Durante l’omelia in San Pietro per la solennità dell’Epifania, Francesco fa riferimento al suo predecessore, Papa Benedetto XVI e mette il dito in quella che è la piaga della crisi di fede dell’uomo contemporaneo.
A differenza di tanti di noi, “parcheggiati” in una vita comoda, apatica e senza slanci, i Re Magi sono uomini mossi dal “desiderio”. È la loro inquietudine positiva che li spinge a mettere in discussione i loro privilegi e a incamminarsi verso l’ignoto del Messia.
Durante l’omelia dell’Epifania nella basilica di San Pietro, papa Francesco ha attualizzato il viaggio dei Magi, ponendolo a confronto con la spiritualità degli uomini del nostro tempo. Loro stessi, ha detto, si sono sentiti “chiamati a camminare verso Gesù, perché è Lui la stella polare che illumina i cieli della vita e orienta i passi verso la gioia vera”.
Eppure, i Magi “avevano ottimi alibi per non partire”, vista la “sicurezza culturale, sociale ed economica” che detenevano. E invece, “il loro cuore non si lascia intorpidire nella tana dell’apatia, ma è assetato di luce”. Gli occhi dei Magi “non sono rivolti alla terra, ma sono finestre aperte sul cielo”.
Francesco ha citato il suo predecessore Benedetto XVI che, nell’ultima ultima Epifania da papa (6 gennaio 2013), definì i Magi “ricercatori di Dio”, “uomini dal cuore inquieto”, che “non si accontentavano del loro reddito assicurato e della loro posizione sociale”.
La “sana inquietudine” dei Magi, ha proseguito Bergoglio, nasce dal loro “desiderio”. Essi hanno desiderato in quanto hanno tenuto vivo “il fuoco che arde dentro di noi e ci spinge a cercare oltre l’immediato, oltre il visibile”; a “guardare oltre, perché la vita non è ‘tutta qui’, è anche ‘altrove’”.
I desideri sono in grado di “allargare il nostro sguardo” e di “spingere la vita oltre: oltre le barriere dell’abitudine, oltre una vita appiattita sul consumo, oltre una fede ripetitiva e stanca, oltre la paura di metterci in gioco, di impegnarci per gli altri e per il bene”.
L’esempio dei Magi ci spinge a chiederci: “A che punto siamo nel viaggio della fede? Non siamo da troppo tempo bloccati, parcheggiati dentro una religione convenzionale, esteriore, formale, che non scalda più il cuore e non cambia la vita?”.
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“Le nostre parole e i nostri riti – ha aggiunto il Santo Padre – innescano nel cuore della gente il desiderio di muoversi incontro a Dio oppure sono “lingua morta”, che parla solo di sé stessa e a sé stessa?”.
“È triste quando una comunità di credenti non desidera più e, stanca, si trascina nel gestire le cose invece che lasciarsi spiazzare da Gesù, dalla gioia dirompente e scomodante del Vangelo”.
La “crisi della fede” e il “sonno dello Spirito” hanno a che vedere con la “scomparsa del desiderio di Dio”, con “l’abitudine ad accontentarci di vivere alla giornata, senza interrogarci su che cosa Dio vuole da noi”.
Troppo spesso, siamo “ripiegati” sulle “mappe della terra” e ci dimentichiamo di “alzare lo sguardo verso il Cielo”. Una condizione che ritroviamo nella “bulimia di comunità che hanno tutto e spesso non sentono più niente nel cuore”.
L’Epifania è un giorno opportuno per farci domande del tipo: “come va il viaggio della mia fede? […] il mio cuore è ancora animato dal desiderio di Dio? O lascio che l’abitudine e le delusioni lo spengano?”.
Con i Magi andiamo alla “scuola del desiderio”. Chiedendo “dov’è il Bambino”, essi lasciano spazio alle “domande del cuore, della coscienza”. Inoltre, essi “sfidano Erode”, insegnandoci una “fede coraggiosa, profetica”, che sfida “le logiche oscure del potere” e diventa “seme di giustizia e di fraternità in società dove, ancora oggi, tanti Erode seminano morte e fanno strage di poveri e di innocenti, nell’indifferenza di molti”.
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I Magi hanno incontrato Gesù, l’unico che “risana i desideri” dalla “dittatura dei bisogni”. “Il cuore, infatti – ha spiegato il Pontefice – si ammala quando i desideri coincidono solo con i bisogni. Dio, invece, eleva i desideri; li purifica, li guarisce, risanandoli dall’egoismo e aprendoci all’amore per Lui e per i fratelli”.
“Come i magi, alziamo il capo, ascoltiamo il desiderio del cuore, seguiamo la stella che Dio fa splendere sopra di noi. Come cercatori inquieti, restiamo aperti alle sorprese di Dio. Sogniamo, cerchiamo, adoriamo”, ha quindi concluso.
Durante l’Angelus, il Papa ha proseguito la sua riflessione sui Magi, mostrando come essi si abbassino “di fronte all’inaudita logica di Dio” e accolgano il Signore “non come lo immaginavano, ma così com’è, piccolo e povero. La loro prostrazione è il segno di chi mette da parte le proprie idee e fa spazio a Dio”.
Se, al contrario, “al centro di tutto rimaniamo sempre noi con le nostre idee e presumiamo di vantare qualcosa davanti a Dio, non lo incontreremo mai fino in fondo, non arriveremo ad adorarlo”. È necessario abbandonare “le nostre pretese, le vanità, i puntigli, le corse per primeggiare”, “la nostra pretesa di autosufficienza”: soltanto “se ci facciamo piccoli dentro, allora riscopriremo lo stupore di adorare Gesù”.
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