Interpellato sulle polemiche legate al trattamento di fine vita, il premier Giuseppe Conte esprime dubbi e perplessità sul concetto di diritto di morte.
La sentenza della Corte Costituzionale sul caso Cappato ha generato polemiche da parte del’associazione medici e della Cei.
Con le motivazioni della sentenza sul caso Cappato, la Corte Costituzionale ha di fatto ritenuto che non sia punibile chi agevola la morte in caso di malattie irreversibili. Perché tale atto non venga considerato reato, tuttavia, bisogna che concorrano diversi fattori. In primo luogo si deve appurare che la malattia sia irreversibile e causi sofferenze continue di natura fisica o psicologica. In secondo luogo bisogna appurare la libera e informata volontà del paziente e rispettare le norme sul consenso informato; inoltre il paziente dev’essere sottoposto a cure palliative e ad un trattamento di sostegno vitale. Infine su ogni caso bisogna esserci l’avallo del comitato etico territoriale.
A contestare la sentenza è stata la Cei, che ha trovato assurda l’idea che si parli di morte come di un diritto. Per la Conferenza Episcopale italiana, infatti, non si tratta di rispetto della libertà, ma di creazione della cultura di morte. L’associazione medici, ha invece obbiettato che la scelta sulla vita e la morte possa spettare al dottore e rivendicato il diritto all’obiezione di coscienza.
Nel corso di un’intervista pubblica concessa a Ceglie Messapica, il premier Giuseppe Conte si è espresso sul delicato tema fine vita. Il Presidente del Consiglio ha parlato da giurista e cattolico quando ha affermato: “E’ giusto che ci sia un confronto serio in Parlamento sul fine vita. Mentre non ho dubbi che esista un diritto alla vita, perno di tutti i diritti della persona, dico che è da dubitare ci sia un diritto alla morte“. Conte dunque si schiera dalla parte di chi ha dei dubbi sulla sentenza, ma al contempo spiega di non voler influenzare il dibattito in parlamento con la sua opinione. Sarà il parlamento che si esprimerà a riguardo, ma su una cosa non transige: “se si stabilisse un diritto alla morte quantomeno ai medici dovrebbe essere garantito il diritto all’obiezione”.
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Luca Scapatello
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