In questa ottava puntata del saggio di Flaviano Patrizi “Facciamo vera chiarezza sul caso Gloria Polo”, l’autore, da anni è a stretto contatto con Gloria, coglie l’occasione per farci partecipi di alcuni inediti tratti biografici della Polo. Ricordiamo che il dott. Patrizi procede nel suo saggio commentando porzioni di conclusioni dell’articolo Il caso “Gloria Polo” e, per facilitare la lettura, trascrive prima il brano che via via prende in esame e poi il suo commento.
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La presunzione di grande importanza data a questa presunta rivelazione privata, insieme alla necessità di divulgarla, minacciando anche chi non dovesse seguirla, è del tutto fuori dal senso e significato che la Chiesa dà alle (reali) rivelazioni private, che se pur utili per la vita di fede, vanno ben distinte dall’unica e necessaria Rivelazione ( Il caso “Gloria Polo” ).
Se per caso il Santese e la Daraia, quando scrivono di minacce rivolte a chi non seguisse la rivelazione privata di Gloria, avessero voluto fare riferimento alla frase finale della testimonianza in cui Gloria ripete le parole che Gesù le disse nel mandato della missione, e cioè: «guai a coloro che ascoltandoti non cambieranno, perché saranno giudicati con maggiore severità […]», scrivo subito che la loro accusa si fonda su un fraintendimento delle parole di Gloria. Quelle parole, infatti, come tutti i cattolici ben comprendono, fanno riferimento non tanto all’esperienza di premorte di Gloria, che si può credere o non credere, ma al messaggio teologico di cui lei è portatrice. Messaggio che è conforme al Vangelo, alla Tradizione e al Magistero della Chiesa, i quali ci presentano il vero amore di Dio e del prossimo. Per cui quella frase fa solo presente ai suoi ascoltatori la necessità di prendere sul serio quelle fonti, da cui il suo messaggio prende valore, perché su di esse si baserà il nostro giudizio eterno. Ciò che il Santese e la Daraia scrivono è, quindi, veramente fuori luogo.
Voglio ora però cogliere l’occasione per condividere delle inedite note biografiche di Gloria, costituite da confidenze che Gloria mi ha fatto, dandomi a suo tempo il permesso di scriverle.
Solo chi non conosce personalmente Gloria può pensare che lei nutra «una presunzione di grande importanza» per la sua esperienza e che senta «la necessità di divulgarla». Se fosse stato per lei, nessuno sarebbe venuto a conoscenza della sua vicenda, poiché le risultava umiliantissimo raccontarla, visto che nel farlo non avrebbe potuto tacere il suo peccato, facendo esso parte integrante dell’esperienza da raccontare. Proprio perché voleva tacere, trovò l’escamotage di rivolgersi ad un sacerdote cattolico, che a suo parere, l’avrebbe assecondata nella sua intenzione. Ma il sacerdote la spiazzò, dicendole di obbedire al comando di Gesù e di non avere paura. Così, con timore e tremore, iniziò a raccontare la sua vicenda. I primi estranei alla famiglia a cui Gloria diede la sua testimonianza furono gli appartenenti alla stretta cerchia dei più fedeli pazienti del suo studio dentistico e la sua segretaria. Erano in fondo per lei una seconda famiglia. Non fu però un successo, perché la segretaria, piena di buone intenzioni, riunì i pazienti abituali di Gloria e disse loro: «Vi prego, la dottoressa è un po’ matta, ma è sempre una brava dentista»! La segretaria tentava così di evitare che essi cambiassero dentista e lei perdesse di conseguenza il lavoro. In questo frangente il freddo dovere morale di raccontare la sua esperienza aiutò Gloria a non abbandonare la sua missione prima ancora di iniziarla. Quando, grazie al fatto che già si era un po’ sparsa la voce, iniziarono ad arrivare i primi inviti a testimoniare nelle parrocchie, Gloria per dovere li accettò e con sforzo uscì dall’ambito protetto in cui aveva timidamente mosso i primi passi da testimone. Era però molto impreparata e, siccome aveva compreso letteralmente il comando di Gesù di raccontare la propria esperienza «mille volte mille», sottraeva il numero delle volte che l’aveva raccontata al totale di un milione di ripetizioni. Voleva assolvere rapidamente al dovere e non c’era tempo da perdere! Benedetta semplicità amata da Dio! Credo che Dio Padre l’abbia guardata con commovente amore e infinita tenerezza ― proprio come fa un papà che osserva la propria piccola bambina imitare buffamente gli adulti ―, e abbia detto ai suoi angeli: «Quella è mia figlia. Muove i primi passi». Gloria stava oggettivamente sbagliando, ma sbagliando si impara.
