Dal tunnel profondo della dipendenza a una nuova vita nel Signore. La potente storia di Frate Antonio, esempio di testimonianza che affascina molti.
Anche il regista Pino Lenti si è accorto di lui, e ha deciso di girare un film sulla sua vita, “Dal nero al marrone”. Ora la sua storia ha ispirato anche un film, presto presentato nelle sale. Oggi Padre Antonio Salinaro presta servizio come aiutante parrocchiale a San Martino Siccomario, vicino a Pavia, diocesi di Vigevano.
Tutti lo riconoscono al primo colpo d’occhio, d’altronde il suo stile si potrebbe dire inconfondibile, fatto di barba lunga e di capelli ricci e gonfi in testa. Nonostante ciò, quello che colpisce a primo impatto è il suo sorriso, quello di un uomo che si era smarrito e che ora si è ritrovato, proprio come il Figliol Prodigo. O meglio, è stato ritrovato dal Padre, per il quale oggi evangelizza tanti giovani che lo ascoltano affascinati
La pace l’ha trovata infatti in questa zona di campagna, e da qui si è originato lo slancio per un nuovo inizio. Antonio ha sofferto fin da piccolo, da quando è nato nel 1969 a Taranto da una ragazza madre. Aveva soli sette anni quando per la prima volta è finito in coma etilico, per avere bevuto più di un litro di liquore, salvato solo da una lavanda gastrica. Da allora la sua vita è sempre stata una fuga, tra i cattivi risultati scolastici, le bocciature, le fughe improvvise e il desiderio, un giorno, di arruolarsi nella Marina.
Le droghe pesanti hanno reso negli anni impossibile questo sogno. L’unico oceano sconfinato che sembrava poter vedere, Antonio, era quello della dipendenza e della sofferenza. Subito, una volta beccato, venne espulso dalle forze armate. Così l’unico mondo che sembrava aprirsi davanti a lui, da quel momento in poi, era quello dello spaccio.
Ma a un certo punto arrivò la risalita. Solo nel bel mezzo di una grave depressione, infatti, dopo che gli sembrava di avere perso tutto, la cartoleria che aveva aperto, la stima della madre in pena per le sue crisi d’astinenza, la dignità dopo i ripetuti pestaggi da parte dei malviventi, Antonio ha trovato la forza di rialzarsi. Innanzitutto, chiedendo aiuto alla madre, la stessa che tante volte aveva maltrattato.
Tutto è avvenuto nel momento dell’ingresso in una chiesa locale. Quella notte Antonio pensava di farla finita, e cominciò a vagare senza meta. Giunse in una chiesa, dove incontra un giovane sacerdote a cui chiede di confessarsi. Questo, piuttosto che scomporsi per il suo aspetto sfatto e trasandato, si siede ad ascoltarlo. Tutto ciò rappresenta già un segno dell’amore di Dio per lui, per la sua persona piuttosto che per i suoi comportamenti, per la sua anima piuttosto che per la sua apparenza.
È bastato quell’incontro perché Antonio uscisse dalla droga. Di colpo, all’improvviso, come un colpo di fulmine che stravolge e rivoluziona tutta la tua vita. Come se lo aspettasse da sempre. Uscì dalla droga senza nessun aiuto da parte di niente e di nessuno, entrò dentro un lungo percorso di ricerca personale e spirituale che sbocciò nell’ingresso tra i francescani.
Tredici anni dopo prese i voti, dopo il diploma che aveva sempre sognato. Ma arrivò anche la laurea in teologia, e poi il master. Ora la sua testimonianza è una luce di speranza per tanti uomini e donne in difficoltà, giovani e non più giovani, persone che credono di non avere più possibilità nella vita.
Fino a che non incontrano la vera Speranza, quella del Signore e del suo amore che mai ci abbandona, e che ci travolge fin giù nel profondo, quando gli si apre il cuore permettendogli di entrare. E permettendo a sé stesso di farne esperienza. Ora, quando don Antonio celebra Messa, la chiesa di Suardi è quasi sempre piene.
“Sento che è doveroso condividere questa esperienza con gli altri, soprattutto con i giovani”, commenta frate Antonio. “Perché tutti sentano che la vita apre sempre nuovi orizzonti. È in questi orizzonti che Dio si manifesta”
Giovanni Bernardi
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