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Ecco la ragione per cui Vescovi e Cardinali sono chiamati “Eccellenze” ed “Eminenze”

Una curiosità che talvolta i fedeli, ma anche chi è lontano dalla Chiesa, si pone riguardo al titolo che si usa per i vescovi e cardinali, vale a dire quelli di “eccellenza” e “eminenza”. 

Ci si chiede se forse non sarebbe più adatto alla Parola evangelica, e anche più vicino al sentire delle persone, utilizzare termini più morbidi e accoglienti. Tuttavia ci sono ragioni ben precise che portano all’utilizzo di questi aggettivi.

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La domanda se la saranno infatti posta in tanti, almeno uno volta nella vita. Perciò è bene approfondire l’argomento al fine di spiegare l’origine storica di questi titoli e soprattutto come usarli, per non incappare in confusione quando ci troviamo di fronte a un vescovo o a un cardinale.

La domanda che tutti si sono fatti almeno una volta

Può infatti capitare di chiedersi perché nella Chiesa i cardinali e i vescovi, che più degli altri sono chiamati a servire, vengono nominati come eminenza ed eccellenza, mentre li si potrebbe semplicemente chiamare, ad esempio, padre o fratello. Termini che suonerebbero come più evangelici, e anche più vicini alla gente.

La risposta ha a che fare senza dubbio con la tradizione, o con la distinzione dovuta alla carica istituzionali o di rango ricoperta dal religioso stesso. Un po’ come avviene in ogni istituzioni, ad esempio militare o politica. Non a caso, il titolo viene utilizzato anche nei cerimoniali diplomatici riguardanti ambasciatori, consoli, ma anche capi di Stato o ministri.

Nella Chiesa, il titolo di eccellenza è riservato a vescovi e arcivescovi. A stabilirlo è la Sacra Congregazione del Cerimoniale, con il decreto Sanctissimus del 31 dicembre 1930. Ai cardinali della Chiesa cattolica è invece dato il nome di “eminenza”, che sostituisce il precedente “signoria illustrissima”. In alcuni casi ancora oggi, anche se di rado, vengono chiamati “principi della Chiesa” o “eminentissimi principi”.

I diversi titoli nella Chiesa e l’uso analogo di altre fedi

Un titolo che permette al Papa di distinguere i membri del Sacro Collegio da ogni altro gruppo gerarchico nella società e nella Chiesa. D’altronde, se il Pontefice è Re dello Stato vaticano, i cardinali sono suoi diretti inferiori, quindi principi.

Titoli analoghi, ma diversi, vengono usati nella Chiesa orientale, sia cattolica che ortodossa, dove al Patriarca spetta il titolo di “sua beatitudine”. Che invece non spetta ai patriarchi di rito latino di Venezia, Lisbona e Indie orientali, che al contrario sono riconosciuti nello stesso modo degli arcivescovi.

Per quanto riguarda invece il titolo di “sua santità”, questo è attribuito al Romano Pontefice, ma anche ai capi di altre religioni, tra cui il buddismo o lo shintoismo. In ambito cattolico, tuttavia, la Sacra Congregazione del Cerimoniale, istituita da Papa Sisto V nel 1587 per sovrintendere al decoro del cerimoniale dei cardinali della corte pontificia, fu soppressa da Papa Paolo VI il 29 giugno 1967.

La decisione di Paolo VI in seguito al Concilio Vaticano II

Una decisione, quella di Papa Montini, che segnò il cambiamento significativo introdotto con il Concilio Vaticano II, che puntava a salvaguardare il contenuto essenziale del cerimoniale abbandonando tuttavia ciò che si ritenesse fosse superfluo, oppure ormai caduto in disuso. Oggi le competenze della Congregazione del cerimoniale sono sostanzialmente in capo alla Prefettura della Casa pontificia.

Titoli come eminenza o eccellenza, tuttavia, richiamano alla specifica dignità di cui sono investiti i rispettivi portatori. Si tratta quindi di termini difficilmente superflui, che non sono affatto orpelli da superare ma cariche che descrivono l’importanza del ruolo ricoperto, di cui la persona che lo riveste deve essere necessariamente degna.

Come peraltro sancito dal Codice di Diritto Canonico, ad esempio quando si spiega che neppure il cardinale può rinunciare al suo ruolo senza il consenso del Romano Pontefice. Non a caso la “porpora” che indossano è di colore rosso porpora, come il sangue, ad indicare che il servizio e la fedeltà che devono al Papa è fino al dono della vita.

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Insomma, la dignità del ruolo di chi offre la sua vita per la Chiesa non riguarda solo un titolo, una mera parola che si usa per descrivere una funzione, ma al senso stesso della missione che si ricopre. Che ci permette, infine, di riconoscere e di nominare gli stessi incaricati, vescovi o cardinali, eccellenze ed eminenze, proprio come fratelli e padri in Cristo.

Giovanni Bernardi

Scritto da
Giovanni Bernardi

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