Il ricordo del suo ultimo giorno di vita.
Una figura carismatica che ha lasciato un ricordo indelebile in tutti quelli che l’hanno conosciuto, a partire da mons. Stanislaw Dziwisz.
Un racconto particolare quello di mons. Dziwisz, il racconto di un uomo che ha visto la sofferenza del santo padre più di chiunque altro: “Sapendo che la sua morte era vicina, in accordo con i medici, decise di non recarsi in ospedale. Volle restare in Vaticano. Voleva morire a casa sua”. Queste le parole toccanti.
Un giorno particolare quel 2 aprile. La preghiera continua di chiunque fosse nei palazzi vaticani, la febbre alta del papa, la sua debolezza: “Voglio andare alla casa del Padre” – disse Giovanni Paolo II, dopo la recita dei vespri delle ore 17: erano i vespri della seconda domenica di Pasqua, la domenica della Divina Misericordia.
Lo sguardo di Giovanni Paolo II incrociò più volte quello dei presenti nella sua stanza, in particolare dei medici che vegliavano su di lui. Il Papa sentiva forte anche l’incoraggiamento dell’intera piazza S.Pietro, gremita di fedeli che attendevano notizie circa la sua salute. Ma lo sguardo di Karol Woityla era fisso di fronte al suo letto, sulla parete dove era appeso il quadro dell “Ecce Homo” e sulla Madonna di Czestochowa: proprio a lei l’ultimo sguardo della sua vita che sentiva spegnersi a poco a poco.
Dopo la celebrazione delle ore 20 e l’amministrazione dell’Unzione degli Infermi, alle ore 21.37, Giovanni Paolo II raggiunse il Padre, quel Dio che con tanta fede, forza e devozione ha voluto servire fino all’ultimo stremo delle sue forze.
Era il 2 aprile del 2005.
Oggi, a 14 anni di distanza, la chiesa lo ha già fra gli onori degli altari e dei suoi santi: un papa che si è speso fino all’ultimo per la pace dei popoli, un santo che continua ad assistere chiunque lo invoca senza alcun rancore.
ROSALIA GIGLIANO
Fonte: famigliacristiana.it
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