Spesso, quando ci imbattiamo con qualcuno che non crede in una discussione sulle Sacre Scritture, ci vengono posti gli interrogativi più inquisitori e talvolta astrusi.
Di solito molto distanti dalla fede semplice e umile dei cristiani che amano Gesù in quanto Figlio di un Padre Misericordioso che non ci abbandona mai. Per esempio, uno di questi punti riguarda la “teoria poligenetica”, che afferma che non è possibile che l’uomo, secondo il pensiero scientifico, discenda da un’unica coppia, come invece si legge nella Genesi relativamente ad Adamo ed Eva. Affermando, al contrario, la pluralità delle origini dei vari tipi umani.
Una giovane ha così rivolto questa domanda al quotidiano Toscana Oggi, rivolgendosi a un sacerdote teologo proprio su questo argomento. Nella lettera, scrive che “io credo in Dio senza dubbio”, ma che “non posso credere nella Chiesa Cattolica” proprio per via di questa questione. Si tratterebbe cioè di conciliare la Bibbia con tutte le diverse e moderne teorie scientifiche che si presentano di volta in volta.
“Sono pressoché sicuro che il suo insegnamento sia falso”, “perché il concetto che ha del peccato originale necessita di una coppia originale“, dice la lettera. “Se questa ci fosse stata, sarebbe evidente dal nostro Dna. Noi sappiamo invece che l’uomo discende da un gruppo di alcune migliaia di individui, non c’è mai stata una sola coppia”.
La domanda allora passa anche al vaglio le risposte di affermati teologi, che a suo avviso sarebbero stati smentiti dal Catechismo della Chiesa. “Non è che ci sia molto da costruire sopra: o il poligenismo è accettabile, o il cristianesimo è stato un fraintendimento e un errore”, conclude la lettera. Dicendo: “poiché spero di sbagliarmi in quanto dico: spiegatemi perché, se lo vorrete”.
La risposta a questa questione, secondo cui l’insegnamento cattolico sarebbe falso perché l’umanità non potrebbe discendere da una unica linea generativa, arriva da don Francesco Vermigli, docente di Teologia dogmatica. Che in effetti spiega come ogni tentativo di conciliazione di queste due teorie da parte di teologi moderni e liberali si scontra con le affermazioni di Pio XII nella Humani generis del 1950.
Ma che la “possibile composizione” avvenuta negli ultimi decenni riguarda, tuttavia, “una più corretta comprensione del racconto genesiaco”. “Gen 2-3 non mira tanto a descrivere le origini naturalistiche dell’uomo; esso punta a spiegare nelle origini l’esperienza che l’uomo fa della propria misteriosa tendenza a compiere il male”, spiega don Vermigli. La Genesi spiega “il perché di questa condizione morale“, e “per questo viene detto racconto eziologico”.
Il termine eziologico, usato spesso in ambito medico e scientifico, riguarda appunto la causa di un evento, e in questo caso si riferisce al fatto che la Genesi ci parla di “qualcosa accaduto in un luogo e in un momento indefinibili (CCC 397-401), che spiega la condizione dell’uomo che vive nella storia (CCC 402-406)”.
Per questa ragione, la Scrittura ci parla dell’uomo che vive nella storia. La conciliazione di tutto ciò con la teoria poligenetica riguarda il mantenimento della “radicalità dell’atto primordiale di ribellione a Dio di un singolo uomo; evento unico nella storia del cosmo”.
Il secondo, invece, entra nel merito dell’ipotesi di pensare a questo atto primordiale dell’umanità all’interno di una “poligenerazione“. E riguarda il fatto che “lungo processo di ominizzazione un individuo potrebbe esser infine giunto alla capacità di porre un atto di volontà unico, perché riguardante la chiamata all’alleanza con Dio”.
Atto che sarebbe stato trasmesso ad altri individui in segno di solidarietà umana, “sul modello della personalità corporativa della Scrittura”. In questo caso entra in gioco la figura di Abramo, utile a spiegare il linguaggio biblico che ci riporta, a ritroso, fino alla Genesi.
“Della discendenza di Abramo si dice che sarà benedetta (Gen 22,17) e che egli è padre nella fede (Rm 4,12); anche se tali parole non si applicano solo a coloro che derivano da Abramo direttamente”, approfondisce don Francesco. “Così il peccato primordiale di un uomo ricade su tutti gli uomini, che nell’atto elevatissimo di quel singolo (accogliere o rifiutare l’alleanza con Dio) sono tutti rappresentati; anche se non appartengono alla diretta linea generativa di quell’uomo”.
Una spiegazione tecnica per chi si pone quesiti scientifici importanti ma talvolta astratti, e che comunque non contemplano l’amore di un Dio che si è fatto uomo in Suo figlio Gesù per permettere la Salvezza di tutta l’umanità, immolandosi sulla Croce. A Lui, infatti, bisogna guardare ogni volta che ci poniamo questioni sul mistero dell’amore infinito di Dio per gli uomini.
Certi, con un cuore aperto e non contrito, non avremo alcun dubbio nel trovare la risposta, che si paleserà di fronte a noi illuminandoci il cuore e la mente. E da lì inizierà il cammino cristiano, di una fatta di Santità e Giustizia, nel nome del Signore.
Giovanni Bernardi
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