Il dramma della guerra in Ucraina sta mettendo a rischio 7,5 milioni di bambini e ragazzi, eppure nonostante ciò, l’Unione europea prende la decisione da cui più di ogni altra dovrebbe discostarsi.
Di fronte al dolore dei bambini l’Europa rinnega la sua storia di pace per schierarsi dalla parte di coloro che alimentano ancora più dolore e sofferenza.
Certamente il contesto attuale è estremamente difficile e delicato. Di fronte al proliferare di informazioni, che ha ormai spazzato via ogni discussione sul Covid per lasciare spazio solo e unicamente a quelle sul conflitto ucraino, ogni notizia sembra dovere essere presa con le pinze, per quanto il rischio di propaganda bellica sia elevato. Eppure quello che emerge dal contesto ucraino non è di certo rasserenante.
Il difficile contesto di guerra e la scelta della pace
Nelle ultime ore, al termine dei negoziati tra Russia e Ucraina, i media occidentali descrivono Putin come un capo di Stato che sta perdendo ogni senno, paranoico e ossessionato dalla guerra, disposto persino a bombardare la Cattedrale di Santa Sofia nella capitale ucraina. Dall’altro lato, Putin afferma di volere difendere la libertà degli ucraini dalle volontà della Nato, ma è difficile pensare che non ci siano pesanti incongruenze nel desiderare il bene di un popolo attraverso bombe e devastazione militare.
Certo è che i cristiani davanti al male della guerra non possono mai rispondere con altra guerra. Gesù afferma addirittura di porgere l’altra guancia, e ciò non significa che non bisogna schierarsi compattamente contro il male, ma che bisogna vivere con molta più intensità la preghiera, la vera arma che l’umanità detiene e che è molto più forte di ogni presa di posizione, di ogni discorso o negoziato. Per quanto è proprio nella diplomazia che vada cercata sul campo la pace, come ha affermato più volte anche il Vaticano che sta provando, con tutte le sue forze e con un lavoro di “cucito e non di taglio”, come ha affermato Padre Spadaro, a fare incontrare le due parti in causa.
Nel mezzo, però, c’è il dolore dei tanti uomini e donne in Ucraina, e soprattutto dei bambini, alle prese con una guerra che non hanno deciso loro e che proprio loro stanno pagando per primi. Save the Children ha infatti denunciato che dallo scorso lunedì già centomila bambini hanno dovuto lasciare tragicamente le loro case, nella parte orientale del paese. Milioni di bambini che hanno un grave pericolo di danni fisici, oltra a un forte disagio psicologico e a tutte le conseguenze dello sfollamento, che si sono cominciate a verificare già dalle prime ore del conflitto.
Il dolore dei bambini a cui l’Ue resta sorda
Le esplosioni nella capitale Kiev e in altre grandi città hanno costretto bambini e famiglie a ripararsi nei rifugi antiaerei, e i bimbi sono a dir poco terrorizzati, mentre le temperatura scendono in maniera costante e per tutti gli ucraini in fuga, quindi anche i bambini, si prospettano giornate intere al freddo, esposti a temperature estremamente rigide. Save the Children ha spiegato in una nota anche che sono quattrocentomila i minori che vivono in aree ad alto rischio per la presenza di soldati e artiglieria, che potrebbero ferirli o addirittura ucciderli da un momento all’altro.
In questo contesto, la richiesta è una immediata cessazione delle ostilità che rispetti se non altro gli obblighi legati al diritto umanitario internazionale. Non è infatti certo colpa dei bambini se si trovano in questa situazione, spiega l’associazione umanitaria. “I bambini dell’Ucraina sono intrappolati nel fuoco incrociato di questa guerra voluta dagli adulti. Non si sarebbe mai dovuto arrivare a questo”, sono le parole di Irina Saghoyan, direttrice di Save the Children per l’Europa orientale.
“La nostra preoccupazione più immediata è il rischio per la loro salute e benessere. Nei conflitti, tutto è possibile: morte, lesioni, violenze sessuali, rischi di protezione. I bambini sono terrorizzati. Stanno sentendo esplosioni, viene loro chiesto di fuggire con solo i vestiti addosso. Il rischio per la loro salute mentale e il potenziale trauma a lungo termine non possono essere sottovalutati”.
I soldi degli europei per finanziare la guerra
Le famiglie che sono costrette a lasciare la propria casa hanno infatti bisogno di ogni tipo di aiuto, riparo, cibo, acqua pulita. Di fronte a tutto ciò, la risposta dell’Unione Europea lascia a dir poco basiti. L’Ue ha infatti deciso non di fare tutto il possibile per alleviare le sofferenze del popolo ucraino e di questi bambini, ma al contrario finanzierà l’acquisto di armi.
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Lo ha dichiarato la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Si tratta della prima volta nella sua storia che l’Ue acquista e consegna armi a un Paese non membro dell’Unione. Finora l’unico vero grande vanto dell’Unione europea era quello di essere l’unico continente al mondo ad avere sempre vissuto in pace, che era diventata cioè in questo modo la sua vera grande vocazione. Ormai infranta alla prima occasione in cui è stata messa alla prova.
La beffa è che i soldi con cui l’Ue finanzierà, attraverso lo strumento European Peace Facility, le armi da mandare al conflitto sono quelli dei contribuenti europei. La decisione è stata inoltre presa proprio nel momento in cui sono iniziati i colloqui di pace tra i russi e l’Ucraina. Momento definito dalla presidente della Commissione Ue come uno “spartiacque”.
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In certi contesti non è semplice capire cosa sia giusto e cosa sbagliaot, ma di certo la scelta è stata da molti ritenuta scellerata, in quanto le armi non hanno nulla a che fare con la pace, e sostenendo quindi che tutto ciò dovrebbe fare indignare tutti coloro che a parole affermano di volere la pace e nei fatti inviano armi in un contesto di guerra già caldo. Non a caso, sono state numerose le prese di posizione nella Chiesa che hanno visto questa scelta come altamente negativa. Tra queste, si registrano quelle di Mons. Giovanni D’Ercole o dello scrittore Antonio Socci, che sui propri social si sono espressi molto negativamente a riguardo.
Il primo, Mons. D’Ercole, con un vero e proprio grido di dolore in cui il vescovo emerito di Ascoli Piceno sostiene che “in questo modo si rischia di innescare veramente un conflitto mondiale”. Il secondo, invece, con una lettera aperta al Presidente del Consiglio Mario Draghi in cui afferma che “non ci sono parola per esprimervi la mia indignazione”. E che “molte persone, che sanno cos’è la sofferenza e la malattia, provano come me orrore per la vostra decisione”.
Di fatto, quello che resta è il tentativo di imboccare una strada che non porti direttamente alla guerra, ma piuttosto alla pace, con un lavoro sommesso, delicato e docile, ma rivolto sempre al bene e mai alla deriva. C’è bisogno di profeti, di uomini e donne di Dio che perseguano con forza e in maniera inedita e inattesa la pace, passando non per la strada larga ma per quella stretta, mostrando a tutto il mondo cosa significhi davvero avere il coraggio della pace.