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Ecco perchè non si dovrebbe prendere la comunione nelle mani

 

Sono nato nel 1963, sono entrato in seminario nel 1983 e sono stato ordinato sacerdote nel 1990. La mia formazione teologica non è stata assolutamente “conservatrice” o “preconciliare”, ma fin da ragazzo ho sentito istintivamente un senso di disagio nel dare o ricevere la santa Comunione sulla mano. Poche sere fa, con Gianluca Barile, direttore di Petrus, colloquiando, a cena, con il cardinale Arinze, Prefetto della Congregazione della Liturgia, ad una domanda di Gianluca sulla prassi moderna di dare ai laici la comunione sulla mano, il cardinale affermò decisamente che, se lui allora fosse stato nella commissione che doveva decidere, avrebbe votato contro riguardo alla prassi di dare la comunione sulla mano. Attraverso i secoli, insigni teologi e grandi mistici ci hanno insegnato che la Santa Eucarestia è veramente il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità di Gesù Cristo. I Padri del Concilio di Trento definirono il Divino Sacramento con precisione e cura, San Tommaso …

… d’Aquino ci ha insegnato che, al di là della venerazione verso questo Sacramento, toccare ed amministrare il Sacramento spetta solo al sacerdote o al diacono. Per secoli i genitori cattolici, a casa, così come le suore insegnanti, a scuola, le catechiste, in parrocchia, hanno insegnato che era sacrilegio per chiunque toccare l’Ostia Santa, tranne che per il sacerdote od il diacono. Attraversi i secoli i papi, i vescovi, i preti ci hanno insegnato la stessa cosa, non tanto con le parole, ma con l’esempio, specialmente con la celebrazione della Messa secondo il rito di san Pio V, in cui c’era, in ogni gesto che il sacerdote faceva, profondo rispetto per il Divino Sacramento, in quanto vero Corpo di Cristo. Ma l’introduzione della Comunione sulla mano dimostra un’inosservanza di quanto i nostri Padri, lungo i secoli, ci hanno insegnato.

E benché questa pratica sia stata introdotta ed erroneamente presentata come uno sviluppo liturgico autentico, sotto mandato del Concilio Vaticano II, in realtà, la Comunione sulla mano non solo non è uno sviluppo liturgico autentico, ordinato dal Concilio Vaticano II, ma mostra disobbedienza e disprezzo totali nei confronti di secoli di insegnamento e pratica. La Comunione sulla mano fu introdotta sotto un falso ecumenismo, cui è stato consentito di crescere grazie alla debolezza dell’Autorità ecclesiastica, approvata attraverso compromessi e falso senso di tolleranza ed ha portato ad una profonda irriverenza ed indifferenza verso il Santissimo Sacramento, come disposizione liturgica dei nostri giorni. La Comunione sulla mano non è menzionata in nessun documento del Vaticano II, né se ne parlò nei dibattiti conciliari ; in nessuno dei sedici documenti del Concilio è menzionata la Comunione sulla mano.

Prima del Vaticano II non c’è testimonianza storica di vescovi, preti o laici che abbiano richiesto ad alcuno l’introduzione della Comunione sulla mano. Al contrario, chiunque crebbe nella Chiesa preconciliare, ricorderà chiaramente che gli fu insegnato che era sacrilegio per chiunque, tranne che per il prete, toccare l’Ostia Sacra. Lo mette in evidenza l’insegnamento di San Tommaso d’Aquino, nella sua Summa Theologica. Egli spiega: “Dispensare il Corpo di Cristo spetta al sacerdote per tre ragioni: 1°: perché egli consacra nella persona di Cristo. Ma come Cristo consacrò il Suo Corpo nell’Ultima Cena e fu Lui che ne diede agli altri per essere condiviso da loro, così, come la consacrazione del Corpo di Cristo spetta al sacerdote, anche la distribuzione spetta a lui; 2°: perché il prete è l’intermediario stabilito tra Dio e il popolo, quindi spetta a lui offrire i doni del popolo a Dio, così spetta a lui distribuire i doni consacrati al popolo; 3°: perché, al di là del rispetto per questo Sacramento, nulla lo può toccare tranne ciò che è consacrato ; allo stesso modo solo le mani del sacerdote lo possono toccare. Quindi a nessun altro è lecito toccarlo, tranne che per necessità, per esempio se stesse per cadere per terra, o altro, in qualche caso di emergenza” (ST.III, Q 82, Art. 13).

San Tommaso, che nella Chiesa è il principe dei teologi, la cui Summa Theologica fu posta sull’altare vicino alle Scritture, durante il Concilio di Trento, chiaramente insegna che spetta al prete e soltanto a lui toccare e distribuire l’Ostia Sacra, che solo ciò che è consacrato (le mani del sacerdote) deve toccare il Consacrato (l’Ostia Sacra). La Comunione sulla mano certamente fu praticata nella Chiesa antica, ma attenzione gli uomini potevano ricevere l’Eucarestia sulla mano, mentre le donne non potevano riceverLa sulle mani nude e dovevano coprirle con un indumento chiamato domenicale. Nel quarto secolo, San Cirillo di Gerusalemme insegnava ai fedeli che si doveva ricevere il Santissimo Sacramento con il massimo rispetto ed attenzione. Diceva:

“Prendetene considerazione di non smarrirne, poiché, se ne perdereste, subireste una perdita, come se fosse una delle vostre membra. Ditemi, se qualcuno vi desse della polvere d’oro, non la conservereste con ogni possibile cura, assicurandovi di non smarrirne o di subire alcuna perdita ? Allo stesso modo non vorreste essere molto più cauti per assicurarvi che nemmeno una briciola cada da ciò che è più prezioso dell’oro e delle pietre preziose ?”. Appare evidente, da questa affermazione che, nel quarto secolo, quando la nostra Chiesa era in fase di crescita, benché la pratica fosse ammessa, il grande San Cirillo, Padre e Dottore della Chiesa, andava ammonendo i fedeli, affermando che dovevano ricevere il Santissimo Sacramento con la massima riverenza. Con il passare del tempo, man mano che il rispetto ed il discernimento della vera natura del SS. Sacramento, grazie alla guida dello Spirito Santo, crebbe e si perfezionò, la pratica di porre l’Ostia sulla lingua del comunicando divenne sempre più diffusa, così che non ci fosse la più remota possibilità che la più piccola particella cadesse a terra e fosse dissacrata.

La Comunione sulla mano fu condannata come un abuso al Sinodo di Rouen nell’anno 650, così che si può dire con ragionevole certezza che, grazie al desiderio di maggior rispetto e come salvaguardia contro la dissacrazione, era la norma riceverLa sulla lingua.

Don Marcello Stanzione

 

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