È nota la parola di Gesù: “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete” (Mt 7,15-16).
Nello stesso vangelo secondo san Matteo si legge ancora: “Sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti” (Mt 24,24).
Per falsi profeti s’intendono di solito coloro che seminano errori o, come spiega la Bibbia di Gerusalemme, dottori di menzogna che seducono il popolo con false sembianze di pietà, ma perseguendo fini interessati. Mons. S. Garofalo annota il passo: “I falsi profeti, notissimi dai libri del Vecchio Testamento, sono impostori e trafficanti della parola di Dio per il loro vantaggio”.
La Bibbia di Navarra commenta: “Nella vita della Chiesa la figura di falsi profeti, di cui parla Gesù, è stata intesa dai Santi Padri come riferita agli eretici, i quali si rivestono con abiti esteriori di vita di pietà e di penitenza, ma il loro cuore non possiede i sentimenti di Cristo (san Girolamo, Commentum in Matthaeum, 7). San Giovanni Crisostomo applicava queste parole del Signore a coloro che simulano virtù che non hanno, e con questa finzione ingannano chi non li conosce (cfr. Omelie sul Vangelo di san Matteo, 23).
I falsi profeti si presentano in vesti di pecore, come se appartenessero all’ovile di Cristo, fingono lo zelo per la gloria di Dio, ma cercano la propria gloria e tramano per la rovina delle pecore.
S. Tommaso d’Aquino spiega, con san Giovanni Crisostomo, che i falsi profeti vengono chiamati “lupi rapaci”, perché intendono nuocere agli altri (STh II-II, 172, 4 ad 3). Egli afferma che un profeta viene detto falso quando agisce come strumento del demonio (STh II-II, 172, 5c).
Il testo di Mt 7,15 viene citato nel Catechismo della Chiesa Cattolica a proposito dello scandalo: “Lo scandalo è grave quando a provocarlo sono coloro che, per natura o per funzione, sono tenuti a insegnare e a educare gli altri. Gesù lo rimprovera agli scribi e ai farisei: li paragona a lupi rapaci in veste di pecore” (CCC 2285).
Ma quale è la ragione profonda per la quale essi vengono chiamati falsi profeti e quale è concretamente il loro modo di agire?
1) Profeta non è principalmente colui che predice il futuro, ma colui che parla a nome di Dio, ispirato e incaricato da Lui. Siccome nel Vecchio Testamento i profeti preparavano la venuta di Cristo, essi ovviamente lo predicevano, anche nei suoi particolari. Evidentemente anche nel Nuovo Testamento, Cristo e i suoi, proclamando il regno del Padre (cfr. LG 35), lo indicavano come già presente e insieme futuro (cfr. LG 5).
Ora, proclamare il regno di Dio, ossia la sua grazia consistente nel perdono e nella salvezza futura, comporta l’invito e l’esortazione alla conversione: “dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicendo il vangelo di Dio e diceva: ‘Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al vangelo” (Mt 1,15).
Anche i profeti richiamavano alla fede in Dio, alla purezza dei costumi, denunciando i peccati e minacciando castighi divini. Basti ricordare le figure di Elia pieno di zelo per la purezza della fede nell’unico vero Dio (1Re 18,20-40), quella di Isaia che parla contro la corruzione morale (Is 1-5), quella di Natan che denuncia i peccati di Davide (2Sam 12,1-14), quella di Giona che annuncia i castighi divini alla città di Ninive (Gio 3); non sono che alcuni esempi scelti tra i tanti possibili. Il monoteismo, la moralità e l’attesa della salvezza sono oggetti della predicazione dei profeti, che esortano alla conversione.
Ma appunto per questo i profeti trovavano resistenze e reazioni, fino a dover temere per la propria vita; esempio tipico è quello di Geremia, “oggetto di litigio e di contrasto per tutto il paese” (Ger 15,10), che viene arrestato e giudicato (Ger 26).
