Un altro tragico passo dell’Europa verso la cultura della morte. Approvata la legge sull’eutanasia, la Chiesa invita a reagire contro la deriva.
In questo caso è stata la Spagna a compiere il drammatico passo. Dopo Belgio, Lussemburgo e Olanda, il Congresso di Madrid ha infatti approvato la legge che regolamenta l’eutanasia, la rende possibile e gratuita all’interno del sistema sanitario pubblico.
In Portogallo la Corte Costituzionale ha bocciato la legge simile alla spagnola, proposta tre mesi fa. Negli altri Paesi del mondo, solamente Canada e alcuni Stati Usa rendono possibile l’eutanasia, oltre a Colombia e Svizzera dove la pratica è ammessa, ma non regolamentata, e in Nuova Zelanda dove sarà legale da novembre.
Da ora, quindi, tutte le persone che in Spagna, testualmente, soffrono “di una malattia grave e incurabile o di una condizione” in cui dolori “cronici provochino una situazione di incapacità”, potranno chiedere alle istituzioni di rendersi dei veri e propri sicari, per utilizzare un termine forte pronunciato da Papa Francesco parlando dell’aborto.
Secondo i promotori della legge, questa servirà a stabilire il “diritto” dei cittadini spagnoli a domandare “l’aiuto” dei medici per evitare “sofferenze intollerabili”, pur salvaguardando l’obiezione di coscienza da parte dei sanitari. Non bastasse, sarà persino possibile auto-iniettarsi una sostanza letale, piuttosto che riceverla dal personale sanitario.
L’unico schermo per accedere all’eutanasia sarà quello di passare attraverso tre fasi di valutazione da parte di medici estranei al caso e di una Commissione. E lo stesso paziente dovrà confermare quattro volte la propria intenzione nel corso di cinque settimane. Un dato che afferma implicitamente che il paziente che chiederà l’eutanasia dovrà essere capace di intendere e volere.
Al netto dell’esito dei ricorsi annunciati dall’opposizione del partito Vox, la norma entrerà in vigore a metà giugno. La legge è infatti iniziativa del partito socialista, oggi principale forza di governo. Il voto è arrivato da 202 deputati, due gli astenuti, contro i 140 del Partido Popular e la destra di Vox che ha anche messo in guardia dal “turismo di fine vita”.
Dall’altro lato, fermamente contrario Collegio dei Medici di Madrid, che lo hanno spiegato senza mezzi termini: “si va contro l’essenza della medicina”. Ma la principale opposizione arriva dalla Conferenza episcopale spagnola, la cui posizione è estremamente in linea con quella del Vaticano.
“La disperazione dei malati non va sottovalutata, ma ci sono le cure palliative”, affermano i vescovi, reagendo in maniera netta alla tragica decisione. Il segretario generale della Conferenza episcopale del Paese iberico, monsignor Luis Argüello Garcia, vescovo ausiliare di Valladoli, ha commentato spiegando che si tratta di “una brutta notizia”.
“E’ stata scelta la soluzione più semplice: per evitare la sofferenza si causa la morte di coloro che la subiscono, senza considerare che si può porre un valido rimedio ricorrendo alle cure palliative“, dice Argüello Garcia, le cui parole sono state riportate dai media vaticani.
Il religioso ha invitato al contrario a “promuovere una cultura della vita e fare passi concreti per consentire un testamento biologico che permetta ai cittadini spagnoli di esprimere in modo chiaro e determinato il loro desiderio di ricevere cure palliative”.
In sostanza, per il vescovo la legge deve consentire la possibilità di esprimere la volontà chiara di non essere soggetti all’eutanasia, e a non mettere da parte la cultura della vita. Quindi è necessario focalizzarsi sul prendersi cura dei sofferenti, dei malati terminali con tenerezza, vicinanza, misericordia e incoraggiamento. Tenendo cioè viva la speranza in quelle persone, che non avranno così alcuna ragione di rinunciare al dono più grande che il Signore possa fare.
Anche il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, ha commentato l’approvazione della legge. “Alla diffusione di una vera e propria cultura eutanasica, in Europa e nel mondo, si deve rispondere con un approccio culturale diverso”, ha spiegato Paglia. Aggiungendo che “la sofferenza e la disperazione dei malati non vanno ignorate. Ma la soluzione non è anticipare la fine della vita. La soluzione è prendersi cura della sofferenza fisica e psichica”.
La Pontificia Accademia per la Vita infatti da sempre sostiene la necessità di diffondere le cure palliative. O meglio, di una vera cultura palliativa che sappia farsi carico dell’intera persona, in un approccio olistico. e che non sia una sorta di anticamera dell’eutanasia. In sostanza, spiega Paglia, se non si può guarire si possono curare le persone.
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“Non dobbiamo anticipare il lavoro sporco della morte con l’eutanasia. Dobbiamo essere umani, stare accanto a chi soffre, non lasciarlo nelle mani di una disumanizzazione della medicina o nelle mani dell’industria eutanasica”.
L’invito di monsignor Paglia, che al Corriere della Sera ha spiegato di provare “tristezza, e non solo per la “cattolicissima” Spagna”, ma per “una resa che si diffonde nel mondo”. Una resa “al lavoro sporco della morte. Un lavarsi le mani pilatesco, poche righe di una legge fredda”.
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“La soluzione non è anticipare la fine naturale della vita”, ha commentato Paglia. Al contrario, è “una diffusione capillare della cure palliative: togliere il dolore, stare accanto al malato, riscaldarlo con l’amore e l’amicizia. Non lasciare chi soffre nelle mani dell’industria eutanasica. La sfida è essere davvero umani”.
Giovanni Bernardi
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