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Miracoli e Testimonianze

“Se Gesù mi ha salvato, vuol dire che a Lui dedicherò la mia esistenza.”

 

 

 

UN GIOVANISSIMO SACERDOTE, DON FILIPPO DIBELLO

 

Nel giorno del Giovedì Santo, in cui tutta la chiesa celebra anche l’anniversario del sacerdozio e dei sacerdoti, raccontiamo la storia di un ragazzo ordinato pochi mesi fa, in un momento storico in cui la crisi delle vocazioni è ampiamente dibattuta e preoccupante.

Ad alzare la media arriva il giovanissimo Don Filippo Dibello,  di soli 25 anni che, col suo racconto vocazionale, invita molti a cercare, con cuore aperto, il personalissimo modo per servire il Signore.

Don Filippo ha da poco celebrato la sua prima messa a Monopoli (Bari) e confida di aver vissuto un periodo molto brutto, qualche anno fa.

Era solo un bambino quando una perfida malattia, che lo portò in coma, gli fece rischiare di perdere la vita. Lo temevano anche i genitori, ma, dopo poco, lui si svegliò e comincio a pregare.

“Ancora non riesco a realizzare, in quei momenti ho sentito forte la presenza del Signore.”.

Da quel giorno non smise mai di confidare in Cristo, fino alla maturazione della sua vera vocazione. “E’ la scelta di un cammino condiviso con Dio” -spiega con molta semplicità, un cammino che non ha smesso di percorrere, perché pensa: Se Gesù mi ha salvato, vuol dire che a Lui dedicherò la mia esistenza.”.

Dopo un’adolescenza comunissima tra i banchi si scuola e le normali esperienze coi coetanei e forse anche una fidanzata, ha definito meglio la sua chiamata, facendo sbocciare quel seme di vocazione alla vita sacerdotale che già da bambino sentiva nel cuore.

Con consapevolezza cristiana, dopo il liceo è arrivato al seminario e poi alla Facoltà teologica.

“Ho indossato l’abito talare, motivato dall’amore per Dio e per gli altri.”.

La testimonianza di Don Filippo Dibello è il segno di una fede coraggiosa, che cresce con lui sin da bambino, che si è radicata nel profondo, sostenuta senza nessun timore, nonostante la giovane età.

Congratulazioni al giovanissimo sacerdote, perché, nel sul cammino pastorale e nel modo di sostenere i fedeli, non perda mai quella freschezza fanciullesca dei giorni in cui Dio lo ha chiamato a diventare sacerdote per sempre.

 

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