2) Specialmente in Geremia emerge la differenza tra i veri e i falsi profeti: questi ultimi non sono stati mandati da Dio e parlano di testa propria; ne nasce un’aspra lotta (vedi Ger 23,9 ss.; 26,7 ss.; 27,9 s.; 28; Ez 13; Mi 3,5 ss.; Zc 13,2 ss.). Tipico dei falsi profeti è il tentativo di lusingare, illudere, tranquillizzare e narcotizzare le coscienze, per piacere agli uomini. Se ne lamenta Dio: “Così dice il Signore degli eserciti: ‘Non ascoltate le parole dei profeti che profetizzano per voi; essi vi fanno credere cose vane, vi annunziano fantasie del loro cuore, non quanto viene dalla bocca del Signore. Essi dicono a coloro che disprezzano la parola del Signore: voi avrete la pace! e a quanti seguono la caparbietà del loro cuore dicono: non vi coglierà sventura” (Ger 23,16-17). “La mia mano sarà sopra i profeti delle false visioni e dai vaticini bugiardi; … poiché ingannano il mio popolo dicendo: pace! e la pace non c’è… ” (Ez 13,9). Così pure, mentre i falsi profeti predicevano il successo al re, il profeta Michea predisse la disfatta (1Re 22,5 ss.).
Già nel libro del Deuteronomio Dio metteva sull’avviso: “Qualora si alzi in mezzo a te un profeta o un sognatore che ti proponga un segno o un prodigio… ed egli ti dica: seguiamo dèi stranieri, che tu non hai mai conosciuti, e rendiamo loro un culto, tu non dovrai ascoltare le parole di quel profeta o di quel sognatore; perché il Signore vostro Dio vi mette alla prova per sapere se amate il Signore vostro Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima” (Dt 13,2-4). I segni che una profezia sia vera o falsa è la sua corrispondenza con la vera fede (Dt 13,2-6) e il suo adempimento (Dt 18,21-22), se cioè questi vi siano o se manchino.
Gesù dice che riconosciamo i falsi profeti dai loro frutti. Dei frutti dello Spirito Santo a differenza delle opere della carne parla san Paolo. Il profeta vero conduce alla fede, al pentimento, alla riconciliazione con Dio, alla bontà, alla fedeltà, al dominio di sé ecc., mentre il profeta falso semina impurità, idolatrie, dissensi, divisioni, fazioni, hairéseis-eresie, ecc. (Gal 5,19-23).
“Ma il frutto più caratteristico del falso profeta è l’impegno volto ad allontanare il popolo di Dio dal magistero della Chiesa, attraverso cui risuona nel mondo la dottrina di Cristo. Il Signore predice altresì la fine di questi truffatori: la perdizione eterna” (La Bibbia di Navarra, l.c.).
3) Insegnamento per noi.
a) La nostra esposizione è stata ridotta al minimo, abbiamo proceduto per cenni. San Giovanni apostolo ci avverte: “Carissimi, non prestate fede a ogni ispirazione, ma mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se vengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono comparsi nel mondo. Da questo potete riconoscere lo spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell’anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo” (1Gv 4,1-3). Oltre all’attualità del tema (cfr. Giovanni Paolo II nell’omelia del 31 dicembre 1993) ne risulta che la profezia autentica deve essere in armonia con gli articoli fondamentali della fede cristiana.
Nell’Apocalisse di san Giovanni viene descritta la fine dei falsi profeti al servizio della bestia, ossia delle forze che, arrogandosi poteri divini, si erigono contro Cristo e la Chiesa (Ap 13,11-17).
b) San Paolo dichiara: “Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!” (Gal 1,10).
Gesù ha proclamato: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande e la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi” (Mt 5,11-12).
Vi è un modo di “compiacere” che è secondo Cristo: “Ciascuno di noi cerchi di compiacere il prossimo nel bene, per edificarlo” (Rm 15,2). “Io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare l’utile mio ma quello di molti perché giungano alla salvezza” (1Cor 10,33).
