Eutanasia? In 20 anni mai ricevuta una richiesta

L’oncologa Maria Garassino ha rivelato ad ‘Ansa’ che, nella sua ventennale carriera a contatto con malati terminali, nessuno le ha mai richiesto l’eutanasia.

Eutanasia
(Websource/Archivio)

La dottoressa spiega come le cure palliative, utili ad eliminare i dolori, siano stati sufficienti ad accompagnare degnamente i pazienti sino alla morte.

L’esperienza dell’oncologa sull’eutanasia

In un recente articolo pubblicato sulla rubrica ‘Salute e Benessere’ di ‘Ansa’, è stata riportata un’intervista all’oncologa Maria Garassino. La dottoressa parla in generale del lavoro del medico e di come il costante rapporto con la sofferenza e la morte causi un’enorme stress emotivo. L’oncologa spiega anche come il medico possa fare il possibile per salvare una vita, ma si debba arrendere all’idea che qualche paziente possa non guarire. Avendo a che fare con malati di cancro e malati terminali, purtroppo, la dottoressa Garassino ha dovuto affrontare più volte questa sensazione di impotenza.

Ciò nonostante non le è mai capitato di avere pazienti che desiderassero ricorrere all’eutanasia: “Si parla tanto di eutanasia. Per quanto mi riguarda l’argomento non ha nulla a che vedere con la religione. In oltre 20 anni ho curato migliaia di pazienti con tumore ai polmoni, alcuni si sono salvati, altri si sono persi, ma mai nessuno di loro mi ha chiesto di morire“. Quindi aggiunge: “Sul fine vita ho questa esperienza, con il supporto delle cure palliative e togliendo il dolore ho accompagnato al meglio quelli che non hanno superato la malattia fino al giorno in cui sono morti”.

Dibattito sull’eutanasia  ed il suicidio assistito in Italia

Spesso negli ultimi tempi si è parlato dell’eutanasia come di un diritto necessario per quei pazienti che, in fin di vita e desiderosi di porre fine alle proprie sofferenze (fisiche e psicologiche, decidano che sia giunto il loro momento. Se analizziamo la prospettiva da un punto di vista religioso questo è inconcepibile, poiché il giorno in cui morire viene deciso esclusivamente Dio. Su tale principio si basa la posizione della Chiesa sull’accanimento terapeutico, ovvero su quei trattamenti inutili al fine di salvare una vita, ma frutto del desiderio egoistico di ingannare quanto più possibile la morte.

L’argomento è tornato d’attualità dopo la sentenza della Corte Suprema sul caso Marco Cappato. Bisogna precisare in tal senso che il caso riguardava un suicidio assistito e non l’eutanasia. La differenza tra le due pratiche è legata alla volontà del paziente e al ruolo del medico. Se nel primo caso è il paziente che assume il farmaco nel secondo il medico lo somministra. Di fatto i giudici hanno stabilito che non vi è punibile l’assistenza al suicidio nel caso in cui sussistano determinate condizioni. Al momento la sentenza non è stata ancora depositata, mancano dunque le motivazioni che hanno portato al verdetto.

Le polemiche

Nonostante non vi sia ancora una legge che permetta il suicidio assistito o l’eutanasia in Italia, la sentenza della Corte Suprema ha generato polemiche. Da un lato i medici hanno richiesto che una simile decisione non venga caricata sui dottori e che ci sia spazio per gli obbiettori di coscienza. Dall’altro parte della Chiesa ha tuonato parlando di uno scandalo, poiché una simile sentenza aprirebbe alla cultura di morte di cui Eutanasia e suicidio assistiti farebbero parte.

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Luca Scapatello

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