Come Papa Giovanni Paolo II ha segnato e trasformato la nostra storia di fede? Ne troviamo traccia nei tanti scritti che ci ha lasciato.
Il Santo Padre, Papa Giovanni Paolo II, ha parlato al cuore di tutti: dei bambini, come degli anziani; della gente comune, come dei potenti della Terra, fino a raggiungere i posti più remoti e dimenticati del pianeta. Le sue parole, ancora oggi e speriamo per i secoli a venire, fanno eco, rimbalzando tra i popoli di ogni razza, per illuminare i pensieri ancora bui della nostra storia umana.
Quanto ci spaventa la nostra condizione umana, soprattutto la consapevolezza che questa vita dovrà finire. Non sappiamo quando verremo chiamati alla nascita al cielo e ci è immensamente difficile immaginare cosa sarà di noi a quel punto.
Solo la fede può aiutarci a rasserenarci; può colmare ogni vuoto esistenziale per ciò che su questa terra non siamo riusciti a compiere, secondo le nostre aspettative e i nostri programmi. Può altresì assicurarci che non finiremo nel dimenticatoio, ma torneremo al Signore, come è stato stabilito, sin dalla notte dei tempi. Ecco come ce lo spiegava Papa Giovanni Paolo II:
“L’esperienza però insegna che le stesse pene quotidiane, con la grazia del Signore, contribuiscono spesso alla maturazione delle persone, temperandone il carattere. Al di là delle singole vicende, la riflessione che maggiormente si impone è quella relativa al tempo che scorre inesorabile. “Il tempo fugge irrimediabilmente” sentenziava già l’antico poeta latino. L’uomo è immerso nel tempo, in esso nasce, vive e muore.
Con la nascita viene fissata una data, la prima della sua vita, e con la morte un altra, l’ultima: l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine della sua vicenda umana, come la tradizione cristiana sottolinea. Se così misurata e fragile è l’esistenza di ciascuno di noi, ci conforti il pensiero che, in forza dell’anima spirituale, sopravviviamo alla morte stessa”.
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Antonella Sanicanti
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