Le parole cariche di commozione di Papa Francesco nell’ambito di una visita storica, che non accadeva dal lontano 1294, tra l’entusiasmo palpabile degli aquilani e il dolore ancora vivo per il dramma subito dalla popolazione.
Il Pontefice ha poi colto l’occasione sia per esprimere vicinanza alla popolazione locale che per lanciare un appello contro i drammi che serpeggiano in tutto il pianeta.
“Prego per le numerose vittime, per i feriti e gli sfollati, e perché sia pronta e generosa la solidarietà internazionale”, è stato il forte appello di Francesco, pronunciato durante l’Angelus, al termine della Messa presieduta nella basilica di Santa Maria in Collemaggio. “Ringrazio le autorità civili per la loro presenza e per lo sforzo organizzativo. Ringrazio di cuore l’arcivescovo e gli altri vescovi, i sacerdoti, le consacrate e i consacrati, le famiglie, il coronvocazione alla Madonna, “affinché ottenga per il mondo intero il perdono e la pace”, ha continuato il Papa, chiedendo preghiere contro la guerra e le catastrofi.
“In questo luogo, che ha patito una dura calamità, voglio assicurare la mia vicinanza alle popolazioni del Pakistan colpite da alluvioni di proporzioni disastrose”, ha continuato il Papa. “Preghiamo per il popolo ucraino e per tutti i popoli che soffrono a causa delle guerre”, ha chiesto Bergoglio: “Il Dio della pace ravvivi nel cuore dei responsabili delle nazioni il senso umano e cristiano di pietà, di misericordia. Maria, Madre di misericordia e Regina della pace, prega per noi!”.
Papa Francesco si trova a L’Aquila per le celebrazioni della “Perdonanza Celestiniana”, evento che si tiene ogni anno all’Aquila dal 1294. La visita di Francesco segna un momento del tutto storico: al termine della celebrazione, subito dopo avere pronunciato l’Angelus, il Papa ha presieduto il rito di apertura della Porta Santa. Si tratta della prima volta nella storia che viene officiato da un Pontefice dopo Celestino V.
Il Papa è arrivato alle 7.50 di questa mattina, atterrato allo Stadio Gran Sasso, da cui si è trasferito in auto a Piazza Duomo, accolto dal card. Giuseppe Petrocchi, arcivescovo Metropolita di L’Aquila, dal presidente della Regione Abruzzo, dal Prefetto e dal Sindaco di L’Aquila. Entrato in Duomo per una visita privata, ha incontrato i familiari delle vittime del terremoto del 6 aprile del 2009, e ha rivolto un saluto ai cittadini, prima della celebrazione della Messa, recita della preghiera dell’Angelus e il rito dell’apertura della Porta Santa nella Basilica di Santa Maria in Collemaggio.
“Che questo tempio sia sempre luogo in cui ci si possa riconciliare, e sperimentare quella Grazia che ci rimette in piedi e ci dà un’altra possibilità. Sia un tempio del perdono, non solo una volta all’anno, ma sempre, tutti i giorni. È così, infatti, che si costruisce la pace, attraverso il perdono ricevuto e donato”, ha detto il Papa nell’omelia della Messa, complimentandosi con la città per mantenere “vivo il dono che proprio Papa Celestino V le ha lasciato”.
“È il privilegio di ricordare a tutti che con la misericordia, e solo con essa, la vita di ogni uomo e di ogni donna può essere vissuta con gioia. Misericordia è l’esperienza di sentirci accolti, rimessi in piedi, rafforzati, guariti, incoraggiati. Essere perdonati è sperimentare qui e ora ciò che più si avvicina alla risurrezione. Il perdono è passare dalla morte alla vita, dall’esperienza dell’angoscia e della colpa a quella della libertà e della gioia”, ha detto Francesco, indicando una strada per il perdono: “Partire dalla propria miseria e partire da lì per arrivare al perdono”.
“Voi avete sofferto molto a causa del terremoto, e come popolo state provando a rialzarvi e a rimettervi in piedi”, ha detto il Papa agli aquilani. “Ma chi ha sofferto deve poter fare tesoro della propria sofferenza, deve comprendere che nel buio sperimentato gli è stato fatto anche il dono di capire il dolore degli altri”. Ed è proprio per questo che gli aquilani vivono un particolare “privilegio”.
“Voi potete custodire il dono della misericordia perché conoscete cosa significa perdere tutto, veder crollare ciò che si è costruito, lasciare ciò che vi era più caro, sentire lo strappo dell’assenza di chi si è amato. Voi potete custodire la misericordia perché avete fatto l’esperienza della miseria”, ha detto Francesco. “Ognuno nella vita, senza per forza vivere un terremoto, può, per così dire, fare esperienza di un terremoto dell’anima, che lo mette in contatto con la propria fragilità, i propri limiti, la propria miseria”, ha continuato.
Spiegando che “in questa esperienza si può perdere tutto, ma si può anche imparare la vera umiltà. In tali circostanze ci si può lasciar incattivire dalla vita, oppure si può imparare la mitezza. Umiltà e mitezza, allora, sono le caratteristiche di chi ha il compito di custodire e testimoniare la misericordia”.
“Troppe volte si pensa di valere in base al posto che si occupa in questo mondo”, ha poi denunciato ancora durante l’omelia, spiegando che al contrario “l’uomo non è il posto che detiene, ma è la libertà di cui è capace e che manifesta pienamente quando occupa l’ultimo posto, o quando gli è riservato un posto sulla Croce”.
“Il cristiano sa che la sua vita non è una carriera alla maniera di questo mondo, ma una carriera alla maniera di Cristo, che dirà di sé stesso di essere venuto per servire e non per essere servito”, ha ammonito il Papa. “Finché non comprenderemo che la rivoluzione del Vangelo sta tutta in questo tipo di libertà, continueremo ad assistere a guerre, violenze e ingiustizie, che altro non sono che il sintomo esterno di una mancanza di libertà interiore”.
“Lì dove non c’è libertà interiore, si fanno strada l’egoismo, l’individualismo, l’interesse, la sopraffazione, e tutte queste miserie”, ha concluso il Pontefice, con un auspicio finale. “Che L’Aquila sia davvero capitale di perdono, di pace e di riconciliazione!”, attraverso “la consapevolezza della propria miseria e la bellezza della misericordia”.
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