La storia di Zubair, ragazzo musulmano diventato cattolico, è un segno forte di una testimonianza che smaschera tante falsità.
Zubair Simonson è cresciuto in North Carolina, negli Stati Uniti, ha vissuto anche a New York e il suo percorso spirituale è stato di certo travagliato e complesso, ma oggi lo affronta con grande profondità unita a una ilarità che molto spesso colpisce nel segno. A Zubair, per esempio, tra le varie cose era stato insegnato, da musulmano, che non si sono alcune differenze tra cattolici e protestanti, ma che al contrario tutti sbagliavano perché consideravano Gesù Cristo il Figlio di Dio.
Oppure gli era stato insegnato che non conta il cuore con cui si fanno le “cose”, ma le cose stesse. Un paradosso che non tocca il cuore della realtà e che evade dalla logica di amore che il Dio cristiano ha offerto ai suoi figli fino al sacrificio più grande. Zubair ha vissuto una cerimonia di Battesimo in una Chiesa evangelica indipendente nel giugno 2007, dopo un percorso di ricerca spirituale.
In quel momento, per lui non vi era differenza tra Chiesa era cattolica o protestante. La sua convinzione, presto approfondita, è che bastasse che fosse cristiana. In poco tempo, infatti, ha capito che non tutte le confessioni cristiane sono uguali, tutt’altro. “Alcuni dei miei nuovi amici evangelici non ritenevano neanche i cattolici cristiani, il che per un musulmano può sembrare ridicolo. E questo ha suscitato la mia curiosità”, ha spiegato.
Così ha voluto approfondire quali sono le differenze fondamentali tra cattolicesimo e l’evangelicalismo. “Una delle cose che ho imparato rapidamente a valorizzare nella Chiesa cattolica è stata l’uniformità dei suoi insegnamenti“, ha spiegato. “Sapevo che era per via dell’autorità del Magistero, che molti miei amici evangelici criticavano tanto, perché il Magistero ha preservato fermamente e ha unificato gli insegnamenti. Le denominazioni protestanti non rispondono a questo Magistero altamente strutturato, diretto dal Santo Padre, che è una salvaguardia esclusivamente cattolica. Non a caso, le denominazioni protestanti sono molto più vulnerabili a fratture per questioni politiche contenziose”.
Insomma, in poco tempo, dopo essere diventato cristiano, Zubair ha conosciuto l’importanza per la Chiesa di custodire fedelmente la Verità del Vangelo anche se in netto contrasto con il relativismo del mondo, che si nutre di confusione e contraddizione costante.
“La Chiesa ha una storia di duemila anni in cui ha agito come nostra madre. Il ruolo della Chiesa è insegnare la verità sulla famiglia tradizionale, secondo il modello della Sacra Famiglia, perché non ci sarà mai un’alternativa adeguata. Non è da poco che il Magistero susciti rispetto per la sua coerenza ancora oggi, duemila anni e 266 Papi dopo”, ha quindi spiegato Zubair, che coglie un punto netto che oggi è centrale per la sua fede. Vivere nella Chiesa e con la Chiesa proprio per la certezza che la Verità di quest’ultima non cambia e non può cambiare mai.
“La Chiesa eterna continuerà a fare da qui a mille anni la stessa cosa che faceva mille anni fa. Chi ritiene che sia antiquato ha altre Chiese che si sottomettono a convinzioni attualizzate, ma personalmente ho preferito la Chiesa che rifiuta tenacemente di cambiare, perché la Verità non cambia”.
Oggi Zubair, ex musulmano convertito, è un laico francescano, ha pubblicato diversi libri e articoli che affrontano la dottrina della Chiesa e il suo ruolo come custode della Verità del Vangelo. In uno di questi suoi libri, intitolato “My Name is Lazarus”, pubblicato dall’American Chesterton Society, racconta la storia della sua conversione. Il giovane ha conseguito i suoi studi presso l’Università del Michigan, laureandosi in Scienze Politiche, e oggi è a tutti gli effetti membro professo dell’Ordine Francescano Secolare.
Collabora con vari siti web e importanti testate cattoliche, come The Catholic Gentleman o il National Catholic Register. Tra i tanti articoli scritti, molti suscitano la curiosità del lettore per i toni a tratti ironici e allo stesso tempo per la forza e la chiarezza evangelica delle sue tesi. Come quello in cui racconta la felicità di avere provato, per la prima volta, il bacon.
“Come musulmano mi è stato insegnato a vedere il peccato come una “cosa” che una persona ha fatto, e che le persone sono diventate peccatori peccando“, spiega, sottolineando che il consumo di carne di maiale, come il vino, è espressamente vietato nel Corano. Ma allo stesso tempo si pone domande, divertenti e calzanti, raccontando la sua esperienza. “Se Allah avesse intenzione di interrogarci tutti nel Giorno del Giudizio (un evento che ogni musulmano deve temere), mi sembrava piuttosto inverosimile che mangiare pancetta fosse una delle ragioni principali per cui qualcuno dei miei amici sarebbe stato mandato all’inferno”, racconta.
“L’unica risposta che conoscevo veramente era che il maiale era proibito perché era proibito, e che un servo deve la sua obbedienza ad Allah”. Quando il giovane lasciò l’islam, nel febbraio 2006, spiega che credeva ancora in Dio, nell’agire “decentemente” delle persone ma che allo stesso tempo non aveva “alcun interesse a ricevere una lista di “cosa fare” da qualsiasi religione”. Così visse un periodo di sofferenza emotiva.
