Spesso si sente parlare di esperienze di pre-morte, e molte testimonianze raccontano di essersi sentiti vicini all’incontro con il Signore. Cosa significa?
Alcune persone raccontano di uno stato in cui ci si sente fuori dal mondo ma allo stesso tempo presenti a sé stessi. Altri sostengono di non ricordare nulla di eventuali stati di “morte apparente”, ma allo stesso tempo di trovarsi immersi in una sorta di lungo sonno. Infine c’è chi percepisce chiaramente la sensazione di avere davanti a sé un tunnel, di rivedere davanti ai propri occhi tutta la propria vita, oppure qualcuno sostiene di incontrare i familiari defunti. Ci si chiede, quindi, come sia possibile questa differenza di esperienze, e dove stia la verità.
Esperienze “pre-morte”, cosa c’è di reale?
Il tema ovviamente è anche di quelli che affascinano in maniera radicale, e pongono domande sull’esistenza o meno di Dio, e di una vita oltre l’aldilà. Per trovare una risposta, bisognerebbe prima ragionare su cosa si intenda con l’espressione “pre-morte“. Per qualcuno infatti si intende lo spazio tra la morte apparente di un individuo, ovvero il momento della cessazione del battito cardiaco, e altri invece parlano del momento prima in cui una persona muore.
Dalla morte, infatti, non si può tornare indietro, se non per il miracolo della resurrezione, o per il giudizio universale. Effettivamente, talvolta quando si parla di stato pre-morte si può confondere la propria condizione di sonno, talvolta anche indotto, e quindi di soavità e benessere, con stati trascendenti. I cristiani però sono certi del fatto che, una volta morti, ci si trova davanti al giudizio di Dio.
Cosa dice la Chiesa a proposito delle esperienze pre-morte
Perché è stato il Signore stesso a rendercelo noto per mezzo della Divina Rivelazione. In questa, infatti, si parla del destino eterno di ogni uomo, come accade ad esempio nella parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro. Il primo, appena morto, si trova all’inferno, mentre per il secondo arrivano gli angeli a salvarlo e a portarlo nel seno di Abramo.
Oppure nel caso del momento della morte in Croce del Signore, quando Gesù disse al buon ladrone: “In verità ti dico oggi sarai con me nel Paradiso”. Perciò quando si muore ci si trova davanti al giudizio particolare. “Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male” (2 Cor 5,10), dice San Paolo.
L’aldilà e il Catechismo della Chiesa cattolica
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, dal suo canto, afferma che “la morte pone fine alla vita dell’uomo come tempo aperto all’accoglienza o al rifiuto della grazia divina apparsa in Cristo”. “Il Nuovo Testamento parla del giudizio principalmente nella prospettiva dell’incontro finale con Cristo alla sua seconda venuta, ma afferma anche, a più riprese, l’immediata retribuzione che, dopo la morte, sarà data a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla sua fede”, continua il catechismo, in cui si parla di retribuzione immediata e istantanea.
“La parabola del povero Lazzaro e la parola detta da Cristo in croce al buon ladrone così come altri testi del Nuovo Testamento parlano di una sorte ultima dell’anima che può essere diversa per le une e per le altre” (CCC 1021). Nel quattordicesimo secolo, con la Costituzione Benedictus Deus Papa Benedetto XII mise i cristiani di fronte a una verità molto dura e spesso scomoda.
Il giudizio di Dio dopo l’ingresso nell’aldilà
“Le anime di coloro che muoiono in peccato mortale attuale, subito (mox) dopo la morte discendono nell’inferno dove sono tormentate con supplizi infernali” (DS 1021), scrisse. Su questo, invece, il catechismo afferma che “ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione, o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, oppure si dannerà immediatamente per sempre” (CCC 1022).
Per cui si può serenamente affermare che i racconti di quanti sostengono di vedere l’aldilà non siano in realtà corretti, perché in nessuna di queste occasioni è avvenuta la separazione dell’anima dal corpo. E nessuno si è trovato mai veramente di fronte al Giudizio del Signore.
La risposta del teologo
Tuttavia, il teologo Giorgio Gozzelino spiega ancora meglio che l’unanimità dei racconti delle persone che vivono queste genere di stadi posa tuttavia fare pensare a una sorta di grazia particolare che li accomuna e che si presenta a loro tramite queste esperienze.
“La sensazione generale è che questi soggetti abbiano come gettato uno sguardo sull’aldilà, o perlomeno abbiano visto «la facciata di quel mondo nel quale questa volta non sono potuti entrare»; sì da confermare, per dirla con la nota psichiatra E. Kubler-Ross, «ciò che ci hanno insegnato da duemila anni: esiste una vita oltre la morte»”, scrive il teologo.
Ma “per quanto si siano accostati alla soglia della morte, essi non l’hanno varcata, per cui la loro testimonianza si presta ad illuminare l’ultima fase della vita, dissipando la paura degli stati d’animo angosciosi spesso temuti per quei momenti, ma non serve a garantire un aldilà della morte“.
Giovanni Bernardi
Fonte: Amici Domenicani