“Chiediamo che vengano rispettati i popoli indigeni, minacciati nella loro identità e nella loro stessa esistenza”. E’ il tweet che Papa Francesco ha lanciato dal suo account @Pontifex in coincidenza con la Giornata internazionale dedicata alle popolazioni native. E in particolare nel grande Pese latinoamericano che in questi giorni è al centro dell’attenzione per le Olimpiadi di Rio, “Survival International”, movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni, ha lanciato la campagna “Fermiamo il genocidio in Brasile”. Michele Ungolo ha intervistato Alice Farano di “Survival Italia”:
R. – “Survival International” ha lanciato in occasione delle Olimpiadi di Rio 2016 la campagna “Fermiamo il Genocidio in Brasile” per prevenire lo sterminio dei popoli indigeni del Paese e denunciare le gravi violazioni dei diritti umani in atto. È una campagna che ha tre obiettivi urgenti, emblematici di tre situazioni diverse. Il primo obiettivo è quello di porre fine alle violenze e al furto di terra dei Guaraní del Brasile, che sono a rischio genocidio. Gran parte delle loro terre, infatti, sono state derubate per far spazio ad allevamenti di bestiame o a piantagioni di canna da zucchero e soia. La tribù si trova quindi a vivere ai margini delle strade, in accampamenti di fortuna, dove dilagano malnutrizione, malattie e purtroppo anche molte violenze da parte dei sicari al soldo degli allevatori. Per questo, “Survival” chiede al governo del Brasile di intervenire per fermare le violenze e rispettare i diritti territoriali dei Guaraní, demarcando le loro terre. Il secondo obiettivo importante è invece quello di proteggere la terra della tribù incontattata dei Kawahiva: una tribù dell’Amazzonia brasiliana che non ha contatti con il mondo esterno e uno dei popoli più vulnerabili del pianeta. Purtroppo, i Kawahiva vivono in fuga ormai da molti anni perché le loro terre sono state invase dai taglialegna, che stanno abbattendo la foresta a un ritmo vertiginoso. Sono estremamente vulnerabili a malattie e a violenze e quindi rischiano l’estinzione. “Survival” ha già ottenuto, grazie alla presenza dei sostenitori dell’opinione pubblica internazionale, che il ministro della Giustizia firmasse un decreto di demarcazione della terra dei Kawahiva. Tuttavia, il decreto non è stato ancora attuato e spetta ora al Dipartimento brasiliano agli Affari indigeni rendere esecutiva la demarcazione. Fino a quando ciò non accadrà, purtroppo non potremo dire che i Kawahiva sono protetti.
D. – Quali sono le difficoltà maggiori di questi popoli?
R. – Purtroppo, in tutto il mondo i popoli indigeni vengono molto spesso sottoposti a violenza genocida, schiavitù e razzismo nel nome del progresso e della civilizzazione. Ma è un progresso presunto: in realtà, il fine è quello di poterli derubare di terre, risorse e forza lavoro. Sono popoli, in realtà, estremamente contemporanei: hanno stili di vita molto diversi, ma hanno un valore e vanno ad arricchire la diversità umana.
D. – Quindi, possiamo dire che sono dei popoli, delle tribù, che rimangono fedeli a quelle che sono le loro tradizioni e la loro cultura…
R. – Assolutamente. Sono dei popoli che hanno degli stili di vita straordinariamente diversi, ingegnosi, ricchi di conoscenze, tradizioni e visioni del mondo alle quali sono molto legati. Hanno un profondo legame con la loro terra, che hanno vissuto e gestito per millenni, e le prove dimostrano che sanno anche prendersi cura dei loro ambienti meglio di chiunque altro. Una cosa importante da dire, però, è che sono delle società contemporanee esattamente come noi: anche loro, come noi, si sono evoluti e si sono adattati ad un ambiente in continua trasformazione. Non sono quindi affatto delle reliquie di un passato lontano, come delle volte purtroppo si vuole far credere.
D. – Cosa potrebbe bastare per aiutare queste popolazioni così emarginate ed escluse dalla società?
R. – È fondamentale che i popoli indigeni vedano rispettato il loro diritto alla terra. Quando hanno la loro terra, possono prosperare e vivere tranquillamente. Per questo, è importante dire che si può fare qualcosa: si può intervenire per fermare le violazioni dei diritti umani e chiedere il rispetto dei diritti indigeni.
fonte: radiovaticana