Giovanni Lindo Ferretti, l’ex front-man dei Cccp che si è convertito alla fede cristiana e ora vive da anni nelle montagne dell’Appennino, nel suo ultimo libro dal titolo “Non invano” mette in guardia dalla “tabula rasa tecnologica”.
“Viviamo un eterno presente che il virtuale scompone in infinite solitudini”. Sono le parole di un uomo che dalla giovinezza passata a cantare i brani di uno dei gruppi punk più sovversivi del panorama italiano, ha incontrato il Signore e ciò lo ha cambiato dal profondo. Ciò gli ha permesso di assumere uno sguardo unico e profondo sulla vita. Sulla realtà che ci circonda, sempre più sull’onda del baratro. E infine sulle cose del cielo, quelle che contano veramente.
Intervistato dal quotidiano online Huffington Post, Ferretti ammette inizialmente di essersi piuttosto spazientito. Le solite domande sulla politica, sul suo vecchio gruppo e cose di questo tipo, evidentemente, lo annoiano da morire. Oltre che infastidirlo. Poi però entra nel merito delle cose importanti. Quelle che riguardano la fede, la vita eterna, la possibilità che ciascuno di noi che ha di essere perdonato e di rendere grazie ogni mattina al Creatore che ci ama fino all’infinito, pieno di misericordia.
Ora Lindo Ferretti vive a Cerreto Alpi, un centinaio di persone in provincia di Reggio Emilia. La sua scelta ricorda molto “L’Opzione Benedetto” di cui si discute tanto negli Stati Uniti, neologismo coniato dal giornalista Rod Dreher che spiega come San Benedetto da Norcia, per fare l’Europa e rifare la società, dovette scappare da Norcia per rifugiarsi in campagna. Lì diede vita all’epoca del monachesimo occidentale.
Attraverso l’idea dell’Opzione Benedetto pensatori e teologi cercano di affermare che oggi, per rifare il mondo globale, bisognerebbe seguire gli stessi passi. Joseph Ratzinger, in un famoso ciclo di lezioni radiofoniche che tenne nel lontano 1969, spiegava che quella sarà la strada che dovrà percorrere la Chiesa moderna per rinascere. Ripartire da piccole comunità di periferia, povere e con la fede viva, dedite agli indigenti e radicate nella parola del Signore. Una Chiesa più spirituale, semplificata e degli ultimi.
I veri e unici interessi di Giovanni Lindo Ferretti oggi sono la casa, la chiesa e i suoi cavalli. Lui parla di una vita “non comoda” ma “doverosa“. Oltre che “bella e ragionevole”. Ma il suo non è un eremitaggio. Piuttosto, sembrerebbe una forma di protesta sociale. “Continuo a stupirmi di come si possa pensare che la vita sia solo in città”, spiega.
L’ex cantante vede, dalla sua postazione, quali sono i nefasti frutti che ha prodotto nella maggior parte delle vite vissute oggi la “tabula rasa tecnologica”. Il suo pensiero, lo spiega apertamente e senza paura, è reazionario. Una reazione a tutto ciò che non va, oggi, nella nostra cultura malata e triste, annoiata e depressa, stanca, ingombra.
“Dal punto di vista etimologico, anche la parola rivoluzione significa ritorno, ma non è l’etimologia a permettere di capirci oggi quando parliamo”, spiega, lui che insieme al suo socio Massimo Zamboni ha fondato, decine di anni or sono, il gruppo punk più controcorrente d’Italia, in un’epoca in cui i tempi erano diversi ma già si intravedevano le terribili degenerazioni sociali a cui si stava, collettivamente, andando incontro.
Sono stati i testi di Benedetto XVI a portarlo alla conversione alla fede in Cristo. Come non capirlo. Nelle parole di Ratzinger ha riconosciuto una verità che sgorga viva, che nasce dalla sorgente e porta all’origine della vita, non quella terrena, ovviamente. Ora Giovanni Lindo Ferretti vive in maniera piena la sua vita spirituale, a contatto con il Creato e con il Creatore, con la parte più profonda di ciascuno di noi e con ciò che ci aspetterà in cielo il giorno in cui incontreremo il Padre eterno.
