Di fronte alla sordità delle istituzioni, Giada Giunti ha optato per un gesto forte stamattina, davanti alla Camera dei Deputati.
La donna ha rivendicato il suo diritto di madre a riportarsi a casa il figlio Jacopo. Con i cartelli già esposti in occasione di precedenti flash mob, la signora Giunti si è incatenata per protesta contro le decisioni giudiziarie che la vedono coinvolta.
“Senza mio figlio, non vivo più”
La donna aveva annunciato la sua iniziativa poco prima di Pasqua, lanciando un appello a tutti i genitori che, come lei, si erano visti sottrarre ingiustamente un figlio dai tribunali. “Io senza mio figlio non vivo più, unitevi per dare voce ai nostri figli”, aveva dichiarato a un giornale. Nello specifico, Giada non vede suo figlio Jacopo, oggi quindicenne, da un anno e mezzo.
L’accusa, mai dimostrata, nei suoi confronti è di aver abbandonato un giorno il bambino presso il circolo sportivo dove svolgeva attività agonistica. La signora Giunti è stata poi accusata di avere un atteggiamento “simbiotico” nei confronti del bambino ed è stata anche aggredita fisicamente dal marito.
Come lei stessa ha spiegato, la richiesta di poter riportare a casa il figlio è stata rigettata per la decima volta in un anno “da parte di una Corte d’appello a cui era stata chiesta la ricusazione”.
La prova del crimine
La Giunti ha poi dichiarato che la “prova del crimine” nei confronti di suo figlio è contenuta “nella requisitoria che la sostituta procuratrice della Corte di Cassazione, quella che disse anni fa che i figli non si tolgono nemmeno ai mafiosi, fece a favore dell’accettazione del ricorso di una mamma che ha subito le mie stesse cose: fu accusata di essere una madre simbiotica e il figlio fu trasferito in una casa famiglia nonostante avesse denunciato un padre violento”. Una vicenda perfettamente analoga a quella di Giada Giunti.
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Recentemente la sfortunata mamma romana ha presentato al ministro della Giustizia, Marta Cartabia, e al presidente della Corte d’Appello di Roma, la propria documentazione. “Se esiste in questo Paese giustizia dopo undici anni di violenze e aggressioni, mio figlio deve tornare a casa dalla sua mamma”, ha detto.
La Giunti ha mandato una lettera anche al presidente del Consiglio, Mario Draghi, “per sensibilizzarlo su un fenomeno che avviene nel nostro Paese, quello della sottrazione dei minori”. La missiva è stata co-firmata da numerosi altri genitori che hanno aderito alla protesta.
Diritti di donne e bambini calpestati in tribunale
“Lo Stato dovrebbe tutelare le donne ma soprattutto i figli ma questo non avviene. Nei tribunali – denuncia Giada Giunti – subiamo ancora più violenza di quella per mano di ex mariti o ex compagni violenti. Insieme ai nostri figli siamo catapultati in un sistema infernale, la nostra esistenza è completamente rovinata”.
Depositata questa lettera, la donna chiederà contestualmente un incontro, anche con un “suo funzionario”, per rivendicare la “tutela di minori e donne”, affinché le leggi che li proteggono vengano finalmente applicate.
Il suo caso giudiziario è stato oggetto di interesse da parte di parlamentari di tutti i partiti e schieramenti: alla manifestazione di stamattina, era presente la deputata Stefania Ascari (M5S), mentre varie interrogazioni parlamentari sono state presentate, tra gli altri, dagli onorevoli Fabio Rampelli (FdI) e Veronica Iannone (Gruppo Misto) e dai senatori Lucio Malan (FI) e Valeria Valente (PD).
Luca Marcolivio