Ancora una volta il bene della vita viene sacrificato in nome della cultura dello scarto, della morte e contro la vita, che sempre più sta pervadendo l’Europa.
Un cittadino polacco è morto di fame e di sete dopo dodici giorni trascorsi senza essere collegato ai sondini che lo tenevano in vita. Per difendere la sua privacy è noto come RS, in ogni caso la tragedia che si ripete pesa ormai come un macigno sulla coscienza di molti. Un tribunale inglese aveva permesso allo University Hospitals Plymouth Nhs Trust di interrompere il “trattamento medico”, così la mano nera della morte è scesa su di lui, che ora è volato in cielo.
Purtroppo continua in questo modo la lunga lista di cittadini sottoposti a trattamento eutanasico dagli Stati europei, o per meglio dire uccisi, proprio come accadeva all’epoca degli antichi romani, che si dice buttassero i cittadini non erano più funzionali all’impero giù dalla Rupe Tardea. Oggi questa triste direzione che tanti Paesi stanno imboccando Papa Francesco l’ha rinominata “cultura dello scarto”.
Rs è morto dopo settimane di contenzioso fra due paesi che rappresentano due visioni culturali e della vita diametralmente opposte, entrambi situati nel cuore dell’europa. Si parla cioè di quella polacca e quella anglosassone. Così di fronte al dramma di RS ci ha pensato monsignor Stanislaw Gaądecki, presidente della Conferenza episcopale polacca, a replicare in maniera forte e chiara.
“Diciamo coraggiosamente ‘No’ alla barbara civiltà della morte”, è stato il suo appello. A infierire sulla decisione dell’ospedale è stata anche la moglie di Rs, che ha affermato chiaramente che il marito “non avrebbe mai voluto essere un peso se fosse stato gravemente malato”, e che “non avrebbe voluto che i suoi figli lo vedessero nelle sue attuali condizioni” ma “lo ricordassero come una persona abile”.
Di tutta altra intenzione erano invece la madre e le sorelle, nettamente contrarie alla rimozione dell’idratazione e dell’alimentazione. La vicenda, purtroppo, non è nuova ma al contrario rievoca numerosi drammi che sono diventati anche, a loro modi, eventi di interesse collettivo.
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Pensiamo ad esempio a Vincent Lambert, Alfie Evans, Charlie Gard, fino alla più recente storia di Pippa Knight. Prima ancora, in Italia, a Terri Schiavo e Eluana Englaro. Ogni anno si allunga sempre più la lista di tragiche morti procurate dallo Stato, sempre e solo, inaccettabilmente e in maniera del tutto ipocrita, “per il loro bene”. La verità è che si tratta di puro interesse egoistico, testimonianza di una società che ha smarrito la morale e la strada del bene comune, dell’amore per la vita e per il prossimo.
Contro ogni retorica, invece, il professor Jan Talar che aveva avuto modo di visitarlo ha affermato: “Era un uomo, sentiva tutto, vedeva tutto, capiva tutto”. Nel mezzo di tutto il male che gli si stava scagliando contro, Rs aveva “capito la situazione”.
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Il governo polacco gli aveva così concesso lo status diplomatico, sperando e affermando che questo lo avrebbe portato fuori dalla giurisdizione dei tribunali inglesi. In Polonia la clinica Budzik era pronta a riceverlo. Davanti al dramma, invece, Ewa Blaszczyk, la fondatrice della clinica Budzik, ha parlato di “eutanasia passiva sotto la maestà della legge”.
Kaja Godek, nota attivista dei movimenti per la vita, ha scritto: “Sawek è morto, assassinato dagli inglesi in un ospedale che è diventato per lui una prigione senza possibilità di tornare in patria, anche se c’erano un posto, medici e opzioni di trattamento che lo aspettavano”.
Giovanni Bernardi
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