La fecondazione artificiale eterologa, in Italia, è vietata per legge, c’è chi comunque sostiene che essa sia un diritto e pertanto debba essere garantita a tutti i cittadini, siano essi etero o omosessuali. Tale posizione è stata appoggiata dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2015 che costituisce un precedente giuridico sul quale appellarsi nel caso in cui si proceda con la pratica all’estero e si voglia far riconoscere il figlio di una coppia così nato. Non avendo le competenze giuridiche per esprimere con contezza una posizione in favore di una o dell’altra posizione, ci limiteremo in questa sede ad analizzare alcuni aspetti della pratica da un punto di vista meramente etico e psicologico.
Fecondazione artificiale: possono insorgere problemi nella coppia
Per quanto la scelta di ricorrere ad un’inseminazione artificiale possa essere condivisa da entrambi i membri della coppia, nel caso di genitori eterosessuali una simile scelta è spesso spinta dalla necessità, ovvero dall’impossibilità di uno dei due partner di svolgere il proprio ruolo nella procreazione. In tale situazione, prendendo per assunto che sia il padre ad essere sterile, l’accettazione del seme di un altro uomo è una decisione in un certo senso obbligata: questo infatti si sente colpevole nei confronti della compagna poiché non riesce a darle il figlio che tanto avrebbe dovuto ed asseconda il suo senso di maternità (ed in parte anche il suo di paternità) accettando un compromesso che in altre condizioni non avrebbe mai accettato.
Se da un lato, quindi, abbiamo la possibilità di sopperire ad un problema fisico e quella di poter crescere il piccolo sin dai suoi primi giorni di vita, dall’altro c’è una disparità nella coppia. A differenza di un’adozione, infatti, nel caso dell’inseminazione artificiale solo uno dei due genitori accetta il figlio di un’altra persona. Non è escluso, infatti, che una lite o una frizione nella coppia possa portare ad un distacco da parte del padre, il quale non avvertendo come proprio il figlio scarica la colpa e la responsabilità del figlio alla madre. Allo stesso modo, a parti invertite, la donna può decidere di negare il figlio al compagno poiché non è lui il padre del bambino.
Analizzata in questi termini, la scelta dev’essere davvero ponderata. Non è detto, infatti, che si presenti una simile situazione, ma il rischio che il bambino così nato diventi un obolo troppo pesante per la coppia è da contemplare. A soffrire le maggiori ripercussioni di una simile situazione sarebbe poi il figlio, il quale si vedrebbe come causa dei problemi di coppia dei due genitori.
Luca Scapatello