Maria era una semplice ragazza ebrea, anche Giuseppe era un uomo ebreo, quindi, Gesù sicuramente nacque in un contesto religioso di quel genere, com’è confermato anche nei Vangeli, in più punti.
E, inevitabilmente, chi nasce da madre ebrea è ritenuto tale dall’ebraismo e senza ombra di dubbio. A confermare questo stato di cose, ci sono alcuni eventi descritti nel Nuovo Testamento, che fanno riferimento a pratiche ebraiche, richiamanti anche il Vecchio Testamento, e che attestano come Gesù, in effetti, sia nato e cresciuto come un qualunque bambino/ragazzo ebreo.
Gesù, appena nato, fu circonciso, prima di tutto; quella della circoncisione era una pratica che, da Abramo in poi, aveva sancito un patto tra il popolo e Dio.
E, sempre secondo le pratiche ebraiche, dopo 30 giorni dalla nascita, Gesù venne portato a Gerusalemme, al Tempio, perché venisse presentato a Dio.
Questo rito significava che (come ritengono gli ebrei) il primogenito maschio di una donna apparteneva a Dio e, pertanto, doveva essere riscattato, per mezzo di offerte e sacrifici.
Il Vecchio Testamento è tutto intessuto del rapporto tra il popolo ebreo e Dio. Solo per citare uno dei tanti episodi, pensiamo e riflettiamo sull’esodo dall’Egitto, guidato da Mosè.
La logica conseguenza di quegli eventi storico/religiosi è che anche nel Nuovo Testamento si continui a parlare di Dio, che incontra il popolo ebraico.
Ad un certo punto, però, l’intervento di Gesù tentò di trasformare quell’ebraismo in rivelazione, ossia nell’annuncio di una nuova era, che manifestava il Figlio/Dio incarnato in un uomo, tramite il quale sarebbe avvenuta la salvezza delle anime: il Messia, atteso dagli ebrei, diveniva umano pur rimanendo divino, parlava del Regno di Dio, prometteva la redenzione delle anime e dei peccatori, veniva crocifisso, ma risuscitava dai morti, dopo aver combattuto il male atavico definitivamente e vinto le tenebre della morte.
Che questa ultima parte non sia stata accettata come verità divina dagli ebrei, di allora come di oggi, non rinnega certo l’origine delle Sacre Scritture e del Cristo Gesù stesso.
Senza quella parte storica, che affonda le radici nell’ebraismo, il cristianesimo non avrebbe ragione di essere, sarebbe una religiosità senza fondamenta.
Quanto allora abbiamo in comune coi nostri fratelli ebrei?
Si parla spesso di ciò che, dal mondo pagano, abbiamo trasformato in segno per le generazioni cristiane, quando invece dovremmo riscoprire e ribadire ciò che gli ebrei ci hanno insegnato, poiché costituisce il legame tra Vecchio e Nuovo Testamento, tra loro e noi, ed è indissolubile, per la stessa origine comune, ossia Dio nostro Signore.
Nell’anno 144 d.C., il Vescovo Marcione aveva pronunciato un’eresia secondo la quale Cristo era incompatibile con il Dio degli ebrei. Il marcionismo riteneva che ci fossero due divinità distinte: il Dio degli Ebrei, protagonista del Vecchio Testamento, e il Dio Padre di Gesù Cristo, il solo da onorare perché, superiore al primo, aveva invitato il Figlio a salvare l’umanità.
Marcione venne considerato eretico e messo a tacere dal Concilio di Nicea.
E, volendoci ampiamente distaccare dalla sua concezione, dovremo ricordarci di ringraziare i fratelli ebrei per aver introdotto la pratica dell’Adorazione, nonché molti inni e preghiere tratte dalla Bibbia e il concetto di predica.
Molti Santi, come Sant’Agostino ad esempio, nel corso della storia, hanno ribadito la natura ebrea di Cristo e l’hanno difesa, in modo da cercare di proteggere, in più circostanze, gli ebrei dalla persecuzione.
Ritornando all’epoca di Cristo, c’è anche da dire che, in quel periodo, gli ebrei erano divisi in diversi gruppi: c’erano i Sadducei, ossia i sacerdoti; i Leviti che svolgevano i rituali e si occupavano delle relazioni con le delegazioni romane; i Farisei che avevano il compito di spiegare al popolo il Testo Sacro; gli Scribi che avevano elaborato la Torah, ossia gli insegnamenti scritti, dettati da Dio e contenuti nei 5 Libri di Mosè (Pentateuco).
Esisteva anche una Torah orale, ossia un insegnamento dato, allo stesso Mosè, nel Deuteronomio. Ma le questioni tra i vari gruppi all’interno del popolo ebraico, in merito anche alla Torah scritta e orale e alle possibili interpretazioni, erano all’ordine del giorno, per cui, in un primo momento, la voce di Gesù, non sembrò inopportuna, fino ad un certo punto almeno.
Al battesimo del Giordano cambiò tutto, poiché, li, la purificazione battesimale di Giovanni Battista (ebreo) fatta su Gesù (ebreo), mostrò la colomba dello Spirito Santo scendere su di lui e ciò che accadde dopo lo sappiamo.
Matteo (3, 16-17) dice: “Gesù, appena fu battezzato, salì fuori dall’acqua; ed ecco i cieli si aprirono ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dai cieli che disse: “Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto”.”.
Gesù confermava, in molte sue parole, quelle contenute nel Vecchio Testamento, aggiungendo che era venuto a compierle, non a modificarle, e per questo venne ritenuto un bestemmiatore.
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