Nata in Prussia nel 1891 da una famiglia ebraica, Edith Stein ha dimostrato sin dall’infanzia di avere un’intelligenza vivace ed una capacità deduttivo logica fuori dal comune. Nel corso della sua adolescenza ha abbandonato qualsiasi convinzione religiosa e si è dedicata anima e corpo nella ricerca filosofica della fenomenologia, seguendo gli insegnamenti del filosofo tedesco Edmund Husserl. In quegli anni ha cercato di battersi per un posto nella società della donna cercando di portare l’informazione e la cultura adeguate affinché si giungesse al suffragio universale.
Il suo studio sulla natura umane e sulla condizione della donna l’ha portata a riporre la propria fede nella religione cattolica. Divenuta suor Teresa Benedetta della Croce ha costituito quella che poi chiamo la “Teologia della donna”. Il suo lavoro concettuale poneva le basi sul ragionamento fenomenologico, sulla teologia di San Tommaso d’Aquino e ovviamente sulla Bibbia. Il suo impegno in favore del ruolo attivo della donna nella società divenne pratico a partire dagli inizi degli anni ’30. Edith era convinta che le donne potessero risanare l’evidente frattura creatasi nella società tedesca di quegli anni e arginare il pericolo nazista. Sul finire della Seconda guerra mondiale è stata deportata ad Auschwitz, dov’è morta nel 1942. Giovanni Paolo II, grande estimatore della sua opera teologica l’ha beatificata nel 1998.
Il suo lavoro sulla fenomenologia ha portato alla creazione di un percorso di purificazione della donna che prevedeva come archetipo la Beata Vergine. Il percorso di purificazione era imperniato su 4 pilastri, o caratteristiche tipiche della femminilità, che tendevano tutte alla virtù massima, ovvero l’amore.
La ricettività: una delle caratteristiche tipiche della femminilità è quella di avere una propensione a dare e ricevere amore. Per molti il bisogno di ricevere amore è una debolezza, qualcosa che ha reso vulnerabile la donna, ma secondo la Stein questa ricettività è ciò che rende la donna una persona migliore, la eleva ad uno stato di superiorità e le permette di comprendere meglio il mondo.
La generosità: la teologa riteneva che la differenza naturale tra l’uomo e la donna era sulla percezione del mondo e del proprio corpo; mentre l’uomo vedeva il mondo in modo oggettivo ed il proprio corpo come uno strumento, la donna vede il mondo in maniera soggettiva, più emozionale ed anche ogni parte del suo corpo è attraversata da questo spirito. Questa maggiore attenzione all’io interiore permette alla donna di essere votata all’altra persona e a provare una maggiore empatia, dunque a sviluppare una naturale generosità.
La dignità: la studiosa vedeva la donna in tre macro categorie: la donna sposa, la donna secolare e la donna religiosa. In ognuno di questi tre ruoli la donna ha una predisposizione particolare a a scorgere l’amore in ogni ambito. Questo permette alle donne che si lasciano guidare da Dio di sviluppare dignità in ogni situazione poiché il loro operato è sempre guidato dall’amore.
La maternità: il quarto ed ultimo pilastro della femminilità è il senso di maternità innato che possiede ogni donna. A suo avviso le donne sviluppano questo desiderio sin dalla nascita ed oltre ad essere capaci del gesto più grande di amore che è, appunto, dare la vita sono capaci di trasporre quel sentimento in aiuto per chi soffre o in aiuto nella realizzazione di sogni e progetti. Secondo lei, dunque, l’amore materno insito in ogni donna è lo strumento che conduce alla creazione di tutto.
Luca Scapatello
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