In un articolo del New York Times si parla della famiglia fluida e della gametogenesi in vitro come del progresso della civiltà.
In risposta a questa apertura al “progresso”, un articolo pubblicato su ‘Radio Maria.it’ sottolinea come si tratti di un attacco alla famiglia tradizionale.
Qualche giorno fa in un articolo del New York Times si leggeva di quello che potrebbe diventare il nuovo concetto di famiglia. Il ragionamento partiva dalle migliorie scientifiche compiute in questi anni in campo di riproduzione medica. Inizialmente c’era solamente fecondazione assistita, e dunque con la possibilità di fecondare una donna grazie alla donazione di sperma. A questa pratica da qualche anno si è aggiunta la maternità surrogata, ovvero la possibilità di fecondare l’ovulo di una donna consenziente ma non appartenente alla coppia. Chiaramente questo discorso si associa all’esistenza di coppie dello stesso sesso ed al fatto che grazie a queste tecniche possono avere dei figli ed una “famiglia allargata”.
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L’ultima frontiera della natalità in laboratorio è la gametogenesi in vitro. Si tratta di un procedimento che permette di creare gameti maschili e femminili (sperma e ovuli) dalle cellule staminali dei genitori, siano essi uomini o donne. In questo modo viene di fatto cancellata la necessità della procreazione naturale e le ovvie barriere naturali. Con questa nuova tecnica le coppie omosessuali potrebbero avere bambini con il proprio corredo genetico senza necessità di ricorrere a terzi. Una possibilità che sul pezzo del Nyt viene vista come la prossima frontiera del progresso ma che ha delle ovvie implicazioni etiche e sociali.
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Una simile ipotesi viene accolta con orrore in un articolo in risposta pubblicato su ‘Radio Maria. it’. In questo, infatti, viene sottolineato che il distacco della natalità dalla procreazione naturale è l’ultimo passo verso la definitiva cancellazione della famiglia tradizonale: “Il ‘politically correct’ è all’attacco della dignità umana e della famiglia naturale, non è una novità“. Ciò che è nuovo è lo schieramento in campo del noto quotidiano americano.
In particolare si sottolinea come la redattrice auspichi che presto si possa consentire la “fabbricazione” di bambini attraverso la gametogenesi in vitro. Una prospettiva che non può non essere vista (in quanto cristiani) come “destabilizazzione della famiglia tradizionale“, poiché porta alla scissione della procreazione uomo-donna dal processo di concepimento. Impossibile non legare ad una simile pratica le derivanti implicazioni etiche e sociali del processo. Una volta eliminato il bisogno del rapporto uomo-donna dalla procreazione, infatti svanisce “anche il nostro bisogno sociale di quella famiglia tradizionale”.
Al momento, in ogni caso, la gametogenesi in vitro è solo una frontiera della riproduzione medica. Ci vorranno anni prima che sia effettivamente efficace con gli esseri umani e che possa essere utilizzata anche solo per curare l’infertilità. L’ipotesi poi che questa venga utilizzata per permette alle coppie omosessuali di avere un figlio con il proprio corredo genetico è un puro volo pindarico. Prima che questo avvenga bisognerà migliorare la tecnica, ottenere permessi legali e superare scogli etici in campo medico.
Luca Scapatello
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