L’ex leader dei Cccp, che negli ultimi anni ha partecipato più volte come ospite della manifestazione di Fratelli d’Italia e di Giorgia Meloni “Atreju”, nel suo libro se la prende con il mondo virtuale, con l’irrazionale a cui tutti si stanno votando perdendo la parte migliore di loro stessi.
Di questa vita e di questa società, spiega Ferretti, “qualcosa non mi torna”. Lui, una vita artificiale, di plastica, innaturale, non vuole viverla. “La resurrezione non è innaturale, è la fine o il fine della natura e al di là sarà una realtà, conseguenza di un giudizio finale”, spiega al giornalista che lo incalza con le sue domande. “Virtuale è l’immagine che noi ce ne facciamo nell’attesa dello svelamento. Che non sarà indolore”.
La sua fede, oggi, è viva e al tempo stesso lo tiene in vita. “La fede è pacificazione e tormento. Non c’è contraddizione. O meglio è una contraddizione fondante, irrisolvibile fino allo spirare”. Di certo non ha fede nelle contraddizioni della realtà, quella corrotta dal denaro, dall’invidia, dal funzionalismo anti-umano. Insomma, dal peccato eretto a idolo di un sistema marcio e sull’orlo dell’inevitabile fallimento. Ma come sempre, a spese dei più deboli.
“Esiste una realtà che necessita di ragione, deve fare i conti con la storia, con la geografia e l’astronomia, non può tralasciare la tradizione che riemergerebbe dove e quando meno te l’aspetti. Nessuno è a sé, c’è comunque un prima e ci sarà un poi. Questo è un problema del contemporaneo: un eterno presente che il virtuale, connettendo, scompone in infinite solitudini”, spiega. Tutto questo è alla base della sua scelta di vivere solo, in montagna.
“Apprezzo la solitudine, il silenzio, la vita in montagna, ma ho doveri familiari e sociali, impegni che non posso tralasciare né dimenticare. E poi non posseggo la necessaria forza di volontà. Se la parola eremita non avesse una connotazione religiosa, ma si limitasse a indicare una sostanziale asocialità, un rifiuto della materialità del vivere, si potrebbe dire che gli eremiti sono una categoria sociale in crescita, anche se non cercano più luoghi remoti, inaccessibili, si accontentano di scomparire nell’anonimato di massa”.
Ferretti spiega che il sistema capitalistico è sì compatibile con l’uomo, ma sconveniente. Che la scienza va certo in qualche modo ascoltata, ma non si può ingenuamente pensare agli scienziati come disgiunti da qualsiasi interesse. Che il male certamente esiste ed è reale e presente, ma ancora più certamente non lo si può identificare solo come un ente politico, economico, sociale, materiale.
Il male è una persona che ha natura spirituale e che cerca di approfittare delle debolezze e del peccato umano per implementare i suoi piani di distruzione e di perdizione.
“La superstizione non è il contrario della scienza, ma il suo lato oscuro”, continua Ferretti. “La salvezza terrena sta nell’ordine dell’umano. È una tensione, un perseguirla scomponendola nelle diverse dimensioni: la propria salvezza fisica, quella dei propri cari, della propria comunità, in un crescendo sociale”, conclude.
Infine, l’ex cantante parla anche del tema delle bestemmie. “Negli anni della mia adolescenza, nello strappo familiare, la bestemmia è stata la rivendicazione del mio esserci infliggendo il massimo dolore possibile a mia madre, la sua punizione, poi è diventato un intercalare funzionale all’essere ben accetto in società”, spiega con dolore. “Ho smesso di colpo, in un giorno qualunque della giovinezza molto prima del ritorno, con qualche ricaduta involontaria dovuta all’abitudine. Ne provo ancora vergogna”.
Giovanni Bernardi
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