“La depressione può fare molto per guidare una persona in luoghi inaspettati. Un anno dopo aver lasciato l’Islam, stavo leggendo i Vangeli per la prima volta. I Vangeli, ovviamente, lasciano molte impressioni su un ex musulmano. Mi ha deliziato, per motivi personali, che le parole più sprezzanti di Cristo fossero spesso riservate agli uomini orgogliosi che osservavano così attentamente un lungo elenco di “cosa fare”. Aveva un senso enorme che qualsiasi elenco valido di “cose” derivasse davvero solo dai due grandi comandamenti”.
Questo perché, spiega, “le parole di Cristo hanno mostrato molta più preoccupazione per il perché che guida i nostri “cosa”. Quali sono i miei comportamenti distruttivi? Si tratta di una domanda che ogni religione si pone. Perché sono così incline a quei comportamenti distruttivi in primo luogo?” Questa è, a suo avviso, “la domanda più che fa riflettere gli insegnamenti di Cristo”.
Insomma, per il giovane la risposta alle sue domande è molto chiara. “Aderire alle regole, pur avendo una scarsa consapevolezza di sé, non renderà una persona santa. Anche se la promessa di far cancellare quella registrazione di tutti i miei peccati durante l’Hajj (il pellegrinaggio tradizionale alla Mecca, ndr) fosse davvero vera, quell’oscurità che amava tanto commettere quei peccati cancellati sarebbe rimasta nel mio cuore al mio ritorno dalla Mecca. Nessuna legislazione, usando la forza della legge per costringere a comportamenti “buoni”, può superare ciò che solo Dio ha il potere di vincere”.
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In tutto ciò, la parte più divertente della sua considerazione riguarda il tema del consumo di “pancetta”. “Il consumo della pancetta, atto visto come malvagio in gran parte del mondo, in realtà non ha nulla a che vedere con il bene e il male che attraversano i nostri cuori, come aveva dichiarato Cristo stesso nel Vangelo di Marco (“Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e va a finire nella fogna? Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore”, Mc 15, 18-19).
Tutto ciò, per Zubair ha a che fare con molto più che una serie di regoli e divieti, ma con l’essenza stessa dell’amore che Dio prova nei confronti dei suoi figli. “La Trinità è, infatti, una visione di Dio molto più completa di quanto non lo sia il rigido monoteismo, ma la mia volontà di imparare è avvenuta gradualmente. Forse i futuri apologeti cristiani, quelli che sperano di piantare i semi della conversione nelle menti dei musulmani, scopriranno che mentre è spesso inutile iniziare cercando di spiegare le differenze teologiche, i semi possono davvero essere piantati facendo appello a curiosità molto più semplici. I semi dell’illuminazione non si troverebbero tanto nelle opere di San Tommaso d’Aquino quanto nella più semplice domanda: Che cos’ha la pancetta che non va?”.
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Le domande del giovane non si fermano però solo all’islam, ma anche alle altre confessioni cristiane. “Essendo cresciuto musulmano, sapevo che c’erano alcune differenze tra la Chiesa cattolica e le confessioni protestanti. La maggior parte delle differenze che conoscevo erano quelle che avevo imparato a scuola, ovviamente non molto”, spiega.
Ma “una delle cose che ho imparato molto presto ad apprezzare della Chiesa cattolica è stata l’uniformità dei suoi insegnamenti. Se un individuo cattolico non era d’accordo con l’insegnamento della Chiesa sull’aborto, non poteva facilmente passare a un’altra parrocchia più ragionevole. Sapevo già allora che era l’autorità del magistero, di cui un buon numero di miei amici evangelici era così fortemente critico, che ostinatamente custodiva e unificava l’insegnamento di buon senso della Chiesa su questo tema per tutti i cattolici in tutto il mondo”.
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Il punto è che “le confessioni protestanti non rispondono a quel magistero altamente strutturato guidato dal Santo Padre, che questa tutela è unicamente cattolica. Non è un caso che le denominazioni protestanti siano molto più vulnerabili alla frattura su questioni politiche controverse. La chiesa episcopale si stava già fratturando quando sono diventato cristiano. I metodisti uniti si sono fratturati negli ultimi mesi sulla questione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Quella che era iniziata come una scissione dalla Chiesa nel 1517 si è divisa in se stessa nei secoli successivi, creando così sempre più denominazioni. È il fine logico che questo vada avanti finché ogni persona non diventa la propria denominazione solitaria?”.
Insomma, lo sguardo di Zubair, che viene da un punto di osservazione inizialmente esterno alla Chiesa, sembra ben più chiaro di quello di molti cristiani. “Oggi, se una persona sente che l’insegnamento della sua denominazione sul matrimonio, la famiglia o la sessualità è troppo “arcaico” per i suoi gusti personali (indipendentemente da ciò che insegnerebbe la sola Scriptura ), allora ha la possibilità di passare a uno dei chiese divise di recente che abbracciano l’insegnamento più all’avanguardia. Ma il mondo smette di essere rotondo solo perché abbastanza di noi “sentono” che è piatto?”.
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La risposta a questa domanda Zubair l’ha trovata nell’apologo di un altro grande apologeta e polemista cristiano, GK Chesterton. “Non ho bisogno di una chiesa per dirmi che ho torto quando so che ho torto. Ho bisogno di una chiesa che mi dica che ho torto quando penso di aver ragione”.
Giovanni Bernardi
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