Il Papa durante l’udienza generale, ha ricordato la dimensione più alta della preghiera, da scoprire anche nella difficoltà: la lode a Dio.
La meditazione del Santo Padre trae spunto da “un passaggio critico della vita di Gesù”. Dopo i primi miracoli e il coinvolgimento dei discepoli nell’annuncio del Regno di Dio, Giovanni Battista viene preso da un dubbio e dice: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (Mt 11,3).
Proprio in un momento di “ostilità” nei luoghi dove pure Gesù aveva compiuto “tanti segni prodigiosi”, si verifica un “fatto sorprendente”. Gesù inizia a lodare Dio perché ha nascosto «queste cose ai sapienti e ai dotti» e le ha «rivelate ai piccoli» (Mt 11,25). Sente che “suo Padre è il Dio dell’universo” e percepisce di essere “figlio dell’Altissimo”.
Subito dopo, “Gesù loda il Padre perché predilige i piccoli”. Lui stesso sperimenta che, mentre i “dotti” e i “sapienti” rimangono “sospettosi e chiusi” e “fanno dei calcoli”, “i piccoli si aprono e accolgono il messaggio”. Allo stesso modo, “noi dobbiamo gioire e lodare Dio perché le persone umili e semplici accolgono il Vangelo”. Il Pontefice ha quindi indicato un esempio attuale di questa semplicità nella “gente umile” che partecipa ai “pellegrinaggi”: la loro “umiltà” li porta a “lodare Dio”.
“Nel futuro del mondo e nelle speranze della Chiesa – ha proseguito il Papa – ci sono i piccoli”, ovvero “coloro che non si reputano migliori degli altri”. I “piccoli” sono “consapevoli dei propri limiti e dei propri peccati”, “non vogliono dominare sugli altri” e, “in Dio Padre, si riconoscono tutti fratelli”. È proprio in un “momento di apparente fallimento”, proprio quando avrebbe avuto motivo di “chiedere spiegazioni” che Gesù si mette a pregare “lodando il Padre”. Tutto ciò, “sembra una contraddizione ma è lì la verità”, ha commentato il Papa.
Non è Dio che a bisogno della nostra lode ma, al contrario, “la preghiera di lode serve a noi”, perché “lodando siamo salvati”. In particolare “nei momenti difficili, nei momenti bui, quando il cammino si inerpica in salita”, si svela il “tempo della lode”. Percorrendo quel “sentiero faticoso, quei passaggi impegnativi si arriva a vedere un panorama nuovo, un orizzonte più aperto. Lodare – ha sottolineato Francesco – è come respirare ossigeno puro, ti fa vedere lontano”, senza “rimanere imprigionato nelle difficoltà”.
Un grande esempio di lode nella sofferenza è la composizione del “Cantico di frate sole” o “delle creature” da parte di San Francesco. Il Poverello d’Assisi non lo realizzò “in un momento di gioia, di benessere, ma al contrario in mezzo agli stenti” e in preda alla cecità. Proprio all’apice della “delusione estrema” e della “percezione del proprio fallimento”, Francesco prega: “Laudato si’, mi Signore…”. E loda Dio per tutto il creato, “anche per la morte, che con coraggio riesce a chiamare sorella”.
I santi quindi, “ci dimostrano che si può lodare sempre, nella buona e nella cattiva sorte, perché Dio è l’Amico fedele”, colui che “ci aspetta sempre. Nei momenti difficili, lodare il Signore ci farà sempre bene”, ha quindi concluso il Papa.
Luca Marcolivio
Testo integrale: http://www.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2021/1/13/udienzagenerale.html
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