Stando a stretto contatto con Gloria ho percepito distintamente come in lei nel tempo si sia evoluta la comprensione del comando ricevuto da Gesù. Gloria ha inteso che quando Gesù le disse: «Questo che hai visto e udito non lo ripeterai mille volte, ma mille volte mille», non intendeva solo esprimerle il conferimento di un incaricato pesantissimo, ma anche rivelarle ciò che Lui avrebbe operato in lei per permetterle di portare a termine la missione affidatale. Lo comprese quando sentì che l’oppressivo senso del dovere nel compiere l’ordine di Gesù, veniva in lei gradualmente addolcito e nel contempo rafforzato da un nuovo e ardente amore per Gesù e per il suo prossimo, che la pervadeva sempre più. È questo amore che la spinge da oltre vent’anni a ripetere incessantemente la sua testimonianza e che le ha permesso di superare gli innumerevoli ostacoli, stanchezze e incomprensioni frappostisi nel suo cammino.
La vergogna e il dovere hanno dunque lascito il posto all’amore, ma l’oggetto della sua testimonianza, espresso attraverso la sua vicenda autobiografica, è sempre il medesimo: Dio ci ama e ci vuole in paradiso, ma rispetta la nostra libertà e perciò, quando il tempo umano della scelta mutevole avrà ceduto il passo all’eterna definitività dei nostri atti, Egli lascerà che si compiano le conseguenze eterne delle nostre azioni. Qui ed ora, però, fa di tutto per evitarci la dannazione e, da Padre preoccupato per i figli disobbedienti, ci fa giungere anche il suo accorato avvertimento attraverso Gloria e ci dice: «guai a coloro che ascoltandoti non cambieranno perché saranno giudicati con maggiore severità come lo sarai anche tu nel tuo secondo ritorno, i miei unti (i sacerdoti) o chiunque altro, perché non c’è maggior sordo di chi non vuole ascoltare, né peggior cieco di chi non vuole vedere».
Questo è un avvertimento amorevole. È l’occasione per prendere sul serio la nostra vita e il nostro destino eterno e deciderci per il cielo, compiendo le opere di esso meritorie.
Per chi invece va in perdizione e non vuole riconoscere e abbandonare il proprio peccato, quelle parole amorevoli sono percepite come un’odiosa minaccia. La loro percezione non cambia, però, la sostanza del messaggio e l’intenzione di amore che lo anima. Per questi è bene precisare che l’accorato avvertimento che Gesù ci rivolge per mezzo delle labbra di Gloria non è altro che una semplice eco di quelli che Lui già pronunciò con le sue medesime labbra per i suoi figli disobbedienti. Per cui se non si vuole ascoltare quello pronunciato per mezzo di Gloria, si ascoltino almeno quelli pronunciati da Gesù stesso, di cui questo qui sotto è un esempio:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. […]
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi. […]
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri. Serpenti, razza di vipere, come potrete sfuggire alla condanna della Geènna? Perciò ecco, io mando a voi profeti, sapienti e scribi: di questi, alcuni li ucciderete e crocifiggerete, altri li flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città; perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sulla terra, dal sangue di Abele il giusto fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che avete ucciso tra il santuario e l’altare» (Mt 23,13.15.23-35).
Ecco, ripeto, se l’accorato e amorevole appello che Gloria ripete alla fine di ogni sua testimonianza non vi è congeniale, ascoltate almeno questo che trovate nel Vangelo. Sono parole forti per spronare i più resistenti e duri, ma sono sempre parole di amore, finalizzate ad evitare l’inferno a tutti.
Continua […]
– Flaviano Patrizi: https://www.gloriapolo.it/89-
– Gloria Polo: https://www.gloriapolo.it
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