Alla domanda se esistono o meno i fantasmi si potrebbe rispondere definendo meglio la parola stessa.
Per “fantasma”, comunemente, si intende l’apparizione di una persona defunta, che torna sulla terra, alla presenza dei vivi, per aiutarli in qualche “impresa” o per riparare, in qualche modo, delle mancanze fatte in vita.
Questo almeno sarebbe la definizione di “fantasma”, secondo la cultura corrente, come insegnano la letteratura e molti film sull’argomento.
Ricordiamo che Mosè apparve a Cristo, nell’episodio della Trasfigurazione, insieme ad Elia. Erano, dunque, Mosè ed Elia due fantasmi, secondo la definizione su citata, che aiutavano una persona viva, Gesù?
Nella parabola di Lazzaro e del ricco Epulone, poi, si racconta che questi, una volta morto, avesse chiesto che qualcuno, dal regno dei morti, si recasse ad avvisare i suoi parenti di correggere la loro condotta, per non incorrere nei suoi stessi castighi.
“Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui.
(…) “Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”.”.
Si capisce bene che la questione è molto delicata e che non si può semplificarla raccontando la comparsa di questo o di quel defunto.
La parapsicologia stessa, che nasce per dimostrare la presenza di esseri extracorporei, specifica che, a volte, ciò che crediamo un fantasma, uno spirito, è una nostra proiezione, un frutto della mente o della suggestione.
Quello che, invece, è importante sottolineare è che noi siamo in comunicazione coi defunti (che potremmo definire, a questo punto, “fantasmi”), ma essi si possono invocare, non evocare.
“Credo (…) la comunione dei santi”, recitiamo nel Credo apostolico.
Si possono invocare, perché intercedano per noi, presso Dio. Evocarli, invece, ossia richiedere che si materializzino davanti a noi, chiama in causa forze occulte, da cui, noi cristiani dobbiamo sempre tenerci alla larga.
Antonella Sanicanti
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