La Settimana Santa ha il suo fulcro con la Resurrezione di Gesù. Lui che sulla croce, ha redento i nostri peccati, risorge e sconfigge la morte definitivamente. Un mistero grande davanti al quale ciascuno di noi non può far altro che meditare e pregare.
Le domande che sorgono nella nostra mente sono tante. Ve ne è una in particolare che ha a che fare con un calcolo ben preciso.
Il Triduo Pasquale: tre giorni durante i quali ogni cristiano partecipa ai Riti della Settimana Santa e rivive, pregando, quello che è stato il momento più importante della vita di Gesù. Il giovedi Santo con l’ultima cena e l’istituzione dell’Eucarestia; il venerdi Santo, con la salita al Calvario e la morte in croce, il sabato Santo nel sepolcro e la Domenica di Resurrezione.
Un tempo che sembra breve, ma in realtà è il più intenso di tutto l’anno liturgico. Un fedele, però, ha posto una domanda ad un teologo sulle pagine di Famiglia Cristiana: “Come mai festeggiamo la risurrezione dopo 36 ore dalla morte del Cristo mentre i testi sacri recitano: “Il terzo giorno risuscitò”?
In effetti, se ci facciamo aiutare dalla matematica, dalla morte di Gesù in croce il venerdì Santo, la sua permanenza nel sepolcro il Sabato e la sua resurrezione la domenica, non trascorrono i canonici “tre giorni” come dicono i Vangeli, ma qualcosa in meno.
Il teologo, dalle pagine di Famiglia Cristiana, così risponde: “San Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, afferma che Cristo «è risorto il terzo giorno secondo le Scritture». Questa affermazione ha diversi livelli di significato. Certamente uno cronologico, che corrisponde all’annuncio della risurrezione ricevuto dalle donne «dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana» (Mt 28,1). A testimonianza di ciò ancora oggi i cristiani celebrano la risurrezione di Cristo la domenica, il giorno del Signore […] Da ricordare che per gli antichi il giorno iniziava alla sera. Per questo la celebrazione della risurrezione di Cristo viene celebrata nella Veglia pasquale, nella notte di quello che per noi è il sabato”.
Ma c’è anche un significato simbolico ben preciso, che lo studioso illustra, che indica il terzo giorno come quello della resurrezione: “Nel libro della Genesi si legge: «Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo». Secondo una tradizione rabbinica il terzo giorno è quello in cui la vita viene restituita ai morti, come scrive il profeta Osea: «Il terzo giorno ci farà rialzare e noi vivremo alla sua presenza». L’espressione «il terzo giorno» indica perciò la fede nella risurrezione, compresa la nostra, di cui quella di Cristo è la primizia” – conclude.
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Il numero 3 è un numero fondamentale nella Sacra Scrittura, poiché, come spiega il teologo, è “il simbolo della completezza e della conclusione”. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (sez. seconda, cap.2, articolo 5, par.2, 638) si cita: “La risurrezione di Gesù è la verità culminante della nostra fede in Cristo, creduta e vissuta come verità centrale dalla prima comunità cristiana, trasmessa come fondamentale dalla Tradizione, stabilita dai documenti del Nuovo Testamento, predicata come parte essenziale del mistero pasquale insieme con la croce: “Cristo è risuscitato dai morti. Con la sua morte ha vinto la morte, ai morti ha dato la vita”.
Nel Vangelo di Giovanni (cap.2, 19 – 21), Gesù stesso spiega: “Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo”.
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