Giovane mamma prima di morire: “Voglio andare in paradiso!”

Quando si va incontro alla sofferenza del corpo e dello spirito, si può rispondere in due modi. Il modo in cui ha reagito Laura Lucchi ha stupito e commosso tutti.

La morte di una madre di famiglia a soli 39 anni è qualcosa di umanamente impossibile da accettare. La vera discriminante è il valore che intendiamo dare a quelle che, oggettivamente, sono tragedie incancellabili.

Destino difficile da accettare

Così è stato per Laura Lucchi, morta a Rimini lo scorso 23 novembre. Laura ha lasciato il marito Conor e i figli Matilde, 6 anni, e Caio, 3 anni. Le sue esequie, celebrate il 26 novembre nella parrocchia riminese di San Giuseppe al Porto, sono state straordinariamente partecipate e l’omelia ha impresso una luce straordinaria su questa perdita.

La donna lottava da circa tre anni con un male incurabile: un destino a cui lei stessa ha faticato molto a rassegnarsi. Dio entra anche e soprattutto in situazioni del genere ma lo fa in punta di piedi, con notevole gradualità e, soprattutto, lasciando libere le persone se riconoscerlo o meno.

Per curarsi, Laura era tornata nella sua terra d’origine, la Romagna, che aveva lasciato molti anni prima. In quarta superiore era andata a studiare in Irlanda per un anno. Dopo la maturità in Italia era tornata a Dublino, per laurearsi in lingue. Oltre all’italiano e all’inglese, parlava fluentemente francese e spagnolo.

Quella ruga sparita dal suo viso…

Secondo quanto riferito da un’amica medico, la mattina stessa della dipartita, avvenuta al tramonto, Laura aveva un’espressione di disarmante contentezza: persino la ruga frontale, dovuta ai patimenti della malattia, era sparita. “Non ho mai trovato tanta serenità in circostanze del genere”, ha detto la dottoressa, secondo quanto riferito dal sito Rimini 2.0.

Nella sua infermità, Laura ha avuto la grazia di una famiglia e di una comunità molto presenti. Gli amici di Comunione e Liberazione le avevano donato una reliquia di San Giovanni Paolo II, una di Santa Teresa di Calcutta e una camicia appartenuta a Enzo Piccinini (1951-1999), il medico riminese di cui attualmente è in corso la causa di beatificazione: al momento della morte, Laura indossava proprio quella camicia.

Ai funerali, Giampaolo Lucchi ha raccontato gli ultimi giorni della figlia che gli aveva confidato: “Babbo sto morendo e ho paura! Quando verrà il Signore io mi affido”. Il papà ha risposto a Laura: “Questo tu hai fatto. Ti sei affidata. Ti ho sentita cantare l’altro giorno con la tua bella voce la canzone Tu hai preferito me, ho pianto e ho detto al Signore: “È pronta, Signore vieni a prenderla!”. Pochi giorni dopo, Laura stessa ha detto: Vi do una notizia importante: voglio andare in Paradiso!”.

Superata la rabbia disperata per la sua diagnosi terminale, Laura si è via via lasciata abbandonare alla volontà del Padre: la gratitudine per l’affetto ricevuto e il desiderio struggente dell’abbraccio definitivo di Dio è stato superiore a tutte le croci della malattia. Tutti i giorni c’era qualche amico che provvedeva a portare l’eucaristia a Laura. Quando la morte arriverà mi deve trovare viva!, ha detto quando la fine era ormai prossima.

Ecco quello che veramente conta

L’omelia per le esequie è stata tenuta da don Eugenio Nembrini, sacerdote bergamasco di Comunione e Liberazione, un passato recente da missionario nell’Asia centrale, fratello del noto dantista Franco Nembrini. È stata proprio Laura a desiderare che fosse don Eugenio a celebrare i suoi funerali.

Come posso non essere contento e grato – ha detto don Nembrini – se questa amica ha compiuto il suo destino; la ragione per cui è nata, per cui ha amato un uomo e s’è sposata, per cui ha fatto dei figli. Il dna di Laura come quello di ciascuno di noi è quello di cercare Dio. Cercare il senso della propria vita. Tutto quanto si fa in vita, azioni buone o cattive, è perché siamo figli suoi”.

Nell’ultima fase della malattia, Laura seguiva tutti i giorni la messa che don Eugenio celebra via Zoom per i malati. Un giorno il sacerdote è andato a visitarla. “La vita, breve o lunga che sia, è attesa di un compimento – ha aggiunto il sacerdote –. Questo è il gran regalo che ho ricevuto da Laura e da tutto questo gruppo: tutta la vita è una ricerca di Chi te l’ha donata all’inizio e di Chi continua a donartela ogni giorno e di Chi la compirà”.

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