L’ultimo testimone vivente della tragedia immane degli ultimi tempi, che ha visto trucidare valorosi uomini di Dio. Ora la sua persona splende in cielo insieme ai suoi fratelli, lasciando a tutti noi una testimonianza di fede incrollabile nel Vangelo.
Nel mezzo di un dramma di terribili proporzioni, tutti i monaci decisero di rimanere nel Paese per testimoniare l’amore radicale a Cristo e la donazione totale di sé a Lui. Il religioso scampò al dramma per volere del Signore, grazie alla Sua Provvidenza divina.
L’ultimo monaco sopravvissuto al massacro di Tibhirine, fratel Jean-Pierre Schumacher, è venuto a mancare in Marocco. Lì aveva continuato a tenere ben acceso lo spirito della Comunità massacrata anni prima in Algeria in odio alla fede, da parte di un manipolo di miliziani fondamentalisti islamici.
Sale in cielo il testimone di una vicenda di santità
Fratel Jean-Pierre era infatti dentro il monastero di Tibhirine, in Algeria, quando tutti i suoi fratelli, monaci trappisti, vennero uccisi nell’ambito del massacro avvenuto nel 1996. I monaci vennero brutalmente rapiti e poi uccisi dagli islamici.
Sapevano benissimo a cosa sarebbero andati incontro, eppure nel nome dell’amore per Cristo e dell’evangelizzazione dei popoli, nonché della pace tra le culture e le religioni, decisero tutti insieme di rimanere nel Paese. Una testimonianza incredibilmente radicale di donazione totale di sé al Signore, tanto che gli stessi nel 2018 sono stati beatificati a Orano, insieme ad altri dodici martiri d’Algeria uccisi nell’ambito della guerra civile.
La loro vicenda è nota in tutto il mondo anche grazie al film capolavoro francese “Uomini di Dio“, (Des hommes et des dieux) diretto da Xavier Beauvois nel 2010, in cui la loro vicenda viene narrata dei dettagli e in maniera particolarmente fedele alla realtà.
Come persero la vita i monaci trappisti di Tibhirine
I fondamentalisti islamici erano andati a fare loro visita più volte, intimandoli di andarsene dal Paese in contemporanea con lo scoppio della guerra civile, e la discussione tra gli stessi monaci era stata accesa. Alcuni hanno pensato di andarsene, altri invece sono rimasti fermi nella linea della donazione totale di sé a Dio e al popolo algerino, segno potente di testimonianza e martirio cristiano.
Alla fine tutti insieme hanno deciso per questa strada. Nella tragica notte dell’assassinio, i fondamentalisti entrarono nel monastero e rapirono tutti. Fratel Jean-Pierre, il più anziano della comunità, era di servizio in portineria, in un edificio adiacente al monastero, e non venne trovato. In questo modo scampò, quasi involontariamente, al sequestro e di conseguenza all’uccisione.
La sua è stata fino ad oggi una testimonianza incredibile di un uomo, un monaco, rimasto in vita dopo avere assunto la decisione di donare tutto al Signore, in maniera radicale, compresa la sua vita. Dio, con tutta evidenza, lo ha voluto per altri anni sulla terra a fine di testimoniare a tutta l’umanità il senso profondo dell’imitazione di Cristo, riflesso nei suoi occhi e che tutte le persone che lo hanno incontrato hanno potuto serenamente ammirare.
Chi era Padre Jean-Pierre prima del terribile attentato
Padre Jean-Pierre era nato nella Lorena, in Francia, nel 1924, e da giovane stette per sperimentare il fronte di guerra nel fronte russo con l’esercito tedesco. Ne scampò per via di una tubercolosi, che gli permise anche allora di sopravvivere.
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La sua morte lascia un vuoto profondo ma anche una pienezza di amore e di spirito nella consapevolezza che ora la sua persona è in cielo affianco ai fratelli che hanno perso la sua vita a pochi metri da lui. Il loro ricordo è motivo di grande commozione per molti, proprio come accadde quando nel 2018 Papa Francesco lo incontrò durante il suo viaggio in Marocco.
Nel momento in cui il Pontefice baciò la mano dell’anziano monaco, con grande reverenza e trasporto emotivo, si capì che ci si trovava di fronte a una figura di grande santità, con un legame profondo con i monaci beatificati poco tempo prima.
Le parole di Mons. D’Ercole che ha condiviso con lui un tratto di strada
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Monsignor Giovanni D’Ercole, durante il suo recente ritiro spirituale vissuto in seguito alle dimissioni pronunciate dal suo ruolo di vescovo di Ascoli Piceno, proprio nel monastero in cui viveva padre Jean-Pierre, ha avuto modo di conoscerlo di persone e di condividere un piccolo tragitto di strada insieme a lui.
Il religioso lo ricorda così sulla sua pagina facebook con grande commozione, spiegando che da “uomo di fede e di dialogo” lascia a tutti noi “la testimonianza di una fede solida, di una speranza incarnata nella pazienza del dialogo e di un amore che non conosce barriere”.
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“Chi lo ha conosciuto non potrà mai dimenticare la pace del suo volto, serenità che lo ha accompagnato sino all’ultimo momento e la sua morte è stato un vero addormentarsi in Dio”, ha spiegato Mons. D’Ercole. “Dal cielo dove raggiunge i suoi confratelli di Tibhirine veglierà sulla sua comunità che prosegue la missione sua e dei confratelli uccisi in Algeria”. Lo stesso farà con tutti i fedeli, invitati ad accompagnare il suo passaggio alla vita eterna con la preghiera, interpellando la sua figura benevola nelle vite di ciascuno.