per lettera o per intermediario ad un confessore assente, e dal medesimo assente ricevere l’assoluzione”. Per questo è ritenuta vincolante la seguente proposizione: “È invalida l’assoluzione sia che sia assente colui che si confessa e sia assente colui che assolve; sia che colui che si confessa sia presente ma è assente colui che assolve; sia che sia assente colui che si confessa e sia presente colui che assolve” – continua.
Ma la situazione si è evoluta nel corso dei secoli: “Quando venne inventato il telefono ci si ripropose la domanda perché penitente e sacerdote potevano interloquire. Fu interrogata la sacra Penitenzieria Apostolica e questa il 1.7.1884 dichiarò che non voleva rispondere.
Il 27.5.2001 Mons. Patrick Foley, presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali ha detto che il sacramento della penitenza deve essere celebrato sempre “nel contesto dell’incontro personale”, e che non vale la confessione on-line.
Infine il 20 marzo 2020 – nel periodo più cruciale della pandemia coronavirus – mons. Krzysztof Nykiel, reggente della Penitenzieria Apostolica, alla domanda: “In questa situazione di emergenza, il telefono o l’email possono essere considerati in casi eccezionali strumenti idonei per la confessione? Ci si può confessare, in alcuni casi, senza la mediazione del sacerdote, interiormente e direttamente con il Signore?” ha risposto così: “La Confessione sacramentale non può avvenire per telefono o l’email o con altri strumenti di comunicazione per motivi legati alla tutela del sigillo sacramentale. E soprattutto ci vuole la presenza fisica del penitente” – spiega il sacerdote.
Padre Angelo spiega, infine, come debba esserci anche l’ultima parola del Vescovo della Diocesi a cui appartiene il fedele: “Secondo il giudizio del vescovo diocesano, se la situazione impedisce di ricevere l’assoluzione sacramentale nella forma ordinaria, la confessione individuale in questo tempo di emergenza potrebbe essere sostituita da un atto di sincera contrizione, espresso magari con una formula di preghiera (Confesso a Dio Onnipotente. Atto di dolore…) o con parole nostre, e compiendo se possibile un gesto penitenziale (digiuno, veglia di preghiera o elemosina), fino alla futura celebrazione del sacramento nella sua forma consueta”.
Le motivazioni che vengono portate per l’invalidità di questo tipo di assoluzione sono pertanto due: l’assenza delle persone (penitente e sacerdote) e il pericolo della violazione del segreto sacramentale.
Nell’impossibilità di confessarsi il fedele viene esortato a domandare sinceramente perdono a Dio con il proposito di confessarsi appena potrà. In tal caso viene già raggiunto dalla grazia di Dio come ha sempre insegnato la Chiesa quando ha detto che lo stato di grazia si può recuperare ancor prima della confessione se si emette un atto di contrizione perfetta.
Se qualche sacerdote o addirittura qualche vescovo, anche in questo tempo di pandemia, avesse dato l’assoluzione online in forma collettiva non solo avrebbe compiuto un abuso ma avrebbe esposto l’assoluzione all’invalidità. In questi casi di emergenza dunque la soluzione sta nel ritrovare lo stato di grazia attraverso la via non sacramentale.
Il reggente della Penitenzieria Apostolica ha spiegato: “Tramite questi mezzi di comunicazione invece, il sacerdote può eventualmente fornire utili consigli spirituali al fedele, consolarlo o rinfrancarne la speranza, ma non impartire l’assoluzione sacramentale. Quanto alla possibilità di confessarsi interiormente, senza l’intervento di un sacerdote, la Chiesa ha sempre ribadito che la confessione individuale e integra dei peccati con l’assoluzione egualmente individuale costituisce l’unico modo ordinario con cui il fedele, consapevole di peccato grave, è riconciliato con Dio e con la Chiesa.
In momenti di particolare gravità, quando non vi siano assolutamente le condizioni per accostarsi al sacramento della Penitenza nella forma consueta della confessione personale, la Chiesa stessa prevede la possibilità di ricevere il perdono del Signore nella forma del cosiddetto votum sacramenti, cioè esprimendo il sincero desiderio di ricevere il sacramento della Riconciliazione e proponendosi di celebrarlo successivamente, non appena possibile” – conclude.
Fonte: amicidomenicani
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