Coronavirus, CEI: in Fase 2 “La Chiesa non sia discriminata”

La Cei ha chiesto attraverso il portavoce Don Ivan Maffeis che il governo non si dimentichi della Chiesa nella fase di riapertura del Paese.

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La Conferenza Episcopale chiede dunque di poter partecipare alla fase di transizione con una riapertura responsabile e rispettosa delle misure sanitarie previste dal governo.

Fase 2 anche per la Chiesa

Da giorni ormai la Cei (Conferenza Episcopale Italiana) si confronta con il governo per capire quale ruolo possa avere la Chiesa in questa imminente “Fase 2”. Il prossimo 4 maggio alcune attività lavorative riapriranno i battenti e verranno allentante anche le restrizioni ai singoli cittadini. Con un piano i cui dettagli verranno esposti dal premier Conte alla nazione; si procederà quindi a delle aperture scaglionate per evitare un eccesso nella circolazione di cittadini.

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Per capirci, se le attività manifatturiere e commerciali (dunque quelle che si occupano della produzione) riapriranno certamente il 4 maggio, per i punti di vendita al dettaglio si dovrà aspettare fino all’11 maggio; quindi per i bar ed i ristoranti altri 7 giorni e così via. In questo piano d’apertura dovranno essere inserite le chiese e le parrocchie. Al momento non ci sono notizie certe a riguardo. Il ministro Lamorgese, però,  ha dichiarato: “Non è umanamente sopportabile impedire le celebrazioni dei funerali alle tantissime famiglie colpite da un lutto. Proporrò al governo, in vista della fase di graduale riapertura, di compiere un passo concreto: dobbiamo poter tornare a celebrare i funerali, seppure alla presenza soltanto degli stretti congiunti, seguendo le modalità che l’Autorità Ecclesiastica riterrà di applicare nel rispetto delle misure di distanziamento fisico dei partecipanti”.

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La Cei invita il governo a non discriminare la Chiesa

Dopo le parole del ministro dell’Interno, il portavoce della Cei Don Ivan Maffeis ha chiesto apertamente al governo di non dimenticarsi delle chiese. Il sacerdote dice: “La Chiesa senza presunzioni non sottovaluta né il pericolo né intende non osservare le norme a tutela della propria e della salute altrui. La Chiesa non è preoccupata solo delle celebrazioni ma vuole tornare a dare il contributo pieno alla comunità”. Se questo non si dovesse verificare, aggiunge: “Sarebbe impossibile sostenere e difendere quello che diventerebbe un abuso da parte dello Stato che peraltro non ho mai respirato”.

Chiarito questo Don Maffeis avanza la propria proposta: “Nel momento in cui il governo allenta le limitazioni, si esige che la Chiesa non sia esclusa dalla possibilità di riprendere gradualmente, e in maniera responsabile, la sua missione pastorale. Siamo noi i primi ad immaginare una fase transitoria, da affrontare in modo responsabile ma è in gioco la missione pastorale della Chiesa. Siamo riconoscenti allo Stato per come sta cercando di tutelare la salute di tutti ma se ora si attenuano le limitazioni, una volta chiarite le regole sulla salute, dipende da noi il da farsi nelle chiese”.

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Luca Scapatello

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