La scuola è un’emergenza primaria del nostro paese, ma le notizie che arrivano in questi giorni non sono per niente rassicuranti.
I dirigenti scolastici infatti, alle prese con il ritorno dopo il coronavirus, sembrano purtroppo nuotare nel caos. Le linee guida indicate dal Comitato tecnico scientifico non sono sufficienti per districare i nodi di un ritorno in classe pieno di incognite e di complicazioni.
La preoccupazione della scuola
Tutto questo provoca non poca preoccupazione, che si unisce alla stanchezza di mesi di cambiamenti repentini e di improvvisazioni che hanno portato a non pochi effetti negativi.
Dispersione scolastica, difficoltà di fare le lezioni online, ora l’incognita esami e il rischio di mancata preparazione degli studenti. A settembre, nel nuovo anno, non si sa ancora che cosa ci si troverà di fronte.
In classe a settembre. Come?
Ad esempio, la scuola primaria. La difficoltà di mettere in atto il distanziamento sociale per i più piccoli è considerevole, come anche il tema dello smembramento delle classi, che talvolta arrivano a 28 bambini. Sarà così molto difficile distanziare i banchi, permettere ingressi e uscite scaglionati.
L’unica certezza che resta è che la scuola è l’unica soluzione per i genitori che dovranno tornare a lavoro, o hanno già ricominciato, e non sanno in alcun modo come gestire i piccoli a casa da soli.
Gli auspici dei dirigenti scolastici
Quello che auspicano molti dirigenti scolastici è un maggior livello di sinergia con la politica locale, risposte comuni e concordate, e una macchina organizzativa che per una volta sia in grado di reggere l’urto e di dare risposte alla complessità dell’immediato. Ma le speranze non sono di certo infinite.
“Il lato positivo di questo periodo è che buona parte delle famiglie ha capito cosa significa avere bambini intorno e lavorarci 4-5 ore al giorno”, spiega un dirigente. “Ma se un bambino entra alle 8 esce alle 11, perché le ore durano 40 minuti, anche quello sarà un problema. Infine, spero che lo Stato con i fondi europei ristrutturi tutti gli edifici scolastici entro il 2021: se negli ultimi 30 anni la politica se ne fosse presa cura, avremmo molti meno problemi”.
Un periodo di “transizione”
Il periodo che ci aspetta sarà quindi un periodo di “transizione”. Che però non corrisponde alla realtà della scuola. Che non è online, tramite gli schermi, o un ambiente da sterilizzare. Ma è confronto, scambio, interazione, compromesso. La scuola è vita, e oggi come oggi, in un mondo frenetico, di caos, lavoro, attività costante, senza la scuola i bambini si spengono, diventano oggetti abbandonati nelle case.
Pensare che la scuola possa esprimersi dietro una schermo è distopia, i piccoli non sono robot da collegare a un dispositivo.
L’impresa di tenere i bambini lontani dai compagni
“Cercheremo di capire come fare a tenere lontano un bambino dal compagno, magari faremo finta che sia un gioco e chiederemo l’aiuto dei genitori”, spiega un’altra preside. Le linee guida del Comitato tecnico scientifico, ammette, lasciano tutta la responsabilità ai genitori.
“Sono sconcertata che si rimandi alla responsabilità dei genitori rispetto allo stato di salute dei bambini: da quello che vedo in giro, sono proprio gli adulti a non rispettare le regole”, spiega. “L’adulto che ha impegno di lavoro se la sentirà di non mandare il figlio a scuola? Controllare 1.200 alunni è impossibile e ricordo che a febbraio scorso ci hanno mandato a scuola i bambini anche con 39 di febbre. Per il resto, mi sono già resa conto che poche classi potranno essere al completo in presenza”.
Docenti lasciati soli e in prima linea
Senza contare poi dell’abbandono dei docenti, che saranno lasciati in trincea da soli a gestire il caos. “Distanziare i bambini? Avremmo bisogno del doppio dell’organico per le turnazioni. Ho già chiesto al Comune di costituire un tavolo tecnico, per capire se ci sono margini per avere altri spazi, o per modulare nuovi servizi alle famiglie, in modo da permettere ai genitori di lavorare“, spiega una terza dirigente.
Altrettanti problemi sono quelli che riguardano le superiori. “In questo periodo è mancata la vicinanza della Provincia, al contrario di quanto fatto dagli Uffici scolastici Provinciale e Regionale”, dice una dirigente di un istituto tecnico.
La politica ragioni sui problemi
“Ora più che mai occorre la politica perché bisogna ragionare insieme sui problemi. Perché non ci forniscono un gruppo di supporto, per esempio per capire il fatto che gli impianti informatici delle scuole sono vecchissimi, che non abbiamo il 4G e che il collegamento non potrà reggere con 35 classi?
Mi preoccupa non avere spazi sufficienti e tutte le incombenze si stanno accumulando. Siamo stanchi di questo superlavoro continuo”.
Giovanni Bernardi
fonte: quotidiano di Sicilia
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