Feroci: senzatetto nel cuore del Papa, non si può morire di freddo a Roma

Morire di freddo a Roma: è il tragico destino che ha già fatto tre vittime tra i senzatetto in questo inverno. L’ultimo, due giorni fa, un clochard trovato morto per gli stenti e il freddo in un parcheggio della capitale. Una situazione drammatica, tante volte denunciata da Papa Francesco, che vede l’impegno di numerosi volontari per fronteggiare l’emergenza. Alessandro Gisotti ne ha parlato con mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma:

R. – La prima considerazione che faccio è questa: in tutta Italia ci sono stati sei morti; tre solo a Roma. Questo ha un significato molto alto e, soprattutto, erano anni che non si verificano questi decessi. Quindi non si può piangere dopo, ma bisogna pensarci prima. Questo è quello che cerchiamo di dire continuamente: non si può affrontare il freddo sempre come un’emergenza correndo dietro a quello che si potrebbe o si deve fare. Bisogna assolutamente mettere in atto un piano preventivo per evitare che succedano queste cose; con il freddo di quest’anno, in questo momento, bisogna pensare al freddo che ci sarà a dicembre 2017, a gennaio e febbraio 2018 e organizzarci, perché se non c’è un’organizzazione che prevede la possibilità di dare la risposta a tante persone – proprio perché la povertà sta aumentando e rimangono in mezzo alla strada – credo che la nostra civiltà sia regredita tantissimo.

D. – Il Vescovo di Roma è particolarmente vicino a questa gente, forse la sente proprio come la gente più vicina. Che cosa rappresenta questo anche per la Caritas della diocesi di Papa Francesco?

R. – Papa Francesco, il nostro Vescovo, ci sottolinea continuamente questo, e noi lo ringraziamo per lo stimolo che ci dà. Mi permetto di dire anche che la sua Chiesa, quindi la Chiesa di Roma, in tutte le sue sfaccettature – Caritas, parrocchie, Comunità di Sant’Egidio e tutte le altre associazioni cristiane cattoliche che lavorano – stanno rispondendo in maniera egregia a quanto il Papa ci dice e credo che proprio le organizzazioni che vanno in giro la notte – e sono tante, tantissime – hanno evitato che invece di tre diventassero molti di più.

D. – Si coglie che il Papa è informato: informato sia sulla situazione di emergenza che su quelli che aiutano chi è nel bisogno. Un Papa dunque molto presente con questa situazione …

R. – Direi che Papa Francesco forse la mattina, quando si sveglia, la prima preghiera che fa è proprio per i poveri e anche per coloro che stanno vicino a questo mondo. È come si dicesse: “Il Signore è lì”, come ci diceva Gesù nel Vangelo: non andava a cercarlo nel Tempio, ma nel povero che ha bisogno. Papa Francesco ci sta dicendo dove bisogna incontrare il Signore lì, dove c’è l’uomo che soffre. Questo ce lo dice continuamente e credo che sia anche lo stimolo, la spinta, la bellezza di quello che ci sta dicendo e sta facendo per noi.

D. – Lei parlava appunto della programmazione già da adesso per l’inverno che addirittura verrà il prossimo anno. Nello stretto adesso, concretamente, che cosa le istituzioni, soprattutto locali, possono fare per aiutare e sostenere quelli che già volontari, la Caritas e tante denominazioni cattoliche stanno cercando di far fronte a questa emergenza?

R. – Una risposta a questa domanda è difficile, perché non si può con un problema così grande improntare un piano in 24 ore. Significa che lo sforzo deve essere ancora maggiore e che ci deve essere veramente una volontà forte e tenace. Io chiederei proprio questa creatività, che è una volontà molto profonda, mettendoci veramente la testa perché se nei prossimi giorni la temperatura ancora cala e diventa insopportabile, poi non possiamo piangere! Allora rimbocchiamoci le maniche, diamoci da fare perché finora non abbiamo fatto a sufficienza. Avremmo dovuto fare molto, molto di più

fonte: radiovaticana

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