Sempre tenendo presente, però: “Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti” (Lc 6,26).
c) Siamo popolo profetico di Dio (LG 12), sotto la guida del Magistero della Chiesa (LG 25) i laici partecipano all’ufficio profetico di Cristo (LG 35) per l’evangelizzazione del mondo (ibidem), mediante l’apostolato (ibidem e AA), specie se confermati-cresimati (AA 3). Evangelizzare vuol dire annunciare Cristo per la conversione (cfr. At 2,36).
Una componente della funzione profetica del cristiano è il dovere della correzione fraterna o dell’ammonimento fraterno, di cui parla a più riprese il Nuovo Testamento: “Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo… ” (Mt 18,15). “Se un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli” (Lc 17,3) Un presupposto della salvezza che consiste nel perdono dei peccati è la conoscenza dei peccati e il pentimento. La misericordia divina non significa che Dio chiude gli occhi davanti ai peccati, ma che ce li perdona, se ce ne pentiamo finché siamo in tempo: “Il Signore non ritarda nell’adempiere la sua promessa, come certuni dicono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo dio pentirsi (2Pt 3,9). Ma Gesù ammonisce pure: “Se non vi convertite, perirete tutti” (Lc 13,3.5). La correzione fraterna è una delle opere di misericordia spirituale, ben diversa dal giudicare il prossimo (Mt 7,1 ss.). Invece di giudicare le persone e tollerare il peccato, come spesso facciamo, dobbiamo condannare il peccato, senza condannare le persone (Lc 6,37), perché Dio vuole salvare tutti (1Tm 2,4).
Perciò san Paolo esorta i cristiani: “Cercate ciò che è gradito al Signore, e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente, poiché di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso persino parlare” (Ef 5,10-12). Egli confida che i cristiani siano “capaci di correggere l’un l’altro” (Rm 15,14), ci esorta a correggere gli altri con dolcezza e umiltà (Gal 6,1), di accettare gli ammonimenti di coloro che ci sono preposti nel Signore, come pure di correggere gli indisciplinati (1Ts 5,12.14), di ammonire fraternamente (2Cor 2,7; 2Ts 3,15).
d) Quel che induce al peccato ed è peccato già in sé è il falso rispetto umano, di cui peccò già Adamo (Gn 3,6.12). Non solo non dobbiamo subirlo, ma dobbiamo essere profeti veri che si regolano secondo la parola di san Paolo: “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo (mondo), ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto” (Rm 12,2). Non seguendo i falsi profeti, accomodanti, che tentano di praticare sconti sulla dottrina e la morale di Cristo, per piacere agli uomini, dispiacendo a Dio, dal quale verranno giudicati, al quale dovranno rispondere (cfr. 2Cor 5,10; Rm 14,10-13; Gal 6,4-5), perché “responsabilità” vuol dire questo.
In conclusione: Dio manda i profeti, i quali parlano a nome Suo, denunciando i peccati, perché gli uomini possano rendersene conto e pentirsene e trovare la salvezza in Cristo. Ma alcuni autoinvitati si spacciano per profeti, mentre non lo sono, “pretendendo di essere dottori della legge mentre non capiscono né quello che dicono né alcuna di quelle cose che danno per sicure” (1Tm 1,7).
I falsi profeti addormentano le coscienze, i profeti veri le svegliano. E non si deve neppure tacere; specialmente le sentinelle costituite da Dio devono “suonare la tromba e dare l’allarme” (Es 33,2-3) avvertire della morte spirituale, conseguenza delle iniquità (Ez 33,10-16). Chi blandisce o tace colpevolmente compromette la salvezza eterna altrui.
Il mite san Francesco di Sales ha una parola molto forte: “Faccio eccezione per i nemici dichiarati di Dio e della Chiesa; quelli vanno screditati il più possibile: per esempio, le sette eretiche e scismatiche con i loro capi. È carità gridare al lupo quando si nasconde tra le pecore, non importa dove” (Filotea III 29).
