In occasione della celebrazione della Domenica delle Palme vediamo nelle mani del Papa e dei cardinali delle splendide palme intrecciate, che rimandano alla tradizione dell’ulivo e della palma come simbolo della Passione che ha una provenienza molto antica e speciale.
Nello specifico, le palme che si vedono in Vaticano la domenica che precede la Pasqua provengono dal Nord Italia, e nello specifico dalla zona di Bordighera e da Sanremo, dove si trova il palmeto più settentrionale d’Europa.
Esiste infatti un’antica realtà di tradizione artigianale e popolare che proviene dai popoli mediterranei e che consiste nell’utilizzare foglie di palma essiccate e intrecciate per oggetti utili alla vita quotidiana. Come spiega Famiglia Cristiana, in Liguria le composizioni di palma intrecciata viene chiamata “parmureli” e negli ultimi anni si è diffusa grazie a un’intenso studio fatto da fondazioni, istituzioni e cooperative. Anche quest’anno la tradizione proseguirà, grazie all’Associazione Famijia Sanremasca.
Le antiche radici della splendida tradizione
Tuttavia la tradizione di portare in dono al papa rami di palma ha radici estremamente antiche che comprendono fatti straordinari. Nello specifico, riporta all’epoca di Papa Sisto V e al 1586, anno in cui il Papa posizionò a San Pietro l’obelisco egizio trasportato a Roma da Caligola nel 39 a.C, e a uno specifico episodio avvenuto durante le operazioni di posizionamento.
Le foglie di palma Phoenix dattilifera sono inoltre tenute bianche grazie a un procedimento di legatura del ciuffo che serve a preservare il colore chiaro delle foglie, e per secoli all’intreccio provvedevano a Roma le suore Camaldolesi. Da un paio di decenni i parmureli arrivano a piazza San Pietro già intrecciati in aziende della zona, e negli ultimi anni si è aggiunto anche l’impiego della Phoenix canariensis, più morbida e facile da intrecciare.
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Oggi però c’è anche un pericolo che sta vivendo il settore, legato alla crisi economica ma anche all’esportazione di palme adulte e a una malattia causata dal punteruolo rosso, un parassita di origine asiatica che le sta mettendo in grave pericolo. La stessa tradizione dell’intreccio è tuttavia molto frequente anche al sud e nelle isole, in particolare in Sardegna dove la palma intrecciata, detta “sa pramma pintada”, nasceva nell’ambito dei conventi medievali.
La loro è un’abilità artigianale molto speciale che ha a che fare anche con figure dei riti della Passione e della settimana Santa, come il simbolo cristiano del pesce, la Croce o la pigna che simboleggia la tunica di Gesù che i soldati tirarono a sorte ai piedi della croce, o infine la spiga che allude al pane spezzato dell’ultima cena. Nella tradizione sarda, però, c’è anche un valore “spirituale” delle palme benedette, che “acquistano la virtù di difendere la persona e le cose dalle insidie del demonio”, come riporta Famiglia Cristiana.
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“Da qui la pratica di porre la palma intrecciata in luogo predestinato della casa; la tradizione di regalare il manufatto intrecciato come buon auspicio di pace o contro mali fisici e interiori e a Santa Giusta il popolare posizionamento della treccia di palma a protezione dei fassonis (antiche imbarcazioni da pesca costruite con le canne ndr.)”, spiega il settimanale cattolico. Per questa ragione, al fine di non violarne la sacralità, si evita che le palme intrecciate in quanto benedette vengano gettate, ma al contrario, come tradizione vuole, vengono bruciate. Talvolta conservate come Ceneri per la Quaresima dell’anno successivo.