Gesù resta nel sepolcro, dalla sera del Venerdì, fino all’alba del giorno dopo la festa del Sabato ebraico, quindi la Domenica di Pasqua.
Quest’anno, a causa dell’emergenza Coronavirus, non riusciremo a recarci in Chiesa per questa ricorrenza. Ricordiamone, a maggior ragione, il profondo significato, come se potessimo partecipare anche fisicamente ad ogni momento.
Nel ricordo degli Ebrei, oggi è il momento in cui Mosè, guidato dal Signore, apre le acque del Mar Rosso, permettendo loro di sfuggire agli egiziani che li stavano inseguendo -dopo averli tenuti schiavi per lunghi anni- e di dirigersi liberi verso una nuova terra.
Per noi cristiani, questo è il momento del passaggio dalla morte alla vita; è la notte di veglia in onore dei Signore, che sta per risorgere dai morti.
Gesù vince la morte e ci libera dalla schiavitù, resa possibile dal peccato.
Veglia pasquale – prima parte: liturgia della luce
La liturgia di questa notte è pregna di significati e simboli.
Comincia al di fuori della Chiesa, dov’è acceso un fuoco. A questo si approssimerà il sacerdote, per benedirlo e accendere il Cero pasquale e dar inizio alla prima parte della celebrazione: la liturgia della luce (lucernario).
Arriva nel mondo la luce, quella di Cristo che vince le tenebre del peccato.
Il sacerdote incide sul Cero la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco: l’Alfa e l’Omega, che simboleggiano l’inizio e la fine del tempo, di cui solo il Signore dispone. Sul Cero, viene anche segnato l’anno in corso, per indicare che è proprio oggi, in questo tempo, che risorge per noi.
Dal Cero, appena si fa ingresso in Chiesa, i fedeli accendono la propria candela.
La Chiesa, così, si illumina progressivamente, contagiando a tutti la nuova luce, e la liturgia prosegue.
Veglia pasquale – parte seconda: liturgia della Parola
La liturgia della Parola, che stanotte consiste in sette letture (ridotte solitamente a quattro) e i salmi relativi (che ricordano l’insegnamento dato, un tempo, ai catecumeni, coloro che da adulti decidevano di ricevere il Battesimo), ripercorre le tappe salienti della storia di salvezza, a partire dalla creazione del mondo.
Segue il Gloria, che annuncia la Risurrezione del Signore, mentre le campane suonano -zittite dal giovedì- nuovamente a festa e si accendono le candele dell’altare.
“Gesù è risorto, è veramente risorto!”, questo il messaggio che gioiosamente comincia a rimbalzare di cuore in cuore, di bocca in bocca. Dopo la terribile sofferenza della crocifissione, dopo la sosta nel sepolcro e la lotta contro satana, la Resurrezione da nuovo sapore alla storia dell’umanità.
Veglia pasquale – parte terza: liturgia battesimale
Ora, è il momento di proclamare la nostra fede e l’adesione al progetto divino, tramite il ricordo del Battesimo, il momento in cui siamo rinati a figli di Dio, liberati dal peccato.
Dopo il Vangelo, infatti, ha inizio la liturgia battesimale, con la benedizione del fonte dell’acqua Santa, utilizzata, appunto, per i Battesimi.
Un tempo, nei primissimi secoli del cristianesimo, questo Sacramento, si somministrava solo durante la notte di Pasqua.
Nel caso non ci fossero dei Battesimi da celebrare, si effettua comunque la procedura, con la lettura della litanie dei Santi, la preghiera delle rinunce a satana e dell’accettazione di Cristo Salvatore del mondo; mentre i fedeli, che intanto avranno riacceso la candela, saranno aspersi di acqua benedetta dal sacerdote.
Veglia pasquale – parte quarta: liturgia eucaristica
Segue, poi, la liturgia eucaristica con la Comunione.
Alla fine della celebrazione, sicuri di esser stati salvati dalla morte eterna e partecipi del Regno che Cristo ha preparato per noi, possiamo cominciare ad annunciarlo a gran voce a tutti coloro che incontreremo, nelle nostre famiglie, tra gli amici, ai malati.
Come si stabilisce il giorno della Santa Pasqua
La Santa Pasqua cade sempre la prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera, secondo quanto stabilito dal Consiglio di Nicea nel 325, quindi varia dal 22 Marzo al 25 Aprile.
Per gli ortodossi, invece, oscilla tra il 4 Aprile e l’8 Maggio, perché utilizzano il calendario Giuliano, a differenza di cattolici e protestanti che utilizziamo quello Gregoriano.
Antonella Sanicanti
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