La decisione della sindaca: a causa del Coronavirus, niente prima comunione ai bimbi che non hanno fatto il tampone. E il parroco è d’accordo.
Ancora una volta la politica, a suo modo, entra in chiesa. Con la scusa delle disposizioni sanitarie. Durante il lockdown infatti si sono viste in più occasioni scene che, in verità, non si sarebbero mai volute vedere. Poliziotti che entrano in chiesa per impedire ai fedeli, ben distanziati e con tutte le precauzioni necessarie, di pregare, di partecipare alla Santa Messa, prendere la Comunione o di restare in adorazione di fronte al Santissimo Sacramento.
Oggi, usciti dalla fase di emergenza, con regole e dati sempre più controversi in relazione alla pandemia da coronavirus, l’annuncio di un primo cittadino. Che dice: se i bambini non si sottoporranno alle mie richieste, non faranno la prima comunione. Dalle decisioni sulle preghiere e la possibilità di partecipare alla Santa Messa, ora si è quindi passati anche ad impedire ai più piccoli di svolgere i riti di iniziazione cristiana.
In questo caso, la decisione è di Elisa Deo, prima cittadina di Galeata, paese di poco più di 2.500 abitanti in provincia di Forlì. “Cari concittadini, Domenica 6 settembre è programmata la comunione, un evento molto importante per la nostra comunità religiosa, che vede inevitabilmente coinvolte molte persone”, scrive il sindaco in questione alla propria comunità.
Che ha spiegato che chi non effettua l’esame non potrà partecipare al rito. Quindi chi non ha fatto il tampone non potrà ricevere il sacramento. Insomma, prima la salute, la cura del corpo, la disposizione sanitaria, l’autorità civile, il controllo di ognuno, secondo regole che a molti risultano dubbie, poi si pensa alla religione.
La testimonianza che oggi, sempre di più, la religione viene vissuta come un fatto accessorio, secondario, una sorta di mero passatempo, orpello di tempi andati. Come per andare a una partita di calcetto o al cinema, anche per la prima comunione, uno dei momenti più importanti della vita di un cristiano, o si sottostà alle regole sanitarie o si è fuori.
“All’interno della nostra comunità, come ben sapete, stiamo vivendo una situazione critica relativamente all’emergenza Covid-19″, spiega il sindaco, che durante l’emergenza si è spesa per fare l’infermiera in Emilia Romagna. “Da circa 10 giorni, quando è stato identificato il primo caso di positività, le persone contagiate sono notevolmente aumentate”, avverte.
“In questo preciso momento i casi notificati sono 7, i quarantenati hanno raggiunto il numero di 26 e siamo in attesa di ricevere l’esito di altri tamponi. Purtroppo il numero dei contagiati potrebbe aumentare considerato che alcune positività riguardano titolari di esercizi pubblici”.
Per questi numeri, il sindaco ha considerato quindi necessario chiedere l’intervento del servizio di Igiene Pubblica Ausl per poter “concedere” ai bimbi di fare la Prima Comunione. “Visto che il tampone sarà su base volontaria, rendo noto, in accordo con il nostro Parroco Don Massimo, che coloro che non effettueranno l’esame, peraltro gratuito, non potranno partecipare al rito, a tutela degli altri bambini”, specifica.
Insomma, sarà pure volontario, ma l’autorità pubblica in questo caso entra di nuovo in chiesa, e decide, in maniera arbitraria, che è lei a poter concedere il “nulla osta” perché i bimbi facciano la prima comunione. Insomma, siamo di fronte a un precedente dopo l’altro, che sta già generando troppi e continui precedenti. Oggi il coronavirus, domani il raffreddore, dopodomani le elezioni, e poi chissà quali colpe l’inquisizione del politicamente corretto potrà inventarsi.
Magari, perché no, se non si sarà in accordo con i criteri sottostanti alla legge Zan in materia di omofobia non si potrà fare la Prima Comunione. Insomma, giorno dopo giorno, stiamo rischiando di finire dentro uno stato ateo e totalitario che non solo non vede di buon occhio la fede, ma ne inibisce la pratica. Decidendo cosa sia giusto e cosa no per i cristiani.
“Spero sia chiaro a tutti che il Covid esiste e che di Covid si muore. Questo virus, inoltre, ci ha dimostrato che non guarda in faccia a nessuno”, scrive la prima cittadina nel post diffuso su Facebook. La preoccupazione riguarda il fatto che un piccolo “focolaio” si è diffuso a Galeata, con sette casi positivi, tra cui un bambino.
Quindi non si vuole mettere in dubbio la legittima preoccupazione del sindaco. Però, di fatto, in chiesa sarebbe il parroco ad avere l’ultima parola. E forse pure la prima. Perché altrimenti, caso dopo caso, assistiamo a un lento scivolamento della fede cristiana sotto il controllo dello Stato. E questo, cara prima cittadina, non va bene. Facciamo attenzione.
Giovanni Bernardi
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