Nella società digitale il rischio, in particolare per le giovani generazioni, è di vivere un’esistenza illusoria e di non capire più la realtà.
Per questo c’è bisogno, oggi più che mai, di tornare ad alzare lo sguardo dal monitor per dirigerlo verso il cielo.
Viviamo infatti in un’epoca caratterizzata da un’estrema diffusione di strumenti digitali, come anche dell’ampia produzione di contenuti di ogni genere, che avviene tramite gli stessi. Non solo chiamate, ma anche messaggi, foto, video, tutto attraversa computer e smartphone, trasformato in dati numerici.
Tutto ciò però ha un grande impatto sulle nuove generazioni, esposte in maniera esponenziale alla comunicazione digitale, che ricambia con una forte influenza sulle loro vite, sul modo di pensare e di stare al mondo. Alcuni studiosi parlano di una vera e propria trasformazione antropologica.
I cosiddetti nativi digitali sono infatti nati e cresciuti in ambienti dove la diffusione di questi strumenti tecnologici è ovunque, quasi capillare. Per questi giovani la tecnologia fa parte del mondo da sempre, è parla dell’ambiente in cui vivono, e ciò è qualcosa per loro di totalmente naturale. Da cui ne deriva che il loro stesso approccio con questi strumenti risulterà un’abilità quasi innata, naturale.
Il nativo digitale nasce e cresce in una società in cui computer e smartphone sono naturali e ovvi quanto le abitazioni o lo strade. Queste persone, ad oggi, sembrano destinate a passare innumerevoli quantità di ore davanti ai propri schermi, tra videogiochi, email, cellulare, televisione. Facendo una media complessiva, la maggior parte di questo tempo guarderà delle pubblicità, in minima parte leggerà un libro, aiuterà il prossimo oppure lo impiegherà per pregare.
Si tratta di un vero e proprio mondo che scorre sotto i propri occhi nella forma di uno schermo. Ma che non rappresenta affatto il mondo reale, per il quale è necessario che vi partecipi, ci si impegni attivamente, ci si relazioni e soprattutto si viva la meraviglia, lo stupore, la consapevolezza di essere vivi e qui, presenti, ora, con un corpo.
Nel libro della Genesi, l’opera di Dio precede la creazione dell’uomo, e gli elementi del mondo naturale arrivano uno alla volta, in ordine cronologico. Per ultimo, l’uomo, per il quale “Dio vide che era cosa buona”. Questo mondo, di cui viene narrato nella Genesi, è quello in cui ci muoviamo ogni giorno, e non è mediato dagli schermi del telefonino.
Non è cioè un mondo fittizio, mediato, illusorio, ma reale. Non si tratta di un simulacro dell’esistenza, ma dell’esistenza stessa. Il mondo della tecnologia, nonostante rappresenti per molti, che passano ore e ore sopra gli schermi, non soltanto una riproduzione dell’esistenza ma l’esistenza stessa, è un mondo ingannevole. Immaginario.
I clic delle persone che ci contattano in rete, che accrescono in maniera vertiginosa il proprio ego, sono per l’appunto linee colorate dietro uno schermo. La realtà della persona sta dall’altra parte dello schermo, fuori dal telefonino. Nella maggior parte dei casi, non avremo mai accesso a quella persona fisicamente.
Questo mondo, specialmente nelle giovani generazioni, rischia di minare pesantemente la loro capacità di costruire relazioni reali, di intessere rapporti esistenti e non immaginifici. Di comprendere perché vale la pena impegnarsi per ciò in cui crediamo, perché è giusto aiutare il prossimo, che cosa sono e a cosa servono i valori, una parola ormai quasi scomparsa.
Il rischio della tecnologia è quindi quello di farne un’uso sbagliato, che rubi pian piano, con la mancata consapevolezza della persona, tutte le relazioni della persona. L’illusione di riempire la solitudine con uno schermo rischia di diventare insostenibile, ma di rendersene conto solamente nel momento di un risveglio della coscienza.
Per questo c’è bisogno di una Presenza che non si limiti allo schermo del telefonino, ma che raggiunge il cielo e va ben oltre, fino alla Salvezza eterna. Solo così saremmo certi di non finire vittime di un sistema che ci utilizza per i propri interessi, schiavi di logiche tecnologiche, commerciali, di potere, che si impadroniscono delle vite dell’intero pianeta nel silenzio e nell’accettazione generale.
C’è bisogno, oggi sempre di più, di riconoscere che il Signore è l’unica strada che ci permette di essere liberi e amati oltre ogni logica umana, per afferrare l’unica realtà che ci permette di vivere davvero a pieno la nostra vita.
“Disse allora Gesù ai Dodici: Forse anche voi volete andarvene? Gli rispose Simon Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Giovanni 6, 67-69).
Giovanni Bernardi
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