Il calcio è sempre stata la sua passione e, nonostante la disabilità fin dalla nascita, riesce a diventare titolare nella Nazionale italiana Amputati del CSI partecipando ai campionati del 2014 in Messico.
Le difficoltà oggettive ci sono sempre state. Sin da piccolo ha dovuto indossare la protesi, scomoda e dolorosa, ha incontrato difficoltà nel fare le piccole cose, ma non si è mai lasciato sopraffare dallo scoraggiamento.
Arturo Mariani, giovane ragazzo, autore di vari libri tra cui uno autobiografico (“Nato così – diario di un giovane calciatore senza una gamba”, Edizioni Croce), è diventato da poco papà della piccola Benedetta.
Soprattutto le difficoltà sono state nel realizzare il suo sogno, cioè quello di giocare a calcio, però è sempre stato sostenuto dalla sua famiglia e dagli amici che lo hanno aiutato ad affrontare gli ostacoli quotidiani in maniera serena affinché lo arricchissero invece che abbatterlo.
Nato senza una gamba
La fede è sempre stata l’elemento fondamentale della sua vita. Se dovesse spiegare che cos’è la fede per lui, potrebbe raccontarci un aneddoto che risale a prima della sua nascita.
“Diceva sempre mia nonna, quando ancora ero in grembo a mia madre, che nella vita avrei fatto grandi cose. Aveva posto subito la sua fiducia in me! Nessuno sapeva ancora che sarei nato senza una gamba, ma mia nonna ebbe molta fede e tanta fiducia in me”.
“La fede è un dono astratto ma diventa concretezza se viene vissuta con fiducia e speranza” racconta Arturo.
L’incontro con la Nazionale italiana amputati e il campionato del 2014 in Messico
L’ha conosciuta grazie ad un gruppo Facebook, amministrato all’epoca, da un bambino di 11 anni, anche lui nato senza una gamba e con il suo stesso sogno del calcio.
Così quel bimbo, radunò tante persone come lui, e grazie al Centro sportivo italiano, che ha cambiato le regole del calcio gli ha permesso a loro con le stampelle di giocare e di realizzare il loro sogno.
“Al Campionato è come se ci fossi stato ieri ed ogni volta che racconto quell’evento ho i brividi dall’emozione!
Racconto sempre due aneddoti che mi sono rimasti nel cuore. Il primo è quando abbiamo fatto l’allenamento di fronte a migliaia di bambini scolareschi, che tifavano per noi.
Il secondo aneddoto è stata l’emozione della prima partita contro il Messico, l’adrenalina era al massimo mi tremava la gamba e la stampella, nel vedere uno stadio pieno di migliaia di persone, venute per vederci giocare in campo” ricorda Arturo.
Un messaggio ai giovani per fare della propria disabilità un punto di forza
“Purtroppo esistono tante situazioni in cui è difficile accettare la propria disabilità. Penso che la cosa più importante sia sorridere, anche quando tutto va male, bisogna sempre sorridere nonostante non si ha sempre la forza e la voglia di farlo.
Solo col sorriso saremo in grado di accorgerci delle cose che abbiamo, tralasciando le cose che ci mancano” conclude Arturo.