L’autorità mette in vendita la chiesa: l’ultimo episodio controverso

L’inaccettabile scempio verso il patrimonio religioso cristiano avviene sotto gli occhi della comunità internazionale.

chiesa in vendita
La chiesa della vicenda controversa – photo web source

Questo per farle diventare qualcosa di simile a “una mercanzia commerciale, o una fonte di guadagno”: “una cosa molto triste”, come denunciato dal Patriarcato armeno apostolico di Turchia. 

La vicenda scandalosa e a dir poco controversa è accaduta in Turchia. Una chiesa è stata messa in vendita dalle autorità nazionali, nel nome della politica “nazionalismo e islam” impressa dal presidente Recep Tayyip Erdogan solamente al fine di nascondere la crisi economica per mantenere il potere.

Le proteste contro lo scempio che sta accadendo

Si tratta della chiesa Surp Krikor Lusavoriç, che si trova nella regione di Bursa, metropoli a sud del mar di Marmara e poggiata sulle pendici dell’antico monte della Misia, in Turchia. Da mesi infatti arrivano notizie sulle conversioni di antiche Basiliche in moschee, come ad esempio per quelle di Santa Sofia e Chora.

Le proteste della comunità di armeni cattolici sono quindi oltre che evidenti anche assolutamente legittime. Questi ora chiedono al limite la possibilità di celebrare in quel luogo la Messa almeno una volta all’anno.

L’annuncio di vendita della chiesa da parte del governo turco

Il prezzo con il quale le autorità turche hanno messo in vendita il luogo di culto è di poco più di 800mila dollari. L’annuncio recita testualmente: “Una chiesa storica, situata nella regione di Bursa e divenuta proprietà privata, è oggi in vendita.

Costruita dalla popolazione armena che vive in questa regione, la chiesa è stata venduta ed è diventata proprietà privata in seguito al cambiamento demografico ed è stata poi usata dopo il 1923 come magazzino per il tabacco, poi come fabbrica per la tessitura”.

La chiesa può essere addirittura usata per scopi turistici

Inoltre si specifica che “la chiesa, situata a Bursa, città inserita nella lista Unesco dei patrimoni mondiali dell’umanità, può essere utilizzata per scopi turistici a causa della sua particolare ubicazione”.

Estremamente controversa è la dicitura del “cambiamento demografico” che si legge nell’annuncio. Si tratta infatti di un’allusione nemmeno troppo vaga al duro dramma del genocidio degli armeni, che le autorità turche ancora stentano a riconoscere come tale. Questa oscura pagina della storia ha in ogni caso portato alla fuga di molti cristiani greci negli ultimi anni dell’impero ottomano e nei primi anni della Repubblica sotto la guida laica di Ataturk.

Un fatto che riempie di sdegno la comunità armena

L’annuncio afferma quindi che il luogo di culto potrebbe essere ad esempio trasformato in un centro culturale, in un luogo per l’arte, in un museo. Addirittura, in un hotel con finalità commerciali. Un fatto che riempie di sdegno la comunità armena e i cristiani in tutto il mondo, insieme anche ai movimenti di opposizione locali.

“Una chiesa armena in vendita a Bursa. Ma è mai possibile mettere in vendita un luogo di culto? Come possono lo Stato e la società permettere tutto questo? Vergognatevi!”, è il grido del parlamentare di etnia armena del partito di opposizione Hdp Garo Pylan.

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L’ultimo di una serie di episodi fortemente controversi

Il punto più dolente di tutta la vicenda è che “la comunità armena non ha i mezzi finanziari per acquistare questa chiesa”, come ha spiegato il capo della Chiesa armena cattolica di Turchia, l’arcivescovo Levon Zekiyan. Per questo è finita in vendita.

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Il presidente turco Erdogan – photo web source

Tuttavia il caso denota la triste considerazione che il governo turco ha nei confronti di storici luoghi di culto cristiani. Quando non una vera e propria persecuzione che compie nei loro confronti. Come ha spiegato il sito specializzato AsiaNews, infatti, si tratta solamente dell’ultimo di una serie di episodi fortemente controversi che mostrano l’assoluta mancanza di rispetto del governo turco verso il patrimonio religioso e culturale.

Giovanni Bernardi

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