Oggi si abusa della parola “speranza”: è un termine inflazionato e spesso svuotato del suo contenuto proprio, soprannaturale, di virtù teologale, riferentesi a Dio (vedi per esempio Rm 5,5; 8,24); è divenuta una parola “riempitivo”, immanentizzata, orizzontalizzata, storicizzata, non più trascendente, espressione della fede soprannaturale (vedi invece Ebr 11,1), ma una parola pseudoottimistica, ingannevole, anestetizzante, direi quasi “propagandistica”. Se si studia bene l’Apocalisse, vi si constata un regresso nella storia e un progressivo aumento, crescita del male nel mondo (vedi Eduard Schick, L’Apocalisse, Roma, 1973, pp. 93, 99, 113, 114, 120, 126-129, 148-149, 185-186), donde la necessità dell’esortazione alla penitenza (vedi ivi, p. 127; cfr. Lc 13,1-5).
La voce dei falsi profeti spesso sovrasta quella dei veri, come quella di Anania in contrasto con Geremia (Ger 28). Ciò non porta alla conversione (penitenza) e alla salvezza. La gente pretende: “Non fateci profezie sincere, diteci cose piacevoli, profetateci illusioni!” (Is 30,10). Ma Dio avverte: “Non vi traggano in errore i profeti che sono in mezzo a voi e i vostri indovini; non date retta ai sogni che essi sognano. Poiché con inganno parlano come profeti a voi in mio nome; io non li ho inviati. Oracolo del Signore” (Ger 29,8-9). “I tuoi profeti hanno avuto per te visioni di cose vane e insulse, non hanno svelato le tue iniquità per cambiare la tua sorte; ma ti han vaticinato lusinghe, vanità e illusioni” (Lam 2,14). Così avviene anche oggi in certe conferenze, prediche, liturgie che non evangelizzano, cioè non inducono alla conversione-penitenza, ma sono falsamente consolatorie. San Paolo ha scritto: “Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole”. (2Tm 4,3-4). E accenna anche a dei “falsi fratelli” (Gal 2,4).
San Gregorio Magno, commentando i passi biblici sui “cani muti” (Is 56,10), guardiani infedeli (ivi), non difensori (Ez 13,5), scrive dei falsi profeti: “La parola di Dio li rimprovera di vedere cose false, perché, per timore di riprendere le colpe, lusingano i colpevoli con promesse di sicurezza, e non svelano l’iniquità dei peccatori ai quali mai rivolgono una parola di riprensione. Il rimprovero è una chiave. Apre infatti la coscienza a vedere la colpa che spesso è ignorata anche da quello che l’ha commessa. …” (Reg. past. 2,4).
I falsi profeti sono addormentatori di coscienze mediante l’aperturismo e lo pseudoottimismo (“aggiornamento” e “speranza”). Conducono all’indurimento nel peccato e all’impenitenza finale, peccati “irremissibili”, perché contro lo Spirito Santo, contro la grazia di Dio (Mt 12,32); conducono non alla salvezza, ma alla perdizione (Fil 3,19; Mt 7,13).
Il peccato, in quanto contro Dio, non è evidente alla coscienza umana, ma ha bisogno di essere svelato nella sua vera dimensione e gravità: questa è la vera funzione profetica (vedi Is 58,1), come quella di Natan nei riguardi di Davide (2Sam 12,1-14). La nuova (o rinnovata) evangelizzazione non consiste nella sola istruzione (catechetica, questa viene dopo), né in un solo dialogo (vedi Dialogo e annuncio, 19 maggio 1991), ma nel kerygma o annuncio del regno di Dio congiunto all’invito alla penitenza: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1,15, cfr. Mt 4,17). È l’annuncio di Cristo e della salvezza in Lui solo: “Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati” (At 2,38). “In